LA PREDA - di Irène Némirovsky

Creato il 23 gennaio 2013 da Ilibri

Titolo: La preda
Autore: Irène Némirovsky
Editore: Adelphi
Anno: 2012
Traduzione: Laura Frausin Guarino

Orfano di madre sin dalla prima infanzia, rinchiuso in collegio all’età di otto anni, era sempre stato pallido e magro, trincerato dietro quella apparente freddezza, quella sfiducia in se stesso che un’educazione impartita unicamente da uomini e in mezzo a uomini dà ai ragazzi”.

Laurent Daguerne è molto preoccupato per quel suo ragazzo silenzioso e schivo. “Ho paura di scoprire che è infelice, che manca del necessario, paura di saperlo, perché come potrei aiutarlo?”.

Da quando si è ammalato e i suoi proventi di architetto si sono drasticamente ridotti, non è infatti in grado di pagargli gi studi né tantomeno di rassicuralo con la promessa di un futuro più sereno. La verità è che, quando lui sarà passato a miglior vita, Jean-Luc dovrà assumere il ruolo di capofamiglia e badare anche al fratello minore e alla sorellastra.

Jean-Luc, dal suo canto, è invece felice e speranzoso. Da quando ha incontrato Edith, la figlia del banchiere Abel Sarlat, niente gli sembra impossibile.

Era felice. Quanta nobiltà, quanta virtù nella felicità!... Il vento gli passava attraverso i vestiti; era affamato; per pagare la bottiglia di vino e le sigarette di Edith non aveva cenato, ma perfino questo acuiva la sua orgogliosa voluttà. Vi è un’età in cui le necessità materiali risparmiano l’uomo, a costo di prendersi la rivincita più avanti… Niente, gli sembrava, avrebbe mai potuto esaurire le sue forze intatte, niente, né le privazioni, né il troppo lavoro, né il troppo piacere. Le notti insonni lo mettevano in uno stato di benefica eccitazione; la sua mente, alleggerita dalla fame, era più agile e più lucida. Si inebriava della sua gioventù, del calore del suo sangue, della destrezza e dell’equilibrio di quel corpo che trasmetteva all’anima la sua tranquilla baldanza”.

Jean-Luc sa bene che Sarlat si opporrà al matrimonio, ma è anche convinto che Edith sceglierà ugualmente di diventare la sua fedele compagna di vita.

Sarebbero stati costretti a vivere in povertà, negli stenti… pazienza. Era roba superata quel sentirsi responsabili nei confronti della donna, quella paura di privare la donna del lusso e dell’agiatezza che, a quanto pareva, le spettavano di diritto… E perché mai?... L’amore doveva essere plasmato nello sforzo e in una dedizione reciproca, ma alla pari. Ormai, le sole virtù necessarie, per l’uomo e per la donna, erano il coraggio e l’orgoglio”.

Lo ritroviamo un anno dopo, nello stesso vecchio Ludo, mentre attende disperatamente una telefonata. Nessuna delle sue ambizioni, neanche la più modesta, ha ottenuto soddisfazione, e allora Jean-Luc decide di fare appello alle proprie energie, di raccogliere tutta la sua forza di volontà per riaversi dalla delusione e sentirsi di nuovo forte, anche a costo di inaridirsi il cuore.

Successo e potere sono adesso i suoi obiettivi, e ha intenzione di conseguirli calpestando, se necessario, chiunque proverà ad ostacolare il suo cammino.

Jean-luc è dunque una sorta di Gorge Duroy, o meglio lo diventa, e infatti l’autrice è abile nel descrivere la sua trasformazione interiore, che si ripercuote anche sui modi e sull’aspetto, dallo sguardo al tono di voce. Come in Bel-amì siamo in presenza di un umile che cerca il riscatto sociale senza temere compromessi di sorta, solo che Jean-luc Daguerne non è un furbo arrampicatore sociale ma un buono che attacca perché è stato attaccato e cerca di reagire con forza e dignità alla sofferenza. Ecco perché, inseguendo i falsi miti che la sua mente ferita e la stessa società in cui vive gli impongono, finisce per snaturarsi e dannarsi l’anima, diventando ancora una volta preda dell’amore…  

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