La poesia di sandro penna, sul filo dell’ossessione estetica

Da Postpopuli @PostPopuli

di Saverio Bafaro

La chiave di lettura per gran parte della poesia di Sandro Penna è una parola sovraesposta e difficilissima, una dichiarazione ultimativa. La parola è: amore. Di sicuro l’amore in senso lato, l’amore che, circoscrivendosi al suo versante esteriore, ha indossato lungo tutta l’esistenza del poeta, il costume del giovane ragazzo.

Sandro Penna con Pierpaolo Pasolini (da poetarumsilva)

Dalla porta entreremmo così, con fare gentile, in quei quadretti illuminanti e aggraziati presieduti dalla sua voce, onesta, mai restia nel descrivere – per tutta la sua opera – la sua ossessione estetica. Il ‘fanciullo’, infatti è il protagonista onnipresente, immancabile, il destinatario ignaro (perché più bello) di essere oggetto di tanto interesse.

Ma chi è questo ‘fanciullo’? È il figlio del popolo, il ragazzo sessualmente sviluppato, nell’intimità stupito e compiaciuto della sua fisiologia, il preadolescente trasognato, indolente, voluttuoso, con gli occhi del risveglio, il giovane uomo atletico e laborioso. Questa schiera di figure simboleggiano la ri-generazione, la gioventù dei comuni, delle strade. Finché una metamorfosi e una sintesi pittoriche dilatano la scena all’Italia stessa.

La critica è finita spesso per analizzare solo la parte per il tutto, si è pruriginosamente concentrata sul particolare trascurando l’insieme composito del quadro. Sondato il terreno e sfidando strategicamente i curiosi interpreti dei suoi componimenti, Penna ebbe ulteriore conferma ad insistere sullo stesso tema, sul leitmotiv della sua anima, creando una voluta collezione di sorprendenti varianti. Le sue ambientazioni ospitano puntualmente (sì da far pensare a uno stile dell’auto-citazione procreato all’infinito) dei giovani-tipo, stilizzati in ruoli per lo più generalisti come l’operaio, il garzone, il marinaio, il ciclista, resi umanizzati al lettore attraverso le unicità di un singolo sguardo o gesto, sempre “trafugati” alla loro quotidianità ed autosufficienza. Infine rivissuti e incisi nella vita immaginativa dell’autore per assimilarne i valori più genuini. E questaritrattistica semplice e limpida è praticata dentro e fuori dal tempo, seminando tracce del luogo storico, caratteristico, ma aspirando, in parallelo, ad un lascito universalistico, a imprimere una linea scultorea ellenica. Questo modo di operare “anticamente modernista” fa del qui ed ora un esempio significativo, uno spunto di ricchi incontri per il lettore, destinato a validarsi ancora di più in futuro.

Partendo dai protagonisti della scena si passa, però, a considerare il campo della scena più allargata, e si viene a creare un’osmosi fra i ‘fanciulli’ – raffigurati come apparizioni mitiche ed allucinatorie in forma di idoli – e lo sfondo, saldamente ancorato alla topografia del nostro Novecento. Così il gioco dei sensi, impegnati nel comporre il quadro lirico, finisce per parlare d’altro, per scoprire una prospettiva nuova. Da appassionato turista della parola piena d’aria, da paesaggista di luoghi assolati, immortalati mentre irraggiano dense energie (fisiche ma anche di culto perduto), il poeta perugino ci fa dono di una rara cartolina.

Egli ha sempre sperato di cancellare – tramite l’incantesimo custodito nella produzione del testo poetico – l’assillo della morale, rivale dell’accesso diretto della bellezza agli occhi, così come l’assillo della noia. Nel creare epurazione, nell’illudersi di far svanire il peccato borghese, i suoi alleati sono stati il sole e il sonno, aver cercato, in fenomeni quali questi, il primato e la forza del Senso, in grado di mettere a disposizione una sapienza immediata. «Ma il peccato non esiste più» diceva, in chiusura di una sua poesia degli anni Trenta.

da www.la-poesia.it

L’episodio illuminante, l’impatto con gli organi di senso creano l’iniziazione che sposta solo dopo verso una più concreta riflessione, resa possibile dall’incontro a metà strada tra la visione leggera, folgorante e ‘nuova’ e il pensiero in esercizio. Questo genere di sapienza non esiste prima dell’atto creativo. Il pensiero in quanto tale ha bisogno di incontrare e toccare la vita. Se non ha trovato una diretta esperienza e un intimo invischiamento, si concretizza nel mentre della costruzione del verso, è lì che trova la sua realizzazione e la sua funzione. Questa poetica è progressiva, per stadi: inizialmente pare impalpabile, velata, poi si addensa e approfondisce, complice lo spazio apertosi attorno ai versi. È incline all’arricchimento di senso, proviene da una visione antica e coniuga, con estrema naturalezza, il pensiero classico con quello moderno. Se la forma è classicheggiante, il contenuto, infatti, attinge a piene mani agli episodi vissuti, alle immagine ricorrette da una visuale dislocata nel privato e divenuta, nel frattempo, più meditativa.

In Penna la letteratura assume un valore “realizzante”, di “trasformazione”, da qualcosa di ideale a qualcosa di reale e viceversa, ma anche si fa sinonimo di “ricostruzione” o “ritrovo” di un valore estetico radicato nel paradosso della pedagogia del non insegnare.

I corpi nel paesaggio da lui selezionati sono da intendersi nella loro duplice segnalazione: ‘presenza’ nel luogo, ‘essere tra le cose’ del mondo, ma anche e soprattutto immagine desiderata, nostalgicamente rivissuta, psicologicamente riformulata ed estratta per proteggerla da un giudizio unilateralmente moralistico, quindi riduttivo e fuorviante, avendone tolto l’essenziale esperienza “d’impatto”. Appare un gioco di fanciullesche fantasie, consegnate ad un atto di auto-confessione, nella durata infinitamente breve del suo prodursi sulla carta.

Similmente a Leopardi, Penna ha seguito una ben precisa teoria della percezione, svelandone alcune importanti leggi per farsi guidare nella sua particolare visione del mondo. Nel far questo, ha avuto bisogno di scegliere l’innamoramento, per sua natura ambivalente, sempre ambiguo, sempre in cerca del dubbio intelligente (e quindi della ricerca).
L’iniziale tormento dei sensi, causa della lacerante unicità e solitudine di uno dei nostri maggiori poeti, ha camminato lungo la strada del rigore e della misura, ha costruito un ponte per sottolineare la sua continuità con le sfere del pensiero. Ha portato alla luce, per rendersi a tutti leggibile, l’amore per la pura conoscenza.


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