La realtà e la sua aberrazione (in analogico)
Da Marcoscataglini
Potrei scrivere pagine e pagine di complesse elucubrazioni su come percepiamo la realtà, come la interpretiamo ed, eventualmente, la fotografiamo. E' tutto un gioco di rimandi tra sentimento, sensibilità, capacità tecniche e così via. Noiosissimo. Perciò ve lo risparmio. Però una riflessione su come certi strumenti (fotografici) ci permettano di vedere la realtà, forse può essere interessante. Dunque. Ho costruito una semplice fotocamera stenopeica anamorfica e, qualche giorno fa, sono andato a Piansano in bicicletta (12 chilometri da casa mia, una passeggiata) per testarla. Avevo in mente di riprendere il portichetto rinascimentale che è un po' il simbolo del paese: artisticamente non è proprio un capolavoro, ma è un bell'esempio di decorazione architettonica "di provincia" e, con quelle colonne scolpite e le facce buffe, è un soggetto che a me piace molto. Mi sembrava adatto, insomma. Ecco una foto "normale" realizzata su pellicola con una vecchia ma intrigante Olympus OM1n e un 28 mm.
Sotto gli sguardi perplessi di alcune signore di passaggio, ho "messo su" il barattolino che costituisce la mia fotocamera anamorfica e ho atteso il minuto e mezzo necessario all'esposizione (anche in pieno sole !)...Una volta a casa ho sviluppato il negativo su carta e questo è il risultato.
Certo, il soggetto non è più tanto riconoscibile! Diciamo che a questo punto è l'immagine, percepita come astratta, ad avere valore in sé: mentre la prima foto rappresenta il portichetto in quanto tale, nella seconda foto si prescinde da quello che è il vero soggetto, e si apprezza (o meno!) il grafismo sinuoso. Conclusione: la fotografia stenopeica anamorfica si presta non già a rappresentare un luogo, un monumento, qualcosa, ma a realizzare immagini più o meno astratte in cui le linee, le curve, le varie deformazioni hanno valore proprio, che piaccia o meno. Comunque, ed è la cosa che mi interessava di più... la mia fotocamera funziona!