La più grossa siccità creativa della storia dell’umanità

Da Andreapomella

L’altro giorno pensavo a questo: che l’editoria si tiene sull’idea, data per scontata, che c’è sempre, in ogni momento, qualcuno che ha una storia da scrivere. È un po’ come le grandi società di assicurazioni che basano la loro attività sul postulato che l’indomani – è un dato certo, scientifico, garantito – ci sarà qualcuno che si romperà l’osso del collo e qualcun altro che abbraccerà un platano con la propria auto (“because change happens” diceva uno spot). Voglio dire, gli editori hanno fiducia nel fatto che, da qualche parte, spunterà sempre una storia, com’è sicuro che domani, all’alba, spunterà il sole. Però poniamo il caso che un bel giorno tutti quelli che hanno una storia, all’improvviso, non ce l’abbiano più; poniamo il caso che si stufino di scrivere, tutti, e nello stesso istante; mettiamo che arrivi la più grossa siccità creativa della storia dell’umanità, un morbo che inaridisca la fantasia, un cataclisma che si compia unicamente nella testa degli autori. Ecco, in quel caso che succederebbe? Succederebbe che vedremmo gli editori intenti a ripubblicare tutte le cose passate, che dalle librerie scomparirebbe lo scaffale con su scritto “novità”, che si dissolverebbero in un colpo solo tutti i premi letterari, e che non ci sarebbe più la corsa a recensire per primi un libro in uscita, perché i libri in uscita sarebbero soltanto nuove edizioni di vecchie cose già pubblicate in un altro tempo. Un simile scenario, direte voi, non sarebbe poi così terribile. Però, dopo (è soprattutto a questo che pensavo l’altro giorno) il mondo sarebbe capace di sopravvivere senza una letteratura che si rinnova? Sarebbe capace, l’uomo, di garantire il progresso civile delle società, senza che ci sia più sulla terra qualcuno capace di comprendere il presente e di decodificarlo attraverso l’invenzione letteraria?