[Articolo scritto in collaborazione con Simonetta Bitasi, per la rubrica Mamma, mi leggi? della Webzine Sul Romanzo n. 1/2013]
Prima di qualsiasi accusa e discussione, però, mi tocca chiarire il tema dell’articolo. Mi viene meglio attraverso la descrizione di quello che faccio, anche se non so mai darvi un nome preciso. Nei questionari prestampati, alla voce “professioni”, io devo mettere “altro”. Poi, quando sono costretta a dare una definizione, scrivo: consulente letteraria. Perché il termine consulente vuol dire tutto e niente. Insomma, io leggo e poi dialogo con i lettori. Scambio idee e suggerimenti, compilo bibliografie ragionate e cerco di fornire ai lettori un panorama più ampio possibile delle tantissime proposte editoriali.
S.V. Sorrido, pensando a Simonetta che fa promozione, ma in realtà fa “altro”; forse, ha ragione quando pensa alla scuola come a un luogo in cui di solito non si riesce a promuovere la lettura. Mi piacerebbe, però, visto che nei prossimi articoli parleremo anche di “buone pratiche”, partire proprio dall’esperienza della classe. Mi pare si dovrebbe iniziare da un punto fermo: l’insegnante, se può, dovrebbe dedicare del tempo in classe a leggere senza commenti, senza domande, senza esercizi; solo leggere, per il puro piacere di farlo, per trasmettere storie. Dovrebbe anche creare un ambiente diverso dal solito setting scolastico: via i banchi e le sedie, ecco arrivare le coperte e i cuscini, e tante storie, come un regalo settimanale, un appuntamento fisso che, forse, servirà a familiarizzare con la lettura. Ma di questo non so cosa pensi Simonetta.
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