La Plenaria delle Plenarie

Da Pietroinvernizzi

Francis sapeva già alla vigilia che venerdì avrebbe suonato fino a molto tardi, di fronte a molta gente, in un concerto che si preannunciava epico e che  in effetti epico è stato. Come d’altra parte lo sono tutti i concerti dei Cereal Killers, la mia band preferita. Da parte mia, tornavo fresco fresco da un viaggio in moto di 4mila chilometri a spasso per l’Europa centrale, allagata dall’esondazione del Danubio. Per questo Francis ed io, la Serie B dell’Anonima Cucchiaino – vale a dire l’élite dell’élite delle truppe scelte dei nuclei speciali della pesca mondiale – la sera prima della grande pescata siamo un po’ stanchini. Di conseguenza, decidiamo di riposare un po’. Sappiamo che Jacopo e Pietro, vale a dire la Serie A,  hanno puntato la sveglia per le 3 del mattino per essere al fiume alle 5 o anche prima. Io e Francis concordiamo un appuntamento morbido per le 8.15 sotto casa sua, prevedendo di essere al fiume “comunque prima delle 10″. Sappiamo benissimo che non è vero, ma ciascuno di noi due, in cambio di qualche ora di sonno in più, è disposto a mentire a se stesso e al compagno di pesca.

Mi presento con la Smart sotto casa di Frank al quartiere Isola. Lo vedo scendere con la camicia rossa slacciata, sopra alla maglia ufficiale di Anononima Cucchiaino. Lo trovo subito molto sexy, impressione che mi verrà confermata quando lo vedrò bere il cappuccio con tanta schiuma. Frank indossa la Maglia Ufficiale come la indossiamo tutti e quattro. Per molte ragioni la pescata a cui ci prepariamo, e che per Jacopo e Pietro è già cominciata da un pezzo, è speciale. Per me è la prima volta su quel meraviglioso fiume che è il Sesia. Per Pietro è il saluto al suo fiume prima di un periodo di lavoro all’estero. Per tutti è l’occasione rara di pescare tutti e quattro insieme. Una sorta di Super Plenaria. Diciamo una Millennium Plenaria. Spingiamoci anzi fino a definirla La Plenaria delle Plenarie.Carico Frank sulla Smart, sistemiamo il bagaglio, e subito giungono foto dal fronte. Sui nostri smartphone di ultima generazione arriva in simultanea una fotografia che ci mette l’acquolina in bocca: Pietro ha pescato una steelhead che nemmeno in Colorado. La sontuosa iridea è massiccia e argentata, muscolosa e ben pinnata, segno che – pur essendo di certo scappata da qualche riserva – è cresciuta nel fiume fra correnti, schiuma, larve, avannotti da predare, piene e competizione alimentare. Insomma: è sontuosa, grande e bellissima, il nuovo record di iridea di Anonima Cucchiaino in acque libere. A bordo della Smart, guardiamo la foto entrambi con sincera ammirazione, diciamo più volte “sticazzi”, “figa” e anche qualche bestemmione di rinforzo, di quelli che fanno spogliatoio.

Se cercate su un qualsiasi navigatore Gps la distanza fra Milano e Varallo Sesia, vi dirà che ci vuole un’ora e 32 minuti e che la distanza è di 124 chilometri. Alcuni discorsi esistenziali ci deconcentrano però dalla guida e questo complica parecchio le cose. Ci perdiamo fra paesi di cui non ricordo il nome e altri dai nomi indimenticabili, come Borgomanero. La piccolissima automobile viaggia nell’iperspazio novarese che nemmeno il Millennium Falcon attorno alla luna boscosa di Endor. In pratica ci mettiamo quasi tre ore, arriviamo al bar della stazione di Varallo, facciamo i permessi, poi lauta colazione seduti, pit stop al cesso per entrambi, partitone al videopoker con vincita di un euro, foto posate di fianco alla macchinetta del gratta e vinci. Sono quasi le 11. Chiamiamo Pietro e Jacopo e assicuriamo loro che “stiamo arrivando”, una delle frasi preferite della serie B dopo “scusa ma non ce l’ho fatta” e “magari dopo, ma devo vedere”.

Io e Frank arriviamo al fiume nel punto concordato con Pietro, lasciamo l’auto in un posto che impedisce il transito ai furgoni di chi discende il fiume in kayak, superiamo un cantiere e siamo finalmente alla riva. Il Sesia, che ho visto mille volte ma dove mai avevo pescato, mi appare in tutta la sua meraviglia. Veloce e impetuoso, forte come un fiume di pianura e vivace come un torrentello alpino. Peschiamo sotto una cascata, in attesa del ricongiungimento con la Serie A. Francis fa vibrare nell’aria un piccolo rotante e al secondo lancio urla “c’è”. E’ una bella fario. Per lui il cappotto è scongiurato. Lui il suo pesce lo ha preso. Io lancio e rilancio, ma niente. Ed è proprio mentre sto smadonnando che lassù sulla cascata, come un capriolo nel cartone animato Heidi, compare Pietro che rivolto a noi fa il tradizionale gesto oscillatorio verticale ripetuto delle braccia che significa “suca suca”. Dopo Pietro, compare Jacopo, che fa il medesimo gesto. Anche lui ci mostra felice le foto delle trote che ha pescato. Sono ibridi e fario. Proviamo a fare qualche lancetto insieme, salutiamo Matteo che ha pescato con Jacopo e Pietro ma che poi deve andarsene, ed è subito trattoria.La trattoria è affacciata sulla strada statale della Valsesia, che risale tutta la valle sino ad Alagna. Accaldati negli stivaloni ascellari, affamati e riflessivi sotto il sole di mezzogiorno, veniamo accolti dagli sfottò di alcuni pescatori a mosca che sostengono la superiorità della loro tecnica, decantano le lodi di una vicina riserva, ci scherzano alla maniera dei bulli a scuola e alla fine ci salutano in modo affettuoso come si fa quasi sempre fra pescatori. Per pranzo abbiamo appuntamento con Diego Thrillers e il suo amico Valerio. Diciamo che impiegano un po’ a raggiungere il ristorante. Diciamo un po’ tanto. L’attesa però è ben ricompensata dalla qualità della compagnia. Diego e Valerio condividono con noi, oltre la passione per la pesca, anche quella per la religione e le buone maniere. Il pranzo scivola via piacevole, fra affettati, brasato, pastasciutte varie. L’ideale, con 30 gradi all’ombra. Io mi distinguo e scelgo una portata più fresca. Quando Frank vede il mio piattino di mozzarella e crudo mi dice: <Bel piatto. Lo fanno anche da uomo?>. La battuta è ottima. In cinque giorni la ho già riciclata un paio di volte in ufficio. Grazie Frank.

Finito di mangiare salutiamo Diego e Valerio, che armati di canna da mosca si mettono in auto e si allontanano in cerca di bollate. Noi quattro, dopo lunga discussione, decidiamo di battere il torrente Sermenza, che tante gioie in passato ha dato all’Anonima. Lasciamo l’auto nel parcheggio erboso di una foresteria di mezza montagna e scendiamo al torrente. Ci dividiamo: Serie A a valle, Serie B a monte. Sir Francis Needham esce trotelle a nastro, io continuo a non prendere niente. Immagino già gli irriverenti “suca suca” di Jacopo e Pietro, che di “suca suca” se ne intendono, e mi sento una ragazza Calippo di Telecafone. Quando finalmente sento il fremito in fondo alla lenza, tiro un sospiro di sollievo. La mia trotella la ho presa, non mi resta che godermi la giornata.

Ci ricongiungiamo finalmente alla serie A. Decidiamo di raggiungere tutti insieme alcune buche legendarie più a monte, in cui riposano trote giganti in grado di parlare e di prevedere il futuro. Purtroppo i livelli del torrente sono molto molto alti. Questo ci costringe a cercare scorciatoie nella boscaglia. Io scivolo due volte e mi sdruso un braccio. Arrivati al torrente, decidiamo di guadare. Jacopo, il più leggero dell’Anonima, viene preso dalla corrente. Fra le sue tradizionali espressioni da duro di Hollywood con aggrottamento plastico delle sopracciglia, notiamo balenare uno sguardo di sincero terrore, tipo i cuccioli che restano incastrati nei tubi della grondaia a Real Tv. Facciamo subito una catena umana tipo Amaro Averna, e riportiamo a riva Jack lo Smilzo, che una volta in salvo segnala il fastidio dell’acqua nei waders. E’ una sensazione che conosco bene, so che non è il massimo. Per di più, Jacopo si accorge di avere perso il guadino e il suo divino poetare si fa d’un tratto dantesco.

Lancio dopo lancio, le trotelle si arrendono all’abilità alieutica dell’Anonima. Una dopo l’altra, legate a un sottile fluorocarbon, vengono a salutarci e subito riconquistano la libertà. C’è della poesia. Il tetto verde degli alberi ci sovrasta, il frusciare continuo e mai uguale dell’acqua ci coccola. Decidiamo comunque di lasciare cotanto ben di dio per fare gli ultimi lanci in Sesia, nella speranza di insidiare qualche marmorata. Prima, però, ci spariamo degli autoscatti vanitosi in tutte le pose dell’amore, uno dei quali potere rimirare qui sotto.

Abbiamo lasciato il Sesia sei ore prima gonfio e impetuoso. Lo ritroviamo gonfio, impetuoso e scuro, visto che il sole comincia a farsi basso. Lanciamo nei rari tratti in cui la corrente è più blanda ed è lecito aspettarsi di trovare una trota. Battiamo l’asse principale del fiume e tutti abbiamo attacchi senza poi riuscire a portare a riva nulla. Per le trote infilarsi in corrente e slamarsi è un gioco. Pietro si allontana dal gruppo. Punta deciso verso una lama laterale, separata dal corso principale da un’isoletta. Lancia e rilancia. Lo vediamo danzare sui sassi, nascondersi dietro a un cescpuglio, lanciare corto e … taaaaac (traduzione milanese di “strike”). prende una bella marmoratina, piccola ma con questa è poker di giornata tra le tante trote prese: fario, iridee, ibridi e marmorata.

La giornata di pesca è finita. Pietro e Jacopo puntano verso Varallo Sesia, per prendere parte alla Riunione dell’associazione Svps. Io e Francis torniamo alla Smart e dopo una pausa da Mc Donald’s, il ristorante di lusso preferito della Serie B, ci dirigiamo verso Milano, il paesone più grande della bassa, la città che ci ha dato i natali e il luogo in cui ci troviamo nostro malgrado a dovere vivere chiusi nel perimetro climatizzato dei nostri uffici, sognando fiumi vicini e lontani. O fiumi vicini che però se ti perdi a Borgomanero e ci metti tre ore è come se fossero lontani.

ROCK’N'ROD



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