La potenza USA, la nuova Via della Seta: secondo giorno di lavori al Forum di Rodi 2014

Creato il 27 settembre 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Prosegue nell’omonima isola la dodicesima edizione del Rhodes Forum, inaugurata giovedì 25 settembre, e che vede la partecipazione di una delegazione dell’IsAG composta da Tiberio Graziani e Daniele Scalea. La giornata di sabato 26 settembre è stata la più ricca di eventi, con una sessione plenaria e nove seminari.

La sessione plenaria ha riguardato “Pace e sicurezza in Europa e Asia nel contesto del potere statunitense” ed è stata presieduta da Chandra Muzaffar, presidente del International Movement for a Just World. A inaugurarla Alfred Gusenbauer, ex primo ministro austriaco, il quale ha definito incomprensibile lo scontro a suon di sanzioni tra USA, UE e Russia nel momento in cui sarebbe invece necessario unirsi contro la minaccia dell’autoproclamato Califfato di Dāʿish (ISIL).

La prima relatrice, la statunitense Phyllis Bennis (Institute for Policy Studies and Transnational Institute), ha commentato la situazione nel Vicino Oriente. Dopo il fallimento di socialismo e panarabismo, molti movimenti di resistenza si sono ispirati all’islamismo e impegnati nel nation-building. Dāʿish è largamente frutto del settarismo iracheno imposto dagli USA ed è un problema non risolvibile con le bombe: esse possono infatti colpire le persone ma non l’estremismo o il fanatismo, che anzi rafforzano.

La professoressa Kumiko Haba dell’Università Aoyama Gakuin ha invece trattato della riconciliazione postbellica in Europa Occidentale e in Asia Orientale, che ha dato esiti opposti. In Giappone si è erroneamente creduto che ciò sia dovuto alla maggiore omogeneità culturale dell’Europa. In realtà, l’Europa Occidentale ha saputo garantirsi la pace con la cooperazione tra gli ex nemici. Decisiva è stata però la strategia degli USA. In Europa Occidentale e nel Sud-Est Asiatico essa ha favorito l’integrazione in ottica anti-URSS, permettendo la nascita di UE e ASEAN. In Asia Orientale fin da MacArthur gli USA hanno invece perseguito una strategia divisiva che ha portato al confronto tra il capitalista Giappone e la comunista Cina. Una riconciliazione Cina-Giappone rassomiglierebbe a quella Germania-Polonia o Germania-Russia, non a caso cominciate dopo la fine della Guerra Fredda e non ancora ultimate.

Dopo Fred R. Dallmayr, che ha trattato della crisi ucraina imputandola principalmente all’espansionismo della NATO, è intervenuto Junaid Ahmad, professore all’Università di Lahore. L’accademico pakistano ha ricondotto il fenomeno dell’insorgenza afghana all’assenza di sforzi per la ricostruzione e il miglioramento sociale da parte dell’occupante statunitense. Il radicalismo origina però nel jihad lanciato negli anni ’80 contro l’URSS. Da allora il Pakistan risultò destabilizzato. Secondo l’accademico pakistano non vi è tuttavia pericolo per le armi nucleari del paese mediorientale, almeno finché non dovessero insorgere contrasti in seno alle forze armate.

Sara Flounders, attivista statunitense, ha sostenuto che la crisi economica spinge il suo paese ad attaccare esternamente gli altri paesi e internamente la classe lavoratrice. La tecnologia è oggi tanto avanzata da creare un’endemica situazione di sovrapproduzione. Ragionando sul caso greco, ha notato come da decenni il paese ellenico sostenga spese militari elevatissime, che non ha potuto diminuire nemmeno nel pieno della crisi, trovandosi costretto a tagliare le spese sociali. Ma anche negli USA il bilancio militare è in costante crescita, a detrimento di quello sociale. Washington controlla la protesta sociale mantenendo la più numerosa popolazione carceraria al mondo.

Tao Xie, professore all’Università per gli Studi Esteri di Pechino, ha sostenuto che il mondo emergente non sarà né unipolare né bipolare né multipolare, bensì pluralista. Non vi saranno cioè dominanti se non in settori specifici. Ha dimostrato la sua tesi facendo riferimento a molti dati: ad esempio, le quote di PIL mondiale sempre più distribuite tra una pluralità di paesi, o il calo delle spese militari degli USA dopo il 2011 mentre quelle cinesi continuano a crescere, o ancora l’avvicinamento tra le spese militari complessive di NATO e Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS).

La filosofa sociale Valentina Fedotova (Accademia delle Scienze Russe) ha infine tracciato un parallelo tra la controversa politica di Vladimir Putin in difesa dei valori tradizionali e la strategia cinese: entrambe puntano a perseguire la modernizzazione della propria cultura, e non in maniera astratta od occidentalizzante.

Tra i seminari tenutisi nel pomeriggio, particolarmente interessante è risultato quello su “La Via della Seta: passato e futuro del dialogo di civiltà”, moderato dal Prof. Yang Taibao, geologo dell’Università di Lanzhou. Egli ha notato come in Cina vi siano ormai convegni regolari sulla nuova Via della Seta, intesa come piattaforma per scambi, ricerche e cooperazione, e in quanto piattaforma utilizzabile anche dai paesi esterni.

Li Sin, dell’Università di Shanghai, ha ricordato i contatti già intercorsi ufficialmente con Kazakhstan e Malesia per due Vie della Seta, una economica (terrestre) e una marittima. In Cina si stanno già creando finanziarie per procurare le risorse necessarie al loro sviluppo. La Via della Seta economica servirà allo sviluppo dell’entroterra cinese, quella marittima delle zone costiere. Il presidente russo Vladimir Putin ha già espresso la volontà di collegare la ferrovia transiberiana alla Via della Seta e Vladimir Jakunin, presidente delle Ferrovie russe (nonché del World Public Forum “Dialogue of Civilizations”) è già stato a Shanghai per discutere su come effettuare praticamente questo collegamento. La Via della Seta consisterà di ferrovie, strade, porti, linee elettriche, flussi d’informazione: non sarà solo un corridoio ma servirà allo sviluppo locale. E in moneta locale saranno gli scambi tra paesi, per evitare l’instabilità finanziaria. Li Sin crede che ciò rafforzerà i rapporti tra OCS e Unione Eurasiatica. Per quanto concerne le risorse per la sua costruzione, potranno venire da speciali banche d’investimento multilaterali in corso di istituzione.

Dopo Li Sin è intervenuto Wangsou Wu, radiochimico dell’Università di Lanzhou, che ha focalizzato il suo intervento su una componente della nuova Via della Seta: il nucleare cinese. La Cina ha finora costruito le centrali nucleari sulla costa ma punta ad ampliarle anche nell’entroterra. Entro il 2050 la Cina vorrebbe produrre il 50% della sua energia da nucleare e fonti rinnovabili (oggi è il 13%), così da ridurre l’inquinamento da carbone. La Cina ha bruscamente aumentato gli investimenti nel nucleare intorno al 2010 e manca ora di scienziati qualificati (nel 2020 ne serviranno 25.000). La domanda è comunque destinata a stabilizzarsi gradualmente dopo il 2015.

Michail Molčanov ha trattato della regionalizzazione eurasiatica. Nel 2012 è cominciato il libero scambio tra Russia, Bielorussia e Kazakhstan, e da allora i commerci tra i tre paesi sono cresciuti del 10% all’anno. Il 29 maggio 2014 è stato siglato il trattato costitutivo dell’Unione Eurasiatica. Le decisioni al suo interno sono prese all’unanimità e non è dunque possibile considerarla uno strumento imperialistico di Mosca.

Gao Yong-Jiu, dell’Università di Lanzhou, ha illustrato i caratteri della Via della Seta storica, affermando che ieri come oggi una città chiave sarà la cinese Lanzhou. Ding Shuqin ha invece incentrato il suo intervento sugli scambi culturali tra Russia e Cina. Yang Lijuan ha riflettuto sul rapporto tra oasi e città: la città arricchisce materialmente, l’oasi spiritualmente collegando con la natura.

Ultimo relatore della sessione è stato il russo Vasilij Simčera, dell’Università Europea di Diritto JUSTO. Il Prof. Simčera ha valutato criticamente la proposta cinese, ricordando che già tante volte in passato la Via della Seta è stata distrutta. La Cina può oggi investire per decenni su questo progetto, ma non possono fare lo stesso gli altri paesi. Si è chiesto in che modo gli USA ripagheranno il loro debito verso la Cina e quest’ultima trasformerà tali capitali in una nuova Via della Seta. La Russia non vuole appelli ma risposte. La Via della Seta non può essere solo un corridoio, dev’essere una concezione. Deve aumentare la qualità della vita, trasformare la cultura allontanandola dalle storture del capitalismo. Serve un progetto alternativo a quello USA-UE di integrazione del capitalismo: un progetto in grado di preservare per secoli la Grande Russia e la Grande Cina.

Dopo un lungo e vivace dibattito, Yang Taiba ha ripreso la parola per una breve dissertazione sul cambiamento climatico. L’accademico cinese ha ricordato che nella nostra epoca calda le precipitazioni sono il quadruplo di quelle della precedente epoca glaciale, ed è grazie a ciò che ha potuto svilupparsi l’agricoltura. L’industrializzazione ha forse effetto sul riscaldamento globale, ma a suo avviso ciò non è mai stato dimostrato scientificamente. L’argomento del riscaldamento globale è oggi usato politicamente, quando sarebbe meglio concentrarsi sul più grave inquinamento dell’aria, dell’acqua e del terreno.

Domenica 28 settembre si svolgerà l’ultima giornata del Forum con due sessioni plenarie.


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