Diabolico, perfido, geniale. Come altro definire un autore che centra un thriller dopo l’altro, scrivendo storie inquietanti, avvincenti e mai scontate?
Per gli amanti del genere La ragazza nella nebbia assicura appassionanti ore di lettura e un finale soprendente (anche se per una volta sono riuscita, con mia grande soddisfazione, a indovinarlo).
La storia è semplice solo in apparenza: ad Avechot, un piccolo centro alpino nascosto in una valle dove l’inverno gela il respiro e la nebbia avvolge ogni cosa, Anna Lou, una ragazzina di sedici anni, scompare misteriosamente. A investigare sul caso viene chiamato l’agente speciale Vogel, conosciuto dal grande pubblico per aver risolto brillantemente molti casi grazie all’uso spregiudicato dei media. Vogel ha una macchia sul curriculum da cui deve riscattarsi ed è intenzionato a usare il caso per riuscirci.
L’abilità dell’agente di attirare su di sè i riflettori è straordinaria e, in breve, il piccolo paese viene assediato da giornalisti a caccia dello scoop e di un mostro da sbattere in prima pagina.
La giustizia non fa ascolti amico mio. La giustizia non interessa a nessuno.
Come sempre, il motore, potente e inarrestabile, che mette le ali ai libri di Carrisi è “il male”:
Il male è il vero motore di ogni racconto. Un romanzo o un film o un videogame in cui tutto va bene non sarebbe interessante… Ricordate: è il cattivo che fa la storia.
Pensieri che, nel romanzo, Carrisi attribuisce a uno dei suoi personaggi, ma che lo stesso scrittore aveva espresso nella sua ultima intervista a questo blog, uscita lo scorso agosto. Concetti che guidano la contorta escalation di perversione, menzogne e cattiveria che riempiono le pagine di La ragazza nella nebbia, un libro dove l’immaginazione di Carrisi tocca punte da brivido.
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