"Nel momento in cui il possesso di un oggetto circola in un rapporto interazionale se ne valutano gli effetti: per quelli che si possono subire o per quelli che si possono provocare."
"Quando passa nelle mani del ministro, l’oggetto si carica di altri significati: il ministro lo valuta per gli effetti vantaggiosi che il suo possesso può offrire; la regina per gli effetti dannosi che può subire".
"L’oggetto sottratto è un oggetto particolare, che non può essere commisurato con un oggetto qualsiasi: tale oggetto ha effetto retroattivo sulla vittima, perché se venisse esibito, rovinerebbe la reputazione della regina e quindi la sua immagine. Quindi il possesso del documento in mano al ministro rappresenta un’arma con la quale ora può ricattare la regina".
"Il ministro scommette con se stesso: se la regina reagisce vuol dire che ha fatto male i suoi calcoli, se non reagisce (come effettivamente accade) vuol dire che ha calcolato giusto. Egli, prima di agire, si è dunque identificato con il punto di vista della regina riuscendo a prevederne le mosse, e quindi ad anticiparla".
"Quest’ultimo ha previsto che, nel momento in cui ha avuto l’ardire di sottrarre abilmente la lettera, la sua carriera, il suo prestigio dipende ora da quel possesso: se cessa il possesso della lettera, il ministro è un uomo finito".
"Il ministro ha dunque previsto che la regina userà tutti i mezzi per riappropriarsi della lettera, e sa anche che, se non sarà lei ad agire in prima persona, qualcun altro lo farà al suo posto. Si tratta soltanto di saper anticipare le mosse di colui che sarà messo sulle tracce del documento. Il compito di recuperare la lettera è estremamente delicato; la regina deve rivolgersi a un uomo di cui ha piena fiducia e che sa mantenere il segreto della missione".
"Esiste solo un modo per nascondere la lettera: decidere di non nasconderla, decidere di metterla in evidenza, di esibirla quasi".
"Tuttavia, anche il ministro ha commesso un errore di valutazione: non ha mai preso in considerazione che il prefetto potesse un giorno rivolgersi ad Auguste Dupin".
"In sostanza, il ministro sta commettendo nei confronti di Dupin lo stesso errore di valutazione che il prefetto ha commesso nei suoi riguardi: se in fondo egli avesse preso sul serio la minaccia di Vienna, ora di fronte a quella visita inaspettata il ministro sarebbe stato in guardia e quanto meno più sospettoso sulla sua vera ragione. La beffa che Dupin gli gioca, quando gli sottrae la lettera, sostituendola con una lettera contraffatta, è una vendetta raffinata concepita dalla sua mente: «Al momento in cui, sfidato da quella che il nostro prefetto chiama una certa persona, egli sarà costretto ad aprire la lettera che io ho lasciato, per lui, nel suo portacarte»".
"Dupin gli lascia scritto, in modo che riconosca la sua calligrafia, «proprio in mezzo alla candida pagina questi versi: Un desein si funeste/s’il n’est digne d’Atreé, est digne de Thyeste".
Da: brunocorino.ilcannocchiale.it/?TAG=Lettera%20rubata
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