La storia di Aher Arop Bol inizia nel campo profughi di Fugnido (o Panyido) in Etiopia.
Lì si formava, infatti, la “cosiddetta “armata rossa” di migliaia di bambini , che avrebbe
dovuto fornire nuove leve all’Spla di John Garang.
Quando i ragazzini, come gli altri rifugiati, dovettero improvvisamente ripiegare
sul Sud-Sudan per le mutate condizioni poltiche del Paese ospite, ovvero la caduta
di Menghistu nel 1991, si ritrovarono a vivere in massa una lunga e drammatica
avventura senza precedenti.
Il racconto drammatico è narrato con grande realismo nel libro autobiografico “ Il ragazzo perduto”,
edito in Italia da Piemme.
Leggiamo a pag. 46-47 della narrazione:
“Nel frattempo il livello dell’acqua stava salendo e ben presto il fiume fu in piena. Sembrava impossibile che quelli rimasti sulla sponda etiope potessero attraversarlo. I nostri nemici stavano venendo ad ucciderci e noi eravamo in trappola!
Quel pomeriggio, mentre la gente accalcata sulla riva si chiedeva cosa fare, i soldati che avrebbero dovuto proteggerci arrivarono scappando a gambe levate dalla linea del fronte, con le camicie legate in vita.
Evidentemente il nemico aveva fatto terra bruciata dietro di noi.
I soldati della Spla ci ordinarono di tuffarci nel fiume e nuotare se ci tenevamo alla pelle. E, per chi non sapeva nuotare,di seguire il fiume fino a raggiungere il territorio sudanese controllato dai loro compagni.
Promisero che ci avrebbero coperti.
Tra loro riconobbi Salva Kiir Mayardit.Era il comandante della Spla, responsabile per i profughi ed era venuto in visita a Panyido più volte.Ora stava litigando con le sue guardie del corpo che cercavano di metterlo in salvo.
Gridava che non avrebbe attraversato il fiume lasciando migliaia di profughi a farsi massacrare”.
Perché , qualcuno potrebbe chiedersi , una proposta di lettura come “Il ragazzo perduto”?
Per fermare innanzitutto l’attenzione sulle condizioni dell’Etiopia, che è stata anche per brevissimo tempo colonia italiana, ovvero confrontare l’Etiopia di ieri (luci e ombre) e quella di oggi. Cos’era e cos’è.
Per impiantare una sorta di parallelismo a caldo su quanto viene raccontato ne “Lo sguardo del leone” di Maaza Mengiste, che parte invece, nella sua narrazione, dalla caduta definitiva della dinastia imperiale e racconta poi della violenza della dittatura militare ad essa seguita e della resistenza, che s’innesca spontanea tra i giovani studenti e gli intellettuali delusi.
Anche e sopratutto per evidenziare, nel contempo, la condizione dei bambini proprio in quel mondo, mondo che va dal Sudan , all'Etiopia, al Kenya, tormentato, negli anni del racconto ,da guerre e avversità sempre e comunque.
Per parlare dei campi profughi, del loro squallore e dei bambini- soldato.
Perché Aher, un dinka del Sud-Sudan, a meno di cinque anni viene strappato ai suoi genitori, ai compagni di gioco, al suo mondo e vaga per mezza Africa per divenire, senza comprenderne il perché, appunto un "piccolo" soldato.
Fortunatamente(tutto è bene quel che finisce bene) la sua storia personale, all’età di diciotto anni, si conclude in positivo.
E in Sudafrica,dopo aver varcato a piedi e fortunosamente le frontiere di ben otto Stati, attraverso lo studio, si realizza finalmente come uomo e successivamente poi come scrittore.
Un libro questo di Aher Arop Bol, come scrive Marco Aime, che è un autentico urlo per tentare di scuotere la nostra indifferenza,che poi altro non è che semplicemente ignoranza voluta ovvero la non conoscenza di fatti e problemi di un mondo "altro, che definiamo per pigrizia troppo lontano da noi....
Un romanzo di formazione...senza fiction invece, come lo definisce l'amico Pier Maria Mazzola.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)