Viola, al contrario di Peri, non era per niente gelosa del fratello, anzi, lo schifava con tutto il cuore. Non ho mai ben capito le radici di quell’odio ma mi sembra di ricordare che c’entrassero le selezioni dello Zecchino d’Oro. Pare che la piccola Viola, vinta dall’emozione, avesse annaffiato il palco con una lunga pipì e che il fratello lo avesse spifferato a tutto il mondo e, nel caso in cui a qualcuno non fosse stato chiaro, aveva corredato il resoconto di un ritrattino della sorella con microfono e laghetto giallo ai propri piedi.
La vendetta di Viola contro Caino iniziò da quel momento in poi.
A sette anni gli mozzò lo spadino del costume di Zorro, a dieci gli mise a mollo l’album Calciatori 85-86, appena completato con l’introvabile figurina di Laudrup, a dodici gli vuotò un pacco di zucchero nel serbatoio del Ciao.
Probabilmente Viola avrebbe anche dimenticando il tradimento dello Zecchino, ma devo dire che il fratello persisteva in atteggiamenti parassitari e fastidiosi. Una tosta come lei non poteva tollerare di essere imparentata con uno streptococco. Quindi aveva deciso di buttarlo fuori da quella casa, vivo o morto.
Per superare il gap fisico che li separava, Viola, che aveva tre anni meno del fratello, si specializzò in arti marziali. Quando uscì il film Kill Bill, i genitori la trattennero a stento dal volare in Giappone per procurarsi una spada katana.
Quando la conobbi io, Viola era tutta un fascio di muscoli e nervi. Il mio ex invece aveva messo su un bel fisico da allevatore di lumache.
Consapevole della sua inferiorità, era terrorizzato dalla sorella e cercava di ingraziarsela come poteva: regalini, fiori, complimenti. Questo non faceva che renderlo più viscido agli occhi di Viola e un po’anche ai miei. A me che ero la sua ragazza non regalava mai niente. Forse per ottenere qualcosa anche io avrei dovuto stampare la mia suola destra su quella sacca di ricotta che portava sotto il maglione.
Comunque se questa era la considerazione che Viola aveva del fratello, immaginate quella che poteva avere di me.
Ha dato segno di accorgersi della mia presenza poche volte, e non è stato mai molto piacevole. Una di queste meno delle altre. Mentre io e suo fratello eravamo seduti sul divano a guardare un film, Viola irruppe nel salone con la bava alla bocca.
“Pezzo di merda, hai usato di nuovo il mio cordless!”
“Io? No, te lo giuro!”
Ma che cuor di leone. Lo avevo visto io giocherellarci solo per il gusto di farla in barba alla sorella.
“Sì, e lo hai graffiato con questo anello da tamarro che porti al dito!”
“Ma vedi che ti sba…”
Il cordless gli volò giusto in bocca. A quel punto l’ameba ebbe un moto di rivolta.
“Brutta troia mi hai spaccato un labbro!”
Ecco qui, adesso ci ammazza.
Mi ero appena catapultata dietro il divano quando sentii prima un “toc” secco, poi una serie di colpi, lamenti e rantolii.
Il mio ex le stava prendendo di brutto da una Viola Karate Kid.
E chi si azzardava a levarglielo da sotto.
Quando feci capolino dal mio nascondiglio, lui era a terra in posizione verme-pallina e lei continuava a calciarlo come un vecchio tappeto. Mi fece pena e tentai una debole mediazione: “Vabbè, dai, ormai è praticamente morto…”
Viola mi guardò come se avesse appena registrato la mia presenza e sibilò:
“Stai zitta velina, questo stronzo lo picchio da una vita e non muore mai.”
Non so se rimasi più colpita dal ripetuto tentativo di omicidio o dal fatto che mi avesse chiamata velina. Cioè, immagino non volesse essere un complimento, ma della velina non ho neanche il nervo sciatico. Probabilmente per lei il mondo femminile era suddiviso in combattenti e veline. Embè, e allora sì. Mi meritavo la categoria.
Ci fu un periodo in cui la picchiatrice si calmò. E il suo calmante si chiamava Gaspare. Per il mio ex fu un periodo d’oro. La sorella prese a rivolgergli la parola, sempre accompagnata da “deficiente”, ma era già qualcosa. Una volta lui le macchiò un libro posato sul tavolo con la tazzina di caffé. Provò a far sparire il cerchietto marrone con acqua, candeggina, borotalco. Ma fece solo peggio, il deficiente, appunto. Quando si preparava ormai a fare testamento, la sorella entrò in cucina, prese il libro, guardò la macchia e sospirò. Poi se ne andò senza aggiungere altro.
Qualcuno quel giorno accese un cero a San Gaspare.
Ormai i rapporti tra loro erano così rilassati che Viola gli chiese addirittura di aiutarla nell’acquisto di un nuovo pc portatile. Lui gasatissimo navigava su Internet giorno e notte per trovarle la migliore occasione. Finalmente saltò fuori l’annuncio di un computer praticamente nuovo che il proprietario vendeva alla metà del prezzo di mercato poiché la ditta che lo aveva appena assunto glie ne aveva fornito gratuitamente un altro.
“Queste sono le occasioni da prendere al volo!”
“Sei sicuro deficiente? Io lo avrei preferito nuovo.”
“Ma questo è nuovo, solo che lo pagherai la metà! Andrò personalmente a prenderlo e lo rivolterò come un calzino. Stai tranquilla, tuo fratello fa le cose per bene.”
“Su questo ho un mucchio di dubbi, deficiente. Comunque questi sono i soldi. Vai e torna con il computer.”
Andammo insieme a ritirare il pc a casa del ragazzo, che fu molto gentile e disponibile. Talmente tanto che il mio ex ritenne poco carino mettersi lì e fare le pulci a quel bel portatile lucente, effettivamente intonso.
Tra una chiacchiera e l’altra, acquirente e venditore scoprirono di avere un sacco di cose in comune.
Ma in un altro punto della città, in quello stesso momento, due persone scoprivano invece di non aver più nulla in comune: Gaspare e Viola.
Quando tornammo a casa con il gioiellino sotto braccio, Viola era tale anche in volto.
“Muoviti idiota, accendi questo coso e levati dai piedi.”
Il fratello intuì che l’effetto Gaspare era svanito e cominciò a tremare con le dita.
Quando il pc si accese rivelando uno schermo limpido e azzurro come il cielo, tirai un sospiro di sollievo.
Ma Viola non battè ciglio.
“Sì, sì, va bene, ma adesso sparisci che c’ho un mal di testa bestial…MA CHE ROBA E’!?!”
Sul desktop stava scendendo la notte. Una banda nera si allargava sempre di più dall’alto verso il basso. Quando il buio fu totale, da un angolo dello schermo spuntò una pantegana con una mascherina sugli occhi, tipo ladro. Il roditore ci guardò per tre lunghissimi secondi, poi fece un cattivissimo ghigno e scomparve in un sinistro lampo di luce.
Il pc era morto. E anche noi.
Viola aveva speso cinquecento euro per essere derisa da una pantegana.
Prima che il fratello potesse fiatare, Viola partì con una gomitata laterale che lo fece ruzzolare dalla sedia. Che tempra, eh? Poi afferrò il cadavere informatico e glie lo scagliò sulla schiena. Infine prese uno dei fili che fuoriuscivano dalla scatola e cominciò a frustarlo come solo una negriera appena mollata dal fidanzato può fare.
Per fortuna intervenne la madre a fermare la carneficina, altrimenti sarei diventata…boh? Una protovedova?
Da quel momento in poi Viola divenne inavvicinabile. Io non salii mai più a casa loro, ma potevo vedere gli effetti del suo malumore sul mio ex.
Ormai la mia formula per salutarlo non era più "tutto bene?" ma "tutto intero?".
Lui si tastava le costole e poi rispondeva.
Se state provando pena per quest’ex-emplare, vi sbagliate.
Decine di volte gli chiesi perché non se ne andava di casa – visto che aveva la possibilità e soprattutto l'età -invece di continuare a prenderle come un somaro.
Vi riferisco qualche risposta in ordine sparso:
“Perché non so farmi da mangiare”
“Perché a casa mia c’è Sky”
“Perché non so farmi il nodo della cravatta”
“Perchè l’impianto Dolby Surround in camera mia mi è costato mille euro”
“Perché a casa solo io so leggere il contatore dell’acqua”
E l’ultima…
“Perché ormai al servizio abbonamenti di Quattroruote ho dato questo indirizzo.”
Embè, allora vai Viola, picchia duro.
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