La protesta del Regio a Torino

Creato il 11 maggio 2010 da Nenet

In scena il concerto “anti Bondi”
I sindacati: occuperemo il Regio
Assenti quasi tutti i politici alla nuova protesta contro il decreto.
Il pubblico solidale con i lavoratori mentre risuonano le arie di Verdi Puccini e Donizetti

di CLARA CAROLI

I sindacati degli orchestrali del teatro Regio sono infuriati contro il ministro Bondi: ieri hanno organizzato un concerto antidecreto davanti a un migliaio di spettatori, infreddoliti e solidali e nessun politico (ad eccezione del presidente della commissione cultura del Comune Cassiani). Dicono i sindacalisti: “Non è giusto che Torino paghi anche per la gestione fallimentare di altri enti lirici. Siamo pronti a occupare il Regio”.

Le note della protesta

E un musicista ha scritto a Brunetta: “Ecco un fannullone, al mattino spazzino e alla sera strumentista”. Bondi vergognati, l’irresponsabile sei tu”. Lo striscione è appeso sulla facciata del Teatro Regio, in mezzo ai titoli della stagione, tra il “Barbiere di Siviglia” e il “Peter Grimes”. Quelli nell’atrio delle carrozze, dove coro e orchestra stanno mettendo in scena il “concerto anti-decreto”, davanti a un migliaio di spettatori infreddoliti, non sono da meno. “Ei Fus siccome immobile”, “La cultura non è un pranzo di gala”. Intanto fuori piove. Governo ladro, si sa. Ma forse è anche colpa del vulcano islandese.

Il ministro firmatario del “decreto killer” (blocco delle assunzioni, blocco del turnover, blocco degli integrativi), qui come ovunque in Italia dove tutti i teatri d’opera sono in agitazione, è il bersaglio della protesta. Persino le guide delle comitive in visita alla Sindone, quando arrivano davanti al Regio fanno un piccolo comizio. “Sono i lavoratori del teatro che protestano contro il ministro Bondi – spiegano ai pellegrini – Sono musicisti ai quali lo Stato non dà più la possibilità di lavorare”. Un turista tedesco mostra sull’iPhone un’intervista rilasciata da Zeffirelli, il regista, al quotidiano Suddeutsche Zeitung. Titolo: “La riforma di un ignorante”.

La questione è politica ma i politici non ci sono. Il solo rappresentante di Palazzo Civico è il presidente della commissione Cultura, Luca Cassiani: “Sono qui per solidarietà con i lavoratori, penalizzati da un decreto che scarica su di loro tutto il peso della riforma”. Non c’è il sovrintendente Walter Vergnano, sceso altre volte al fianco dei suoi dipendenti e oggi bloccato da un grave problema familiare. Assenti anche il nuovo assessore alla cultura della Regione, Michele Coppola, e il presidente Roberto Cota, più volte invocato dai sindacati. “Abbiamo chiesto al governatore un impegno a far sentire la nostra voce a Roma – dice Pietro Gabriele della Cgil – I lavoratori incidono solo per il 52 per cento sul bilancio del Regio. Non è giusto che Torino paghi anche per le gestioni fallimentari di altri teatri”.

Nell’atrio delle carrozze ci sono uomini, donne, bambini e persino cani. Del Teatro tutti, il coro, l’orchestra, le segreterie, l’ufficio stampa, i macchinisti e le macchiniste (il Regio è il primo ente lirico ad aver aperto il settore tecnico alle donne). Le arie del belcanto sono soavi, al contrario dell’umore dei lavoratori. “Dov’è il sindaco?” si chiedono. “Dov’è il sovrintendente?”. E intanto i maestri dirigono (Daniele Rustioni e Sandro Galoppini), i solisti cantano, gli strumentisti suonano. Rossini, Donizetti, Verdi. Per risarcire il pubblico dell’”Elisir d’amore”, che doveva andare in scena ma è saltato a causa dello sciopero.

La signora Mariacristina Stura, un’abbonata fedelissima, è venuta lo stesso e ora siede con alcune amiche sul marmo gelato davanti al Teatro. “Capisco la protesta” dice. Domenica prossima, manifestazione nazionale. I sindacati sono sul piede di guerra. “Faremo saltare anche la prima di Bohème – minacciano – e, se sarà necessario, occuperemo il teatro”.
“Il nostro è un mestiere altamente specializzato, non siamo fannulloni” spiega Giulio Arpinati, violoncello dell’orchestra e rsu Cgil – Manifestiamo per difendere l’opera non i nostri presunti privilegi”. Finisce che sono gli orchestrali, come altre volte registi o attori, in mancanza dei politici, a fare il comizio. Applausi di solidarietà dal pubblico. Finale con il coro del “Nabucco” e lungo applauso liberatorio. In attesa di altri scioperi.

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