Le ricerche dei dispersi del naufragio di giovedì davanti a Lampedusa si sono arrestate per il forte vento di scirocco ed il mare a forza 4 che impedisce ai sub di immergersi nel punto in cui è affondato il peschereccio. Solo gli aerei e gli elicotteri della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza riescono a portare avanti l’operazione, alternandosi in volo per controllare lo specchio di mare attorno al punto in cui è avvenuta la tragedia. I sopravvissuti hanno affermato che in mare potrebbero esserci ancora duecento cadaveri.
Stamane è partito dal porto di Lampedusa un corteo di barche di pescatori per gettare una corona di fiori a largo della costa, un piccolo omaggio ai migranti, un cuscino su cui dormire per sempre. Il presidente del Consorzio dei pescatori, Totò Martello, ha affermato che “i pescatori salvano vite” rispedendo al mittente le accuse di non aver soccorso la gente che stava morendo in mare.
Intanto Vito Fiorino, proprietario dell’imbarcazione Gamar, uno dei primi soccorritori che alle 6.30 del mattino di Giovedì era sul luogo della tragedia ed ha lanciato l’allarme alla Guardia Costiera ed agli altri pescherecci della zona, afferma che sulla sua barca erano in otto ed hanno fatto di tutto per salvare quante più vite possibile. Quarantasette è il numero delle persone salve grazie ai loro sforzi. Con rabbia si chiede perché esistono video del salvataggio, “perché facevano riprese invece di salvare la gente?” Se la prendevano alla leggera.
Hanno rifiutato di prendere a bordo qualche persona che avevamo già salvato perché il protocollo, hanno detto, lo vietava”. Le parole sconvolgenti del pescatore continuano ancora più aspre: “Quando siamo tornati al porto carichi di naufraghi abbiamo visto la vedetta della finanza che usciva come se stessero andando a passeggiare. In casi del genere non si va con questi natanti enormi, si va con barche piccole e veloci per pensare di salvare le persone”. Ed infine se la prende con i sindaco che a suo parere ha infangato tutti i pescatori senza distinguere tra quelli che hanno cercato di fare il possibile.
La Procura di Agrigento non ha aperto alcuna inchiesta sui soccorsi prestati in mare ai migranti che erano sul barcone. Nessun fascicolo è stato istruito né su civili né su militari e forze dell’ordine. Una denuncia, stando alle parole del quotidiano La Sicilia, sarà presentata alla Procura militare di Napoli da un generale dell’aeronautica militare in congedo che ha annunciato l’iniziativa per fare chiarezza su chi e perché non avrebbe avvertito la guardia di finanza dell’incidente. Secondo la ricostruzione del giornale, infatti, due motovedette delle Fiamme gialle sarebbero rimaste attraccate al molo.
Il bilancio delle vittime, intanto, mostra l’evidenza del dramma. 111 somali ed eritrei, di cui 58 uomini, 49 donne, 2 bambine e 2 bambini (tra 1 e 6 anni). Tra i 155 superstiti ci sono solo 4 donne. Tra le oltre 400 persone a bordo, a 47 metri di profondità, giacciono nell’imbarcazione affondata i corpi di altre centinaia di persone e, secondo le testimonianze di chi sul quel barcone ha rischiato la vita, i bambini potrebbero essere decine.
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