A presentare il libro, oltre l'autore, anche la giornalista de La provincia Maddalena Crippa e il resp. dell'associazione Ilaria Aldpi di Alzate:
Maddalena Crippa ha aperto la serata spiegando come la storia della Perego andrebbe scritta sui libri di scuola, perché mette nero su bianco l'egemonia della ndrangheta in Lombardia. Che non parte da ieri: esiste una cultura investigativa sulle mafie vecchia di anni. E' una storia antica, che parte del confino al nord dei boss mafiosi, confino che ha contribuito alla penetrazione delle mafie, perché oltre ai boss qui si spostavano anche delle famiglie dal sud, ricreando qui quegli tessuti sociali del sud.
Parlare di infiltrazioni è un termine inadeguato: negli anni 50 erano presenze, poi con il consoplidamento dei gruppi sociali si sono trasformate in infiltrazioni, ma ora con quello che è emerso dall'operazione Infinito si deve parlare di colonizzazione.Quando si prende possesso di un territorio: solo che qui c'è stata una colonizzazione al contrario, è Plati che colonizza Milano.
Una colonizzazione dell'economia e delle usanze politiche (i pacchetti di voti chiesti agli amici calabresi, per esempio).
Una colonizzazione che le inchieste della magistratura non riusciranno ad inquadrare del tutto: nonostante le carte e le intercettazioni (e la convergenza con la mafia), il titolare della Perego è stato condannato solo per concorso esterno (e forse Pavone non verrà nemmeno condannato).
Parliamo di una società che si occupa di movimento terra che è un'attività senza troppo know how dove per fare profitto basta far fuori la concorrenza: intimidazioni, camion che bruciano, nessun rispetto delle regole per il trasporto dei materiali. Concorrenza sleale.
Infinito ha mostrato il film della ndrangheta dal vivo: i calabresi che entrano in Perego come padroni, i dipendenti che si ritrovano questi "terroni" che si comportano come padroni. Le locali in conflitto in conflitto tra loro: a prendere possesso e soldi della Perego sono Strangio della locale di Seregno e Pavone (pugliese). Ma Cassago (sede della società) ricade su Erba, zona della famiglia Varca Oppedisano.
La Perego oggi è ferma, i boss sono in carcere e i lavoratori a casa. Non è vero che le mafie portano lavoro: la ndrangheta si è dimostrata cattiva imprenditrice.Non solo: questa inchiesta è andata in porto nonostante le zero denunce da parte dei dipendenti e dei padroncini dei camion. Che vedevano i nuovi padroni e anche i danni ambientali ma non hanno parlato.
Questa storia non è un caso isolato: l'autore ha ricordato l'inchiesta che ha coinvolto la Edil Basso a Padova, una vicenda con quasi le stesse persone.
Chi sono i colpevoli di questa colonizzazione: i due giornalisti hanno divisi le responsabilità su più livelli. Quello politico che non ha voluto vedere il problema. Quello della classe imprenditoriale, che anziché denunciare si è servita dei servizi della ndrangheta. E quello della società civile: finché non ci sarà coscienza civile saremo sempre alla mercé di questa colonizzazione.La presentazione avrebbe potuto riuscire meglio se anziché concentrarsi su alcuni episodi (che magari colpiscono l'attenzione dei lettori), avesse seguito un filo logico più organico.
Raccondando della colonizzazione al nord, in Lombardia, in Romagna, in Piemonte: del ruolo delle banche, delle imprense, dell'assenza di un fronte comune coi sindacati e confindustria. Della politica che quando va bene sta silente e quando va male sforna leggi che contrastano l'antimafia.Se fosse passata la legge sulle intercettazioni, questo libro non avrebbe visto la luce.
E la nostra coscienza di sani cittadini brianzoli magari starebbe più tranquilla.La scheda del libro: La regola - Giorno per giorno la 'ndrangheta in Lombardia
Uomini d’azienda che considerano il pizzo alla stregua di un normale costo d’esercizio, concorrenza eliminata grazie alle minacce degli ‘amici’ calabresi, politici comprati e ricattati. Ormai in Lombardia la ’ndrangheta è entrata negli uffici della classe dirigente.L'indice del libro (http://www.laterza.it//indici/9788858117224_indice.pdf)
Negli ultimi anni la Lombardia, regione locomotiva dell’economia italiana, non ha cercato di fermare l’avanzata mafiosa. Al contrario, molti (troppi) imprenditori hanno spalancato le porte delle loro ‘fabbrichette’ a manager e mediatori che in altri tempi avrebbero definito ‘poco raccomandabili’. Hanno scelto la ’ndrangheta come socio, finendone puntualmente stritolati. La mafia calabrese è quella più presente, potente e, per certi versi, accettata. Per anni la politica ha cercato di minimizzare, ma adesso anche gli ultimi negazionisti si sono arresi alla drammatica evidenza.Anni di indagini hanno rivelato il progressivo radicamento dei clan calabresi e la ramificazione dei loro insediamenti e dei loro interessi economici. Soprattutto nella filiera dell’edilizia e nel grande cantiere dell’Expo.Giampiero Rossi racconta l’avanzata del potere mafioso e il suo più recente salto di qualità, attraverso gli atti giudiziari, le valutazioni (sempre più allarmate) degli investigatori, le tardive confessioni di imprenditori, manager e politici che hanno accettato il patto col diavolo e – soprattutto – attraverso la viva voce dei boss e dei picciotti della ’ndrangheta del Nord, ascoltati in milioni di ore di intercettazioni telefoniche e ambientali.