La polizia sgombera gli insegnanti a Città del Messico

Creato il 14 settembre 2013 da Vfabris @FabrizioLorusso

  

Ieri pomeriggio (13 settembre) 3600 elementi della Polizia Federale, la PF, in tenuta antisommossa hanno sgomberato in pochi minuti la piazza centrale di Città del Messico che dal 19 agosto era occupata da oltre 10mila docenti messicani che però hanno raggiunto la cifra di 40mila persone in alcuni momenti della protesta (leggi l’antefatto e la storia della protesta). La maggior parte dei maestri, in lotta contro la riforma educativa del governo del presidente Enrique Peña Nieto, approvata e promulgata fast track la prima setitmana di settembre, aveva liberato la piazza e smantellato l’enorme tendopoli che vi era allestita la sera prima e la mattina del 13, ma all’alba restavano ancora circa 2mila docenti, lo zoccolo duro della sezione XXII di Oaxaca, a presidiare il zocalo, la piazza più importante ed emblematica del paese. (foto di Andrea Spotti, album foto finale Fabrizio Lorusso).

L’operazione della polizia è cominciata già dalla mattinata, migliaia di poliziotti hanno occupato militarmente il centro storico mentre la CNTE, la Coordinadora Nacional Trabajadores de la Educacion, si trovava ancora in riunione per decidere sul da farsi. Il governo della città aveva offerto lo spazio del Monumento a la Revolucion, sempre nel centro storico, ai maestri in modo che spostassero la loro tendopoli in quella zona. Nella serata del 12 settembre l’assemblea della CNTE aveva deciso di liberare la piazza, ma la mattina dopo la stessa assemblea s’è divisa sul da farsi, pochi professori s’erano mossi e la riunione non s’è potuta concludere, interrotta bruscamente dall’arrivo della polizia.

Dalle 11 in poi la tensione sale, donne e bambini abbandonano la piazza, le sezioni della CNTE del Distretto Federale (la capitale) e di Michoacan decidono di ripiegare, mentre la sezione 22 di Oaxaca resta in piazza, almeno con un’avanguardia in resistenza che costruisce barricate, sposta delle gru e si prepara a difendere quel che resta della tendopoli.

La autorità federali e cittadine, prese dalla fretta di sgomberare il centro storico in vista della parata militare e della festa dell’indipendenza prevista per la notte del 15 settembre e per domenica 16, si riuniscono alle 14 con i maestri trincerati nel zocalo e danno loro un ultimatum: entro due ore tutti via, altrimenti ci penserà la polizia. Sono ore di tensione e i media ufficiali, televisioni in testa, si dedicano a creare il panico nella popolazione, come quando sta per succedere qualcosa di terribile, qualcosa che nessuno deve vedere. Intanto il presidente Peña fa un discorso in diretta, un vero e proprio distrattore di massa, in cui annuncia che il Messico è un paese di pace e armonia e che si trova in un momento di strasformazione in cui bisogna sconfiggere le inerzie e gli ostacoli.

Alcuni free lance con delle telecamere precarie riescono a trasmettere le immagini del zocali restando appollaiati su qualche finestra di case, uffici e ristoranti. 7 poliziotti salgono sul campanile della cattedrale e osservano dall’alto i maestri. 4 elicotteri sorvolano la zona e dalle barricate della CNTE cominciano a salire delle cortine di fumo per impedirgli la vista. Circa 1500 persone presidiano la piazza, accerchiati dalle forze dell’ordine che alle 16.20 iniziano l’avanzata dal lato nord mettendo in fuga i docenti.

Salvo alcuni casi in cui gruppi di 8-10 professori hanno opposto resistenza all’invasione, non c’è molta resistenza fisica, ma si preferisce un ripiegamento verso il lato sud e le stradine laterali. L’idea è raggiungere la Alameda Central, un parco situato a poche centinaia di metri dal zocalo, di fronte al Palazzo delle Belle Arti, e da lì unirsi ai manifestanti e agli altri maestri che hanno abbandonato la piazza ore prima e li aspettano. Da lì poi l’obiettivo è allestire una nuova tendopoli nella spianata del Monumento a la Revolucion, lontano dalla zona del zocalo e della cattedrale.

Non si sono ripetute le stragi di Atenco e di Oaxaca del 2006, anche se il saldo della guerriglia urbana e del fuggi fuggi che è venuto dopo è comunque di una quarantina di feriti e di 32 detenuti (lista qui). Nessun professore è stato arrestato, quindi gli arresti si sono rivolti contro alcuni gruppi di incappucciati, manifestanti non appartenenti alla CNTE. Nel lungo cammino dal zocalo a Belle Arti e poi al Monumento alla Revolucion sono stati numerosi gli scontri dei maestri e dei manifestanti arrivati in centro con la polizia. C’è stato un momento di particolare tensione quando 250 professori, inclusi i portavoce Núñez Ginés di Oaxaca, Juan José Ortega del Michoacán e Francisco Bravo della capitale, sono stati chiusi, “incapsulati”, dalla PF che era impegnata contro un gruppo di incappucciati. In questi scontri la polizia ha fatto uso di lacrimogeni e manganelli, mentre i manifestanti lanciavano molotov, pietre e petardi. I tre dirigenti della CNTE sono stati portati via in una camionetta per incontrare un funzionario del ministero degli interni e negoziare una riapertura dei dialoghi e delle negoziazioni dopo “le feste”, cioè da martedì prossimo.

In realtà, purtroppo, c’è poco da negoziare: il governo ha già ribadito più volte che non farà nessun passo indietro sulle riforme approvate e c’è quindi il rischio che la protesta sfoci in una lunga serie di battaglie per le strade della città, promosse dalla base, e in un’altrettanto lunga serie di incontri col ministero che non portano a niente o che, nel migliore dei casi, conducano ad alcuni vantaggi per i professori a livello locale e nelle successive fasi dell’applicazione delle leggi sull’educazione. Gli insegnati presenti a Città del Messico, ad oggi, sono ancora 14mila, anche se molti non hanno dormito presso il Monumento alla Revolucion e hanno pernottato nella Facoltà di Filosofia e lettere della UNAM (Univ. Nacional Autonoma del Messico) e della Scuola Nazionale di Antropologia e Storia (ENAH) che hanno messo a disposizione degli spazi occupati per l’occasione da ieri sera.

La CNTE, nonostante tutto, non si dà per sconfitta, e già dalla mattina del 14S ha ripreso a riunirsi e deliberare, valutando le azioni per questi giorni e per il futuro tra le quali non è da scartare la “riconquista” della piazza centrale dopo il 16 settembre e il ritorno di migliaia di docenti che sono temporaneamente tornati alle loro regioni d’origine. Il conflitto e la resistenza continuano dopo una giornata campale.

In serata c’è stata anche una protesta per la liberazione del professore tzotzil Alberto Patishtán, ingiustamente imprigionato da 13 anni per un omicidio che non ha commesso, il quale ha appena ricevuto dal tribunale del Chiapas che si occupa del suo caso una risposta negativa al suo ricorso e dovrà restare in carcere ancora 47 anni. Gli restano solo tre strade: indulto, amnistia (ma ha già dichiarato di non volersene servire) e la Corte Interamericana dei Diritti Umani. Vedi articolo completo a questo LINK.  Di seguito: foto album del nuovo accampamento dei maestri a Città del Messico.  Twt @FabrizioLorusso

Foto qui sopra: Andrea Spotti @Mex_DF

Album fotografico qui sotto: tendopoli Monumento a la Revolucion e lo zocalo di Città del Messico rioccupato dalla polizia, di Fabrizio Lorusso. CLICCA QUI per andare all’album. Altre foto a questo link.







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