La prostituzione di Venere: da Tiziano a Manet...e oltre

Creato il 16 luglio 2012 da Alessandro Manzetti @amanzetti

Edouard Manet non poteva certo mancare tra i protagonisti di Mezzotints, ho deciso dunque di "togliermi il dente" dedicandogli questo articolo di approfondimento di due fra le opere più celebri dell'artista: "Olympia" e "Le Dejeneur sur l'herbe", attraverso l'accostamento con le opere di Tiziano che le hanno ispirate, la "Venere di Urbino" e "Concerto Campestre", viaggiando nel tempo per oltre 350 anni. Ma il viaggio che propongo oggi è ancora più lungo; l'argomento scelto mi offre una facile scusa per estendermi su varie epoche e stili,  seguendo uno speciale filo conduttore che lega insieme cose tanto diverse: Venere, in primis, e la rappresentazione della donna e della bellezza nel mondo dell'arte. Sarà così  possibile iniziare il viaggio da Botticelli e Giorgione, soffermarci più avanti su Manet e Tiziano, che rappresentano il cuore di questo approfondimento, passare velocemente da Matisse, Chagall e altri grandi interpreti, per chiudere con le forme di Picasso e le post odalische di Botero. Poi si potranno disfare le valigie, rimpire di nuovo armadi e cassetti, e tornare alla realtà.

Come dicevo (scrivevo) poco fa, un piccolo omaggio a Manet era dovuto, per chi come me qualche anno fa è entrato al Museo d'Orsay di Parigi (in fretta e furia) per correre subito davanti a un'opera, attraversando e  ignorando tanti altri capolavori. Quell'opera era l'Olympia di Manet, che fino a allora avevo ammirato solo sui libri d'arte, attraverso le fotografie che sono molto ingannevoli, sia nei colori che nelle dimensioni. Sono rimasto a lungo davanti a Olympia, senza mai avvertire un indebolimento delle forti emozioni che l'opera sprigionava. Poi fui costretto a abbandonare quello sguardo magnetico, che penetra come un coltello nei sensi di qualsiasi osservatore; ero entrato in ritardo al museo, avevo poco tempo ancora prima della chiusura e tante altre opere da ammirare. Ma Olympia era stata, come doveva essere, la prima.

Il titolo dell'articolo parla di prostituzione di Venere, ma non è una semplice provocazione, si tratta della realtà. Prima di entrare in dettaglio sulle opere di Manet, e sui paralleli con Tiziano, ho pensato che fosse necessaria una piccola overture. Per questo motivo trovate pubblicate, sopra e sotto queste righe, alcune opere di Botticelli (con l'iconica Nascita di Venere), di Giorgione (con la Venere dormiente, che splendidi colori), Tiziano (con la Venere di Urbino, la pre-Olympia che ritroveremo più avanti), Goya, Ingres (con la Grande Odalisca dalle linee raffaelliane) che faranno da grande affresco introduttivo. Dalla nascita di Venere in poi queste prime opere rappresentano (in sintesi) il tortuoso percorso della pittura verso l' interpretazione della femminilità, partendo dalle allegorie dei miti per arrivare, molto più avanti, alla rappresentazione della donna moderna. Questa prima parte di immagini ci aiuta a scoprire i primi passi di questo percorso, che poi cambierà improvvisamente strada e concezioni dopo il 1865, con l'esposizione dell'Olympia di Manet al Salon des Refuses a Parigi. Tra lo sdegno del pubblico e della critica.





Arriviamo dunque alla Olympia di Manet, che trovate sopra in parallelo alla Venere di Urbino di Tiziano. Cosa c'è di tanto nuovo, di rivoluzionario, in quest'opera, apparentemente innocua? Se riusciamo a entrare nella testa del pubblico, della cultura targata 1865, potremo avere un'idea di quello che può aver suscitato lo sguardo di Olympia, nel mondo dell'arte ma anche nella visione della vita e della donna stessa. Ma andiamo per gradi. La Olympia fu esposta al Salon (mostra di artisti contemporanei, presieduta da una giuria che decideva quali quadri esporre) del 1865. Il dipinto fu sistemato dai giudici della mostra in un angolo nascosto della sala, ma questo non impedì all’opera di essere oggetto di grande curiosità del pubblico, e soprattuto, di essere letteralmente sommersa dalle critiche. L'accusa mossa a Manet era di immoralità dell'opera, la stessa reazione si era guadagnata due anni prima l'opera Le dejeneur sur l'herbe.
Manet di fronte alla forte reazione del pubblico e della critica affermò di aver voluto attualizzare La Venere di Urbino di Tiziano, da lui copiata al Louvre anni prima. Tra i pochi "difensori" dell'Olympia c'è Émile Zola, che scrisse un pamphlet intitolato Manet sulla rivista La Revue du XXème siècle.  Ma perchè l'opera diede tanto scandalo? Semplice da comprendere, se si indossano gli abiti culturali dell'epoca. Olympia rappresenta una donna nuda, una prostituta in un letto disfatto, con un crudo realismo in forte contrasto con i veli mitologici finora adottati dall'arte. Venere, e con lei tutte le altre dee che incarnavano eterei ideali femminili di bellezza, scompare; Manet la sostuisce con una donna vera, addirittura con una prostituta. La visione tradizionale del nudo viene travolta, come già avvenuto con l'opera precedente Le dejeneur sur l'herbe, che aveva già dato prova di realismo, ma in modo meno provocatorio. E' lo sguardo di Olympia a creare imbarazzo e tensione, uno sguardo che sfida le regole. Uno sguardo che poteva essere osservato solo in alcuni ambienti, nascosti dalle convenzioni sotto il pavimento della realtà. Olympia era inoltre il nome d'arte di molte prostitute parigine, il quadro scoperchiava le abitudini.

la Venere di Tiziano è rassicurante, lontana nella sua arcana dimensione, perfetta nelle dimensioni, mentre Olympia è arrogante e sprezzante, guarda direttamente negli occhi lo spettatore senza timore, incastonata in uno squallido scenario come quello di un posto di lavoro, frequentato da molti dei critici spettatori del Salon. Nonostante Manet adotti la posa classica, con uno schema compositivo tradizionale del dipinto con il letto e il corpo della donna visti longitudinalmente, Olympia viene rappresentata dall'artista con un corpo acerbo e sgraziato, niente a che vedere con la perfezione delle forme di Venere, ben più vicina allle fotografie pornografiche dell'epoca che circolavano segretamente nei salotti mondani. Le critiche non convergono solo sulla volgarità del soggetto, che per la schiettezza del personaggio ricorda la Maya Desnuda del Goya, ma anche sull'uso del colore, dei chiaroscuri e delle opposizioni cromatiche. Manet si pone all'opposizione sotto più punti di vista, in questo caso accademici.
Via il classico sorriso e i valori romantici, Olympia ci guarda e sembra reale, il gatto ai suoi piedi (guardate bene a destra del dipinto) sostituisce il cagnolino della Venere di Urbino; a simboli di fedeltà Manet preferisce icone di libertà e indipendenza. L'artista in questa nuova comunicazione di valori è molto attuale, l'emancipazione delle donne muove i primi passi proprio in quel periodo. L'ideale divinizzato, la languidezza, gli archetipi di bellezza che hanno dominato l'arte figurativa iniziano a sbriciolarsi. gli ambienti rinascimentali sono sostituiti dalle pareti, dal letto di una casa di tolleranza. Manet osa, ancora più che nel Le dejeneur sur l'herbe, crea una frattura insanabile con il passato e una nuova visione artistica, che sarà, come vedremo, interpretata a sviluppata da molti altri grandi autori, finalmente liberi di esprimersi. Manet, lasciando prostituire la "passiva" Venere,  in un colpo solo evoca una doppia libertà, quella femminile e quella artistica.

  L'uso dei colori, nella sua stesura uniforme e la modellazione delle linee, vengono subito definite dai critici "primitive", sono anch'esse una innovazione nell'arte, ispirate dalle stampe giapponesi molto in voga all'epoca (insieme alle foto pornografiche) che hanno dato vita a grandi variazioni e nuovi modelli cromatici. Sono le tonalità a esprimere i volumi, più che i tradizionali chiaroscuri. Il mazzo di fiori, tenuto dalla donna di colore, è una esplosione impressionista che Manet ci regala, che solo da una visione d'insieme acquista un senso figurativo. Olympia racchiude  tante rivoluzioni, comprenderete ora il motivo che mi ha spinto, di corsa tra i corridoi e le scalinate del Museo d'Orsay, davanti a quest'opera. Sotto trovate un paio di disegni di Daumier che testimoniano le reazioni del pubblico dei Salon, davanti ai primi "veri" nudi dell'epoca.
Le Dejeneur sur l'herbe (colazione sull'erba), tema che sarà poi ripreso anche da Monet e Picasso,  è stato esposto da Manet al Salon des Refeses nel 1863, due anni prima dell'Olympia. In questo caso il parallelo con Tiziano è con l'opera Concerto Campestre, del 1510. Altro parallelo interessante che potrebbe essere proposto è quello il Giudizio di Paride di Raffaello, opera purtroppo scomparsa, testimoniata solo da una incisione di Raimondi, o alla Tempesta di Giorgione. Anche nel Dejeneur sur l'herbe la frattura con il passato di Manet è decisa, le divinità vengono trasformate in parigini contemporanei, in compagnia di una donna nuda. La trasposizione dell'artista del mito nell'epoca moderna fa scalpore, non solo per il contenuto considerato osceno, ma anche per le tecniche pittoriche utilizzate, proprio come per l'Olympia. Le regole accademiche non fanno per Manet, lo dimostra anche in quest'opera per la mancanza dell'uso canonico dei chiaroscuri (affidati alle fronde degli alberi e alle trasparenze dell'acqua), per la stesura uniforme del colore, per la tecnica di diffusione della luce; luce e ombra si sovrappongono, e influenzano, a vicenda. Le macchie di colore che fanno da sfondo, costruite da veloci pennellate, sono decisamente impresssioniste.
A Manet viene rimproverata l'esposizione degli abiti d'epoca, della realtà frivola, nuda e cruda, in luogo dei tradizionali scenari classicheggianti.  Manet non sarà compreso dalla critica per quest'opera, una ulteriore prova, oltre che della loro cecità, del carattere della sua filosofia artistica, che si delinea come ricerca di emozioni, più che di logore allegorie. Una visione rivoluzionaria, più che sovversiva, della stanca arte contemporanea. Undici anni dopo l'esposizione del Dejeneur sur l'herbe al Salon des Refuses, sarebbe stata organizzata la prima mostra impressionista.

La porta spalancata da opere come  Dejeneur sur l'herbe  e Olympia di Manet avrebbe poi lasciato passare molti altri artisti, regalandoci nuove affascinanti interpretazioni del nudo, della bellezza femminile. La logora e passiva Venere è ormai abbandonata, i colori e le linee di tanti artisti ci porteranno, fino ai nostri giorni, alla donna moderna, con tutte le sue complessità. Sotto tovate una carrellata di opere a tema, che offrono una certa immediatezza sul percorso aperto da Manet e sui suoi sviluppi di Gauguin, Matisse, Chagall, Modigliani, Magritte, Picasso, Botero e tanti altri che non ho potuto documentare per mancanza di spazio.








 

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