Il sapere teorico serve spesso a fornire una chiave di lettura per comprendere la realtà che ci circonda e la sua costruzione si basa proprio su una sorta di circolo: osservando la realtà si forma un pensiero, che si struttura a livello astratto e che poi viene ri-applicato alla realtà per spiegarla. Questo procedimento che collega il pensiero alla realtà è messo in atto da secoli, più o meno da quando Talete affermò che il principio di ogni cosa era l’acqua. Non mi sembra eccessivo affermare che fa parte dell’essere umano e della sua capacità razionale. Tuttavia ,le cose vanno bene fino a quando la chiave di lettura intepretativa non diventa l’unica via per mezzo della quale parlare della realtà, ovvero quando il mio pensiero intepretativo diviene ideologia.
Qualche giorno fa ho assistito ad un dibattito-incontro sul tema donne, la forza e la violenza. Ebbene, lì mi si è presentato chiaro e limpido l’esempio di quello che accade quando le lenti intepretative, filosofiche e sociologiche che impieghiamo divengono l’unico e il solo modo per affrontare la realtà. Tutti i relatori e le relatrici (quattro in tutto) provenivano dall’ambiente della ricerca universitaria italiano perciò più o meno abituati al parlare in pubblico e a tenere relazioni, mentre l’uditorio era molto variegato composto da persone di tutte le età e (presumibilmente) con percorsi di studi tra loro eterogenei e di estrazioni sociali differenti. Ora, seppur con molti buoni propositi l’incontro non è stato per nulla un successo.
In primo luogo, ho dovuto constatare che nessuno dei relatori aveva preparato una relazione scritta, che permette di essere chiari, di seguire un filo logico. Di solito si impara subito che anche se devi parlare al circolo della briscola di tua nonna per dovere di chiarezza è bene preparare un canovaccio da seguire mentre si parla. Nemmeno i più grandi parlano a braccio perchè è veramente facile essere confusi e farragginosi. Esattamente quello che sono stati i relatori in questione.
Luke Chueh, “Carne”
Dal punto di vista contenutistico ho dovuto constatare quello che dicevo sopra, ovvero uno di quei casi in cui la chiave interpretativa è così presente, dominante, schiacciante e ingombrante da impedire che l’uditorio capisca effettivamente quello che si sta dicendo.
Tutti i relatori avevano un approccio che potremo definire “foucaultiano”* leggevano la realtà e icambiamenti a cui la nostra società sembra essere soggetta attraverso la chiave interpretativa fornita da questo filosofo francese particolarmente à la page in molti dipartimenti italiani. Ora, se da un lato è giusto e necessario impiegare le teorie convincenti per intepretare la realtà, tuttavia si sfiora il ridicolo quando la realtà viene piegata e modificata per mantenere fede alla suddetta teoria. Perchè così diventa ideologia, dogma e non ha nulla di differente dalla religione. Oltretutto, succede spesso che il pensiero filosofico di qualcuno venga del tutto snaturato dalla ripetizione non ragionata di una teoria che diventa in qualche modo “vulgata” perciò estremamente semplicistica e poco comprensibile.
Prima di impiegare termini come governance, di parlare di soggettivazione di corpi, di neoliberismo, di fine del patriarcato (?), sarebbe necessario definire questi concetti per chi non li conosce, altrimenti si preclude non solo la possbilità di un qualsiasi dibattito (non posso dirti la mia opinione se non siamo nel medesimo terreno concettuale) ma la stessa possibilità di comprendere quello che mi viene detto e spiegato. Senza contare che se ci si volesse aggiungere malafede, potrei pure pensare che quei concetti che impieghi e utilizzi non me li spieghi perchè forse non li hai capiti.
Cosa ha capito l’uditorio e la sottoscritta delle relazioni che sulla carta sembravano così interessanti? Nulla, l’autoreferenzialità degli interventi era troppo alta. E mi chiedo: chi non si occupa di tematiche di genere, chi non sa cosa sia il femminismo o ne ha un’idea limitata o distorta, seguendo un dibattito di questo genere, che idea si fa del femminismo? Di certo non un’idea edificante e positiva.
Quando la teoria schiaccia la prassi, quello che ne risulta è un sapere valido solo per l’accademia, ma che non ha alcuna presa effettiva e utile sulla realtà. Per questo la realtà vale più di mille parole, di mille teorie, di mille discorsi. Se con la teoria invece che spiegare la realtà la rendiamo incomprensibile allora è meglio che prendiamo la nostra bella teoria e la buttiamo nel cesso.