"La qualità dell'offerta culturale" di ANTONIO CASTRONUOVO

Creato il 05 gennaio 2012 da Caffeletterariolugo
Viviamo in un territorio la cui offerta culturale è decisamente ampia. Certo, le politiche culturali devono fare i conti con i tagli economici, ma – anche grazie alla collaborazione dei privati – non possiamo lamentarci. C’è insomma molto, e ce n’è per tutti i gusti. Se solo pensiamo ai due principali centri del territorio – Imola e Lugo – è facile constatare che esistono numerose istituzioni “al lavoro”, al fine di assicurare alla cittadinanza un’offerta eterogenea. Qui a Imola esiste un Assessorato alla Cultura la cui attività è intensa, anche brillante: non esito a dire, soprattutto a chi emette giudizi critici su questo istituto, “ce ne fossero” di assessorati così vivaci. C’è poi un ventaglio di istituzioni (il Teatro, la Biblioteca, la Pinacoteca, Università Aperta) e di società più o meno private (come quelle molto attive di ambito melico, come il Circolo della Musica, L’Emilia-Romagna Festival o l’Accademia Pianistica; ma anche sodalizi di interesse letterario o cinematografico) che fanno la loro parte per collocare Imola tra le città italiane più attive nel creare occasioni di fruizione culturale. Per parte sua, Lugo vede due centri principali di cultura: il Teatro Rossini e la Biblioteca Trisi.In ambedue le città, le stagioni di prosa e quelle musicali hanno un andamento assai positivo e continuano a fare il pieno di abbonati. Non credo di sbagliare se annoto che a Imola la stagione di prosa è talmente gradita da obbligare a un numero alto di repliche per ogni spettacolo: non credo che accada in molte altre città italiane. Le biblioteche di Imola e Lugo aumentano di anno in anno il numero dei prestiti, toccando quantità elevate, e non solo: si fanno promotrici di eventi (come le presentazioni di libri) assai seguiti. A Lugo è da alcuni anni sorto un “Caffè Letterario” che, grazie alla collaborazione con un privato (l’Ala d’Oro), organizza una serie invidiabile di appuntamenti con grandi autori, un esperimento consolidato che ad esempio a Imola ancora manca, e che fa di Lugo una cittadina all’avanguardia nel campo dell’offerta “letteraria”.Dunque le politiche culturali, tra Imola e Lugo, sono certamente vivaci, anche se tra i cittadini c’è chi ritiene che si faccia poco o semmai vorrebbe iniziative anche diverse ma, come capita in ogni grande famiglia, c’è sempre il singolo scontento. Io credo, in generale, che l’offerta culturale del territorio riesca a mantenere aspetti di varietà e piacevolezza da non sottovalutare. In generale questa offerta riesce a rendere partecipe il fruitore di buone, anche ottime esperienze conoscitive, e ciò ottempera al compito primario della politica culturale: fondare la forma “accettabile” della qualità della vita, in considerazione del fatto che la cultura è un momento indispensabile per il singolo. Non basta, anche riguardo al fatto che ogni espressione culturale contiene in sé una matrice civile, perché la cultura gode della capacità di scuotere chi ne fruisce, e assurge così a momento di maturazione civile del cittadino.Ed è su questo punto che semmai può esercitarsi l’idea di ognuno di noi. Se la cultura è un momento di maturazione civile, è chiaro che le politiche culturali non devono mai perdere di vista quel fine costruttivo: ed è proprio su come dovrebbe girare il cardine dell’intero meccanismo che le visioni si discostano di qualche metro. E qui allora mi permetto di esprimere la mia personale, e perciò opinabile idea.Le politiche culturali si sono un po’ adagiate sulla concezione globalizzata della cultura come spettacolo. Questo rischia secondo me di “abbassare” la cultura perché (uso una bella frase di Camus) «tutto ciò che degrada la cultura abbrevia il tragitto che porta all’asservimento». È una cosa che tutti sappiamo, e da sempre. Su questo punto va dunque fatta molta attenzione: ci lamentiamo spesso dell’attuale banalizzazione “globale”, tentiamo allora di non piegarci del tutto ai suoi dettami e teniamo sempre in vista l’inderogabile necessità di non degradare la cultura, se davvero non vogliamo creare dei cittadini “asserviti”.Torna dunque alla ribalta qualcosa che abbiamo in passato colpevolmente denigrato: la qualità dell’offerta. Solo la qualità può trasformarsi in corretta educazione civile. Il mio invito a chiunque abbia il compito di decidere le politiche culturali è di non escludere mai la qualità dal proprio orizzonte. Non è vero che la qualità è “elitaria”: se anche reclama dallo spettatore lo “sforzo critico”, essa contiene in sé il germe della crescita e della gratificazione. Quel che noto è una tensione già in atto di “ritorno” verso la solidità dell’offerta culturale. E ciò non può che farmi piacere.Antonio Castronuovo

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