La quarta di copertina recita:
“Una favola che va dritta al cuore. La storia di un viaggio dentro le emozioni, i sogni, i desideri, le paure, per ritrovare il segreto della vera felicità e del vero amore. Uno straordinario successo internazionale. Un libro che aiuta a guardare alla vita con occhi nuovi. E che il principe azzurro se la sbrighi da solo!”
Nella terza di copertina, invece, trovo qualche informazione sull’Autrice:
"Marcia Grad Powers. Vive in California. Specializzata in psicologia, tiene seminari presso scuole e università e insegna tecniche di crescita personale a gruppi di manager e professionisti. La principessa che credeva nelle favole è un bestseller internazionale che ha venduto milioni di copie nel mondo, ed è considerato da molte donne una lettura imprescindibile e illuminante.z”
Lo ammetto: sono, di base, un po’ allergica ai libri che pretendono di insegnarti o aiutarti a fare qualcosa, soprattutto quando si tratta di “guardare alla vita con occhi nuovi”, e soprattutto quando il marketing o qualche amico te li presenta come l’ultima uscita della manualistica della vita felice (soprattutto quella di matrice americana), sono effettivamente un po’ prevenuta nei confronti di questo libro che mi è stato caldamente raccomandato e che, mi si assicura, porta tantissimi spunti sulla vita, sulle emozioni nonché sul percorso di specializzazione che sto facendo.
Ok. Sono prevenuta ma l’importante è esserne consapevole.
Però il primo impatto, per il momento non è propriamente positivo
“C’era una volta una tenera principessina dai capelli dorati di nome Victoria, fermamente convinta che le favole prima o poi si avverino, e che le principesse siano destinate a vivere per sempre felici e contente”
A parte che la consecutio non mi convince (c’era una volta… convinta che… prima o poi si avverino ... passato... futuro, boh!) e già questo mi indispettisce parecchio, il primo capitolo prosegue con la principessa che si addormenta nel suo mondo dorato con la Regina che la rimbambisce di storielle sul principe azzurro ed il vissero per sempre felici e contenti, salvo poi, qualche pagina dopo impedirle di ballare, cantare, mostrare un espressione triste ed, in generale, mostrare emozioni.
Per il momento non mi fa impazzire, forse non mi piace la formula della favola, forse non mi piace questo usare la metafora della principessa rosa come immagine delle maggior parte delle donne, metafora in cui non mi riconosco per nulla.
Sarà che non sono cresciuta con il mito della principessa né del principe azzurro, ma per il momento non mi fa impazzire, no.
Mi incuriosisce, invece, il cosiddetto Codice Reale in cui la principessa trova tutto ciò che una buona principessa deve fare e soprattutto tutto quello che non deve fare, che, a quanto ho capito, ha a che fare, in genere con le emozioni.
Vabbeh! Speriamo che le prossime pagine mi coinvolgano di più.