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Cenni storici
È impossibile sapere con esattezza quando l'umanità abbia iniziato a produrre vino, questo perche essendo la trasformazione degli zuccheri in alcol un processo naturale, i nostri antenati devono aver, per prima cosa, osservato quello che accadeva spontaneamente in natura.
Il grappolo di uva cadeva finita la sua maturazione sulla vite e si spaccava al suolo venendo a contatto con i lieviti e facendo partire una fermentazione naturale.
Si ritiene che la Vitis Vinifera, la qualità di vite da cui si produce il vino, sia comparsa nella regione transcaucasica intorno al 7500 a.C. e che poi da li si sia diffusa in tutti i popoli che si affacciavano sul Mediterraneo.
Nei Greci e nei Romani la produzione di vino acquistò notevole importanza nella società tanto da essere decantate nei poemi di Omero e Plinio, e fu uno dei principali e più redditizi commerci.
I Romani espansero la coltivazione in quasi tutto l'impero, soprattutto in Gallia, l'odierna Francia, dove la vite beneficiava di un clima e di un suolo particolarmente favorevoli.
Dopo la caduta di Roma il testimone fu preso dalla Chiesa e dai numerosissimi monasteri sparsi oramai in Europa grazie alla diffusione del cristianesimo. Queste comunità religiose non si limitarono alla produzione del vino, ma iniziarono a mettere a punto tecniche di coltivazione e vinificazione che sono giunte fino all'era moderna, soppiantate solo ora dalle nuove tecnologie e ricerche scientifiche.
I Cistercensi furono senza dubbio i protagonisti della vinificazione nel medioevo e intorno al 1100 le loro quattrocento abazie in tutto il vecchio continente iniziarono una sperimentazione costante, con la scelta delle uve migliori e delle vinificazioni più idonee.
Si dice che assaggiassero letteralmente la terra per capire le qualità del suolo e furono i primi a utilizzare le parcelle di terreno omogenee per produrre vini con caratteristiche e sapori particolari di un determinato pezzetto di territorio. Furono per questo gli inventori del Cru.
Da questo momento storico in poi la Francia diventerà la regina incontrastata della produzione di vino, che allora era solo rosso, tanto che il famoso Claret di Bordeaux era il preferito dagli inglesi già dal 1154, quando la vicina Guascogna divenne un possedimento britannico.
Il Claret, nomignolo inglese per indicare il vino chiaro e leggero bordolese arrivò a rappresentare il 75% delle importazioni della casa reale inglese già nel 1200.
Con la scoperta del nuovo mondo la produzione di vino si diffuse nelle Americhe e poi successivamente con le grandi esplorazioni in tutte le nuove terre scoperte adatte alla coltivazione come l'Australia e la Nuova Zelanda, passando per il Sud Africa dove le prime talee vennero impiantate nel 1665.
Il clima e il suolo adatti
I climi temperati sono certamente i migliori, cosi come i suoli capaci di trattenere il calore e ricchi di sali minerali sono i più idonei alla coltivazione delle viti che diano i risultati migliori.
Le radici si svilupperanno meglio nei suoli caldi, mentre gli altri elementi come insolazione, piovosità, ventosità e nuvolosità sono altrettanto fondamentali per la crescita delle piante.
Le temperature minime sotto le quali la vite non si sviluppa dipendono dalla varietà del vitigno, ma si attestano intorno ai 10° C.
La qualità e natura del suolo è una delle controversie più dibattute dagli enologi, tra chi esalta l'importanza della temperatura e chi la presenza più ricca di sali minerali.
Entrambi hanno ragione se si pensa che le diverse condizioni ambientali in tutto il mondo consentono la produzione di una quantità cosi variegata di vini, tutti di ottima qualità, tale da far si che questa bevanda riesca ad adattarsi alle moltissime esigenze del consumatore e a cucine le più diverse tra loro.
Nessuna bevanda come il vino può accompagnare tutti i pasti, dalle entrate fino ai dolci.
Il vino comincia dalla vigna recita un vecchio detto francese e il terreno è la miscela di minerali e materiali organici che fornisce la linfa vitale, gli aromi e i profumi che fanno del vino una bevanda speciale.
I sassi e la ghiaia aiutano a immagazzinare il calore durante il giorno per rilasciarlo nella notte oltre che a favorire il drenaggio, mentre il limo, la sabbia e l'argilla in particolare aiutano a trattenere l'acqua e sono ricche di sali minerali.
A seconda della varietà di vitigno i risultati sono diversi. Il Pinot nero ad esempio preferisce terreni più ricchi di calcare e più freddi mentre il Nebbiolo si trova bene nei climi caldi e soleggiati molto argillosi a quote più elevate.
Un altro fattore importante per una produzione di qualità è la resa delle uve che non deve essere troppo elevata per non disperdere la concentrazione di zuccheri e sapori.
La vinificazione in rosso
Alcuni produttori lasciano macerare anche i raspi, affermando che questo dia struttura al vino.
La macerazione serve a conferire il colore rosso al vino e la robustezza in quanto il pigmento e i tannini vengono apportati dalle sostanze (gli antociani) e i tannini presenti nella buccia e nei vinaccioli.
La prima fermentazione e macerazione ha in genere una durata che va da una a tre settimane per vini di grande pregio, e al contrario della produzione in bianco dove si deve assolutamente evitare la presa di colore, in questa fase i margini di manovra sono molto ampi, sia nei tempi che nelle tecniche.
Alcune aziende preferiscono una macerazione e fermentazione breve, altre più lunga, altre ancora preferiscono spingere il cappello del mosto verso il basso due o tre volte al giorno per avere una estrazione dei tannini più delicata.
La temperatura di fermentazione varia tra i 23 e i 28°C.
Una volta fermentato il mosto, viene effettuata la spillatura del vino fiore, o svinatura, per estrarre il vino, mentre le parti solide del mosto vengono torchiate per recuperare il vino rimasto al loro interno.
Il tutto viene poi affinato in botti o contenitori in acciaio dopo la sedimentazione e il travaso.
Un'altra importante operazione effettuata è la fermentazione malolattica, ovvero la trasformazione dell'acido malico in lattico per ammorbidire il vino. Il termine fermentazione, anche se usato correntemente, non è appropriato in quanto non si tratta di una seconda fermentazione ma di una conversione chimica con evento fermentativo.
Questo processo è molto importante in quanto l'acido malico produce dei sapori aspri e decisi nel vino che possono pregiudicarne la bevibilità.
Il vino deve essere quindi pastorizzato e filtrato per eliminare tutti i batteri che postrebbero intaccarlo.
Il tutto viene poi affinato in botti o contenitori in acciaio dopo la sedimentazione e il travaso.
Il vino è a questo punto pronto per la vendita o l'invecchiamento.
Macerazione carbonica
È un altro metodo per effettuare la macerazione operato inizialmente per la produzione di novelli e Beaujolais.
Consiste nel porre i grappoli interi e non diraspati per un tempo che va da qualche ora a qualche giorno, in un contenitore chiuso ermeticamente saturo di anidride carbonica.
Grazie all'assenza di ossigeno si ha una fermentazione intracellulare la cellula sarà costretta a cambiare metabolismo e a “respirare” l'acido malico che sarà notevolmente ridotto rispetto alla vinificazione tradizionale, mentre la percentuale di glicerina sarà più alta.
Questa tecnica permette un'estrazione completa di tutti gli elementi della buccia e dei vinaccioli, producendo cosi dei novelli con gusti e profumi decisi ma morbidi senza dover ricorrere all'invecchiamento.
Per la legislazione italiana tutti i novelli devono essere prodotti con questa tecnica per almeno il 30%, mentre la Francia, di gran lunga piu restrittiva, obbliga la lavorazione con macerazione carbonica al 100%.