Sappiamo tutti quanto sia importante la qualità. Da tempo si ripete che un editore di se stesso deve per forza puntare su di essa se vuole essere preso sul serio. Tutto giusto, non voglio essere io a dire il contrario.
Però spostiamo l’attenzione da noi stessi, dal nostro lavoro, e mettiamoci nei panni di un cliente (un lettore, una lettrice quello è: un cliente). E cerchiamo di capire come ragiona. Soprattutto, come appaia ai suoi occhi il nostro lavoro.
Prima di tutto: esiste un solo autore esordiente che non parli di qualità, riferendosi al suo libro? Non esiste, esatto. Non c’è sulla faccia della Terra una sola voce che scriva, e poi dica presentando la sua opera:
“Eh, non è granché, anzi, fa proprio schifo. Pazienza. Compratelo comunque.”
Tutti siamo persuasi di scrivere storie di qualità. Quindi questo elemento, essenziale per noi, agli occhi della lettrice, del lettore, non dice nulla. Siccome tutti parlano di qualità, questo non è un elemento in grado di separarti dagli altri, di distinguerti dalla concorrenza.
Lungi da me l’idea di proporti di infischiartene: cerco solo di farti comprendere come, a occhi estranei, appaia il tuo lavoro. Del tutto identico a centinaia, migliaia di altri libri. E questi occhi estranei non vedono un motivo al mondo per spendere quei pochi euro, e darti una possibilità. Forse perché tu non glielo fai vedere; o forse perché non esiste proprio.
Non solo.
Diciamo che tu hai venduto una dozzina di ebook. I tuoi acquirenti sono rimasti impressionati dalla tue storie, dalla scrittura, eccetera eccetera. Bene: e adesso? Chi non ha comprato le tue storie, non sarà minimamente indotto a dare un’opportunità a esse, perché, sì, certo, è tutta roba di qualità.
Però non lo sa. Non ha acquistato e non scorge il motivo per farlo. Sei un altro che propone il suo prodotto, ovviamente infarcito di qualità.
E dove sarebbe la notizia?
Investire sulla qualità è come produrre automobili e magnificare il fatto che montino le ruote: è ovvio che le abbiano, no?
Il tuo prodotto deve sfoggiare alcune caratteristiche (oltre la qualità) che i lettori, le lettrici, non trovano altrove. Vogliamo fare un esempio, che però non ha a che vedere con la scrittura?
Una delle ragioni del successo dell’iPod sono stati i celebri auricolari bianchi. Una campagna pubblicitaria di Apple aveva come oggetto questi, e delle silhouette che danzavano al ritmo di una musica scatenata.
Niente caratteristiche tecniche. Niente indicazioni sul prezzo. Nessun riferimento alla qualità (che c’era). Lì oltre al prodotto, si vendeva qualcosa in più. Un’esperienza che gli altri lettori mp3 (meno costosi) non offrivano affatto.
Tu puoi credere che questa sia la prova che la fine del mondo è prossima, e che si stanno lucidando le trombe del Giudizio Universale.
Oppure, puoi capire questo.
La scrittura di una storia non vive soltanto di qualità, ma di un insieme di altre caratteristiche capaci di colpire i sensi del lettore.
Certo, si potrebbe pensare che un prodotto come un lettore mp3 abbia diversi vantaggi rispetto a una storia. Che, tanto per cominciare, si riferisca a un preciso pubblico. In realtà la faccenda è più complicata di così. Secondo gli analisti non c’era alcun spazio per l’iPod. Né, anni dopo, per l’iPhone.