di Pierluigi Montalbano
Com'erano, come vivevano, cosa mangiavano, cosa sapevano fare i nostri lontani progenitori? E come si è evoluta la nostra specie, quella di Homo sapiens sapiens?
Immaginiamo di entrare in una biblioteca. Sugli scaffali vediamo centinaia di volumi ma in un angolo, tutta impolverata, c'è una lunga fila di grandi volumi con centinaia di pagine piene di figure. Il titolo è scritto in caratteri dorati: Storia della vita sulla Terra. I primi volumi raccontano di quando sul nostro pianeta c’erano continui terremoti, e vulcani in eruzione. Poi abbiamo i libri che parlano delle prime forme viventi e della loro evoluzione, e uno di questi racconta la storia dei dinosauri, i giganteschi animali che hanno popolato la Terra per 160 milioni di anni e poi sono scomparsi per sempre.
Soltanto l'ultimo di questi volumi racconta la storia della nostra specie. A quei tempi non c'erano gli uomini e le scimmie così come le conosciamo oggi. Da un'unica specie originaria, molto lentamente, se ne sono formate altre: alcune specie somigliavano alle scimmie, altre, quelle degli ominidi, più simili a noi:gli australopitechi.
Questi ominidi erano bassi e pelosi, con il cranio più piccolo di quello odierno, e avevano denti grandi e robusti, anche se mangiavano prevalentemente vegetali. Si muovevano su due piedi, usando le mani per raccogliere, spezzare o portare alla bocca le cose che trovavano. In Africa sono state scoperte impronte fossili lasciate da tre ominidi che, tre milioni e mezzo di anni fa, si stavano allontanando da un'eruzione vulcanica. Due camminavano affiancati e il terzo seguiva i loro passi, ricalcando le orme dell'individuo più grande.
L’ominide più famoso si chiama Lucy, una femmina alta circa un metro e dieci centimetri, vissuta in Etiopia tre milioni di anni fa. Questi nostri lontani antenati si sono estinti, ma per lungo tempo hanno condiviso il Pianeta con ominidi appartenenti ad altre specie simili all’uomo, sviluppatesi nel corso del tempo. Gli archeologi hanno scoperto un ragazzo di 11 anni nato 1,5 milioni di anni fa. Viveva in Africa vicino al lago Turkana (nell'attuale Kenya), era alto quasi come noi, con gambe lunghe e fianchi stretti, e il suo corpo non aveva caratteristiche scimmiesche. Apparteneva alla specie Homo erectus, la specie dalla quale circa 125 mila anni fa, si è evoluta la nostra, l’ Homo sapiens sapiens. Con armi rudimentali come lance con la punta di pietra e sassi, gli uomini primitivi catturavano le piccole prede. Per uccidere orsi e mammut, invece, si andava a caccia in gruppo.
Continuando a sfogliare il libro della preistoria, scopriamo che dalle ossa fossili gli scienziati hanno capito che mezzo milione di anni fa l’Homo Sapiens viveva in Africa. Era simile a noi, ma con mascelle e naso leggermente più larghi. Riusciva a controllare le fiamme che si sviluppavano in natura e imparò a conservarle e a produrle ogni volta che voleva.
Alcuni gruppi dall'Africa migrarono in altri continenti evolvendosi e sopravvivendo per centinaia di migliaia di anni. Da questi discendono i nostri antenati più diretti, dai quali discendono tutti: bianchi e neri, alti e bassi, biondi e bruni, con gli occhi azzurri o a mandorla. In Francia, in un luogo della Dordogna chiamato Cro-Magnon, in un riparo sotto la roccia sono stati trovati resti scheletrici appartenenti a quattro individui e un feto che risalgono a circa 30.000 anni fa.
A quell'epoca il clima del Pianeta era freddo, l'Europa del nord era coperta dai ghiacci e in Italia c'erano boschi e foreste popolati da animali tipici delle regioni glaciali, come il mammut, il rinoceronte lanoso e l'orso delle caverne. Le donne partorivano accucciandosi in un angolo e tagliando coi denti il cordone ombelicale del neonato. Per il freddo, le malattie e i disagi di quell'epoca molti bambini morivano presto, e la vita degli adulti non raggiungeva i 30 anni. Le donne raccoglievano frutti selvatici, i maschi catturavano piccoli animali con armi erano rudimentali: bastoni di legno, lance con la punta di pietra, sassi appuntiti da scagliare contro gli animali con una fionda.
Con quelle armi primitive era difficile uccidere grandi animali, quindi gli uomini andavano a caccia in gruppo, spingendo i branchi di cervi, alci o stambecchi verso i dirupi per farli cadere, o facevandoli impantanare nelle paludi. L'animale ucciso veniva macellato sul posto e trasportato nell'accampamento, dove veniva tagliato a pezzi più piccoli e scuoiato, poi le pelli erano raschiate con pietre taglienti per essere utilizzate per ripararsi dal freddo.
Chi viveva vicino ai fiumi poteva mangiare anche pesci e molluschi. In molte caverne sono state trovate collane fatte da gusci di conchiglie. Per pescare si usavano fiocine e tridenti, come dimostra una piccola scultura di osso, trovata in una caverna in Francia, che rappresenta un uomo con un arpione. La punta di questi strumenti era di osso, di corno o di pietra.
In Europa e nel Medio Oriente, insieme all’uomo di Cromagnon viveva anche il Neandertal, che aveva il corpo tozzo, la testa grossa e la fronte sfuggente. Costruiva armi di pietra, legno e osso, e aveva anche una propria cultura, visto che seppelliva i morti. Scomparse 30.000 anni fa e quelli che oggi popolano il Pianeta, dunque, sono i discendenti dell’Homo sapiens.
Invenzioni e scoperte.
Il fuoco era un fenomeno molto utile perché con la sua luce si potevano illuminare le grotte buie, ci si poteva riscaldare, si potevano indurire le punte delle lance di legno, si poteva cuocere la carne e si potevano tenere lontani gli animali feroci. Gli uomini lo alimentavano con tronchi e rametti, e una delle prime testimonianze del suo risale a 360.000 anni fa. All’interno di una caverna in Cina, a Pechino, insieme a diversi resti di ominidi, sono state trovate ossa bruciacchiate di animali uccisi e mangiati, pezzi di carbone di legna e uno spesso strato di cenere sul terreno. Per produrre una fiamma, ad esempio dentro una fredda caverna, si battevano insieme due selci, formando scintille capaci di incendiare rametti secchi. Impararono presto a distinguere ciò che bruciava da ciò che non bruciava e sapevano che i sassi si arroventavano senza bruciare. Notarono pure che dopo un violento incendio alcune pietre si erano parzialmente liquefatte lasciando chiazze luccicanti di materiali particolari: i metalli. Inizialmente li utilizzarono come ornamento o offerti in omaggio ai defunti, ma 8000 anni fa iniziarono a costruire armi e altri oggetti.
Ogni popolo ha ricostruito il momento in cui l'umanità scoprì l’uso del fuoco, e lo ha tramandato attraverso miti e leggende. I Greci raccontavano la storia di Prometeo, un Titano che rubò il fuoco a Zeus, re degli dei dell'Olimpo, e lo regalò ai mortali. Zeus, adirato, decise di punire Prometeo incatenandolo a una roccia. Di giorno un'aquila gli volteggiava intorno e con il becco gli mangiava il fegato, che però durante la notte si riformava. Così la ferita di Prometeo si riapriva, come il fuoco che si riattiva dalla cenere.
L’Homo habilis, circa due milioni di anni fa, osservando una pietra scheggiata o un pezzo d'osso di animale, capì che quegli oggetti potevano rendere più facile la vita quotidiana. Per esempio, si accorsero che se si battevano l'uno contro l'altro i ciottoli di fiume si ottenevano schegge affilate per tagliare a pezzi la carne, per fare la punta a un ramo da usare come arpione o per raschiare le pelli degli animali. Se si rendeva appuntito un osso, lo si poteva utilizzare per bucare le pelli e cucirle insieme per farne tende o vestiti; oppure, legato stretto alla cima di un'asta di legno, lo si poteva utilizzare per difendersi meglio dagli animali o dagli uomini di una tribù nemica. Con il passare del tempo, gli uomini divennero abilissimi a costruire oggetti di pietra diversi secondo gli usi che ne volevano fare. Riaffilavano le pietre usate (come oggi fanno gli arrotini con le lame vecchie) e poi le abbandonavano quando non era più possibile utilizzarle. Molte di queste schegge sono state trovate nelle caverne, vicino alle ossa degli animali uccisi o vicino agli scheletri degli uomini che le avevano usate. Dalla scheggiatura più o meno raffinata gli studiosi sono riusciti a capire i loro modi di vita e le loro abitudini, così è stato possibile individuare le differenti culture locali.
La capacità di fabbricare schegge di pietra affilate permise, nel tempo, di costruire strumenti più elaborati, unendo insieme materiali diversi: pietra, corno e legno per fare lance e arpioni, legno e pelle per fare archi. Nelle feste ci si agghindava con conchiglie, piume e materiali colorati, e per fare musica si costruivano tamburi o strumenti a fiato come i corni.
Circa 5.000 anni fa, cominciò anche la lavorazione dei metalli per costruire armi, per fabbricare recipienti e oggetti decorativi come fibbie e collane. Oggi la maggior parte delle persone vive in una casa fatta di mattoni, ma in antichità si viveva in capanne di frasche e tende leggere, spostandosi stagionalmente alla ricerca di nuovi territori ricchi di animali da cacciare e di frutti da raccogliere. Nel Paleolitico, quando il clima era particolarmente freddo, si preferivano le caverne naturali scavate dall'acqua o formatesi tra le rocce durante qualche terremoto. Le comunità erano piccole, composte da poche decine di persone che collaboravano. Poi, nel corso di migliaia di anni, il clima cambiò, i ghiacci si sciolsero e le pianure verdeggianti si popolarono di mandrie di animali. Le piccole tribù potevano ora vivere fuori dalle caverne e spostarsi sul territorio, inseguendo i branchi selvatici. Per conservare le pelli e renderle morbide bisognava conciarle, cioè trattarle con sostanze vegetali. Ci si accorse che potevano essere tinte e decorate: inizialmente usarono il sangue di animali, poi impararono a usare colori estratti dalle piante e dai minerali. Per coltivare i campi, i gruppi umani costruirono accampamenti stabili. La vita era un po' meno avventurosa: si potevano costruire e conservare attrezzi ingombranti, da usare al momento opportuno. Per esempio, a questo periodo risalgono i primi telai, che permettono di intrecciare le fibre vegetali per farne tessuti, più morbidi e comodi delle pelli di animale. I vasi di argilla non correvano più il pericolo di rompersi durante gli spostamenti e se ne costruirono di molto grandi, solidi e ben decorati, adatti a contenere acqua o a conservare alimenti.