La poesia intrapresa dal corpo femminile è qualcosa che ha sempre, più o meno volutamente, un significato politico. E’ attraverso il corpo del poeta che la poesia costruisce o ricostruisce l’identità dell’individuo universale cui si rivolge, definendo in primo luogo la dignità di chi scrive nel rispetto delle asserzioni che i versi hanno reso dicibili. In questo modo diventa peculiare il fatto che sia una donna e non un uomo a intraprendere il genere erotico, ossia una parola poetica che non porta a definirsi come genesi ma che esprime in un ambito visibile la materia dei corpi attraverso il piacere ricercato, espresso, vagheggiato, lacrimato. Questa espressione verbale della fisicità svia il rischio che la poesia si faccia voce soltanto, principio di irrealtà, pulsione inattendibile o comunque concernente un’astrazione, per ridiscendere, la sfera plausibile ed insieme magica delle infinite possibilità che la parola rappresenta. La voce poetica delinea un corpo altro da quello visibile ma tuttavia fisico che si pone in una relazione ulteriore quella emotiva in chi ascolta, per farsi “cosa” interna a uno scambio che avviene nella totalità dell’essere, nell’ambito e nella portata di una reciprocità. Continua a leggere su VDBD
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