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Essendo un caso politico, però, dobbiamo volare più in alto. E’ lecito chiedersi: cosa dovrebbe fare il Parlamento di fronte ad una spinosa vicenda come questa? Come può la classe dirigente rispondere dell’accaduto? Innanzitutto l’etica e la pietas dovrebbero indurre alla prudenza certi arditi commentatori. L’ex ministro Giovanardi, ad esempio. Uomo di Chiesa e pio cavaliere degli atti di dolore, avrà anche avvertito l’esigenza di sottolineare come le sue interpretazioni passate, tanto vituperate dall’opinione pubblica, fossero in realtà puntuali e non viziate da pregiudizi di sorta. Va bene: se il Palazzo di Giustizia gli ha dato (momentaneamente) ragione, resta però l’umano scetticismo e lo sconcerto nei confronti della tempistica e dei toni. I politici, si presume, dovrebbero fornire un esempio e non uno scempio di tal portata.La Boldrini e Grasso, per parte loro, sentite le diverse forze politiche, potrebbero vagliare l’ipotesi di istituire una Commissione d’indagine volta a chiarire i fatti con audizioni pubbliche del ministro competente. C’è di mezzo la dignità dello Stato, un dettaglio che non può essere trascurato né affrontato marginalmente.Il governo, infine, potrebbe gettare il cuore oltre ogni ostacolo e dimostrare di non essere retto da un immondo spirito di sopravvivenza: potrebbe cioè rilanciare in Parlamento una grande battaglia civile, che impone, oggi più che mai, l’introduzione del reato di tortura da codificare nel nostro impianto normativo. Sono tre piccoli passi che potrebbero offrire l’esempio di un nuovo modo di concepire la sfera pubblica, anche per sfuggire ad un tremendo paradosso, ormai stridente e di banale evidenza: quello di chi assiste a zuffe parlamentari volte ad accertare improbabili parentele di Mubarak, salvo poi disinteressarsi della morte di un ragazzo avvenuta in circostanze assai sospette all’interno di una delle tanto vergognose carceri italiane.Possono interessarti anche questi articoli :
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