Il Papa ha ripreso oggi le udienze generali in Piazza San Pietro e ha concluso le sue catechesi sulla preghiera di Gesù soffermandosi sul tema del silenzio di Gesù, “così importante nel rapporto con Dio”. Il papa ha spiegato che “la dinamica di parola e silenzio, che segna la preghiera di Gesù in tutta la sua esistenza terrena, soprattutto sulla croce, tocca anche la nostra vita di preghiera in due direzioni. La prima è quella che riguarda l’accoglienza della Parola di Dio. E’ necessario il silenzio interiore ed esteriore perché tale parola possa essere udita. Questo principio che senza silenzio non si sente, non si ascolta, non si riceve una parola, questo principio vale per la preghiera personale soprattutto, ma anche per le nostre liturgie: per facilitare un ascolto autentico, esse devono essere anche ricche di momenti di silenzio e di accoglienza non verbale”.
“E come – si chiede il Papa – Gesù ci insegna a pregare? Nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo una chiara risposta: «Gesù ci insegna a pregare, non solo con la preghiera del Padre nostro, certamente l’atto centrale dell’insegnamento su come pregare, ma anche quando egli stesso prega. In questo modo, oltre al contenuto, ci mostra le disposizioni richieste per una vera preghiera: la purezza del cuore, che cerca il Regno di Dio e perdona i nemici; la fiducia audace e filiale, che va al di là di ciò che sentiamo e comprendiamo; la vigilanza, che protegge il discepolo dalla tentazione» (n. 544)”.
“Percorrendo i Vangeli – ha sottolineato il papa – abbiamo visto come il Signore sia, per la nostra preghiera, interlocutore, amico, testimone e maestro. In Gesù si rivela la novità del nostro dialogo con Dio: la preghiera filiale, che il Padre aspetta dai suoi figli. E da Gesù impariamo come la preghiera costante ci aiuti ad interpretare la nostra vita, ad operare le nostre scelte, a riconoscere e ad accogliere la nostra vocazione, a scoprire i talenti che Dio ci ha dato, a compiere quotidianamente la sua volontà, unica via per realizzare la nostra esistenza”.
“Il punto più alto di profondità nella preghiera al Padre, Gesù lo raggiunge al momento della Passione e della Morte, in cui pronuncia l’estremo «sì» al progetto di Dio e mostra come la volontà umana trova il suo compimento proprio nell’adesione piena alla volontà divina e non nella contrapposizione. Nella preghiera di Gesù, nel suo grido al Padre sulla croce, confluiscono «tutte le angosce dell’umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza. Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le esaudisce risuscitando il Figlio suo. Così si compie e si consuma l’evento della preghiera nell’Economia della creazione e della salvezza» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2598)”.
Il Papa ha quindi concluso : “Cari fratelli e sorelle, chiediamo con fiducia al Signore di vivere il cammino della nostra preghiera filiale, imparando quotidianamente dal Figlio Unigenito fattosi uomo per noi come deve essere il nostro modo di rivolgerci a Dio. Le parole di san Paolo sulla vita cristiana in generale, valgono anche per la nostra preghiera: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39)”.
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