La piu’ alta del mondo

Creato il 10 ottobre 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

Lettera a Goodmorningumbria

E’ inutile, per quanto si possa provare, non si riesce a descrivere efficacemente sulla carta l’immane potenza che dalla diga si scagliò sulla valle del Vajont la notte del nove ottobre 1963.

All’epoca si ricorse a paragoni, a similitudini, valga per tutte quella del gigantesco  bicchiere pieno di liquido  che cade sulla tovaglia. Ci sarebbe anche l’onda oceanica, oppure il maremoto, lo tsunami…

Sì, però è diverso, molto diverso: quelli sono fenomeni naturali, e la natura non è violenta; provoca disastri, danni e vittime, ma non lo fa sapendo di farlo, e del resto se l’uomo fosse meno imprevidente di quello che solitamente è, potrebbe evitare benissimo di soccombere a causa di fenomeni naturali..

Ciò che invece rende mostruosa l’inondazione del Vajont è che a provocarla non fu la natura, e neppure l’uomo in senso lato, bensì certi individui votati al profitto in grande stile da conseguire ad ogni costo.

La summa delle azioni di tali loschi figuri produsse la soppressione, nel raggio temporale di pochi minuti, di circa duemila persone, cittadini normali, di ogni età, già all’inizio considerati come una sorta di ostacolo alla messa in funzione della diga “più alta del mondo”.

E pensare che molti degli abitanti del posto avevano perfettamente capito che quella più che una diga era un autentico gioco d’azzardo in mano ai potenti di turno, i quali elusero fino all’ultimo l’estrema pericolosità rappresentata dal monte Toc, storicamente franoso.  Va da sé che non furono minimamente presi nella debita considerazione. Tutte le voci dissidenti erano state, prima o poi, emarginate.

Non basta neanche il paragone con l’apertura dell’ oblò di una lavatrice colma d’acqua, infatti la lavatrice può al massimo allagare, ma non certo scagliare all’impazzata tonnellate di fango, pietre e rottami d’ogni sorta.

La catastrofe si consumò nottetempo, quindi nessun occhio umano poté osservarla a distanza. Se il tutto fosse accaduto di giorno, che cosa si sarebbe visto?  Prima, sul monte Toc,  una specie di tornado gigantesco a evoluzione rapida, con polvere, tuoni e rombi in una sequenza innaturale, poi un ciclone come scaturito dal nulla, esploso da sopra la diga e allargatosi a fagocitare la valle sottostante.

Là sotto,  dentro un ciclone superconcentrato di vento, fango, sassi, mattoni e rottami di ogni tipo, tutto veniva spazzato via per chilometri, gente compresa. Ma questo un semplice occhio umano, da fuori, non avrebbe potuto nemmeno immaginarlo. Troppo truce perfino per essere pensato, ma è ciò che è successo.

Il triste quadro si completa quando si pensa che il caso Vajont è la punta dell’iceberg dello sfruttamento indiscriminato dell’ambiente, a danno dei più indifesi e a vantaggio dei più corrotti. Un metodo collaudato fino all’inverosimile nel cosiddetto bel Paese ed esportato in ogni dove: anche adesso, cinquanta anni dopo il disastro-massacro del Vajont, il potere non esita a premere e a corrompere a man bassa affinché le ragioni di una popolazione vengano messe a tacere per far primeggiare gli appetiti dei soliti altolocati speculatori.

Francesco Trabolotti   email:  pistapepe@hotmail.it

Commento: Ho l’età per ricordare l’immane disastro di Longarone, mi tornano in mente le immagini in bianco nero della televisione,  oggi la vicenda viene vista con occhi diversi di allora, speculazione di pochi a danno di molti? Può essere, certo ci furono errori da parte dell’uomo, da qui però stabilire che le infrastrutture non debbano essere fatte per rispetto dell’ambiente mi sembra una visione velata di ideologia, i cittadini invece devono pretendere che le infrastrutture a beneficio della collettività e dello sviluppo devono essere fatte, altrimenti rischiamo l’arretramento culturale e sociale, ma tutto nel rispetto delle regole e dell’ambiente, che ricordiamolo, non è una nostra proprietà esclusiva.