“La religione del mio tempo” – Pierpaolo Capovilla legge Pasolini

Creato il 05 maggio 2013 da Temperamente

Giovedì 2 maggio il Cine-Teatro Odeon di Molfetta (BA) ha ospitato il reading letterario “La religione del mio tempo”. Pierpaolo Capovilla, leader de Il teatro degli orrori e One Dimensionale Man, è in tour da marzo (fino a giugno) per leggere – e dunque riproporre – alcuni scritti di Pier Paolo Pasolini.  Un reading in tre atti, che si inserisce come secondo appuntamento della Rassegna Fuori Tempo, organizzata da Area Metropolitana srl, in collaborazione con il Circolo Arci Tressett di Giovinazzo (BA) e il teatro Kismet Opera di Bari.

Non è la prima volta che Pierpaolo Capovilla si avventura in esperimenti di questo genere. Già nel 2011, infatti, si era lanciato in un reading incentrato sul poeta futurista russo Majakovskij. Coraggioso portare in teatro – e in poche selezionate date – gli scritti, non certo semplici, del poeta di Casarsa. Un azzardo. In tutti i sensi: per l’attualità – ahinoi! – delle sue parole; per le conseguenze delle sue intuizioni messe a tacere, di cui oggi paghiamo le conseguenze; per i tagli alla cultura; per la scelta un po’ elitaria di passare una serata in compagnia di Pasolini; per la location. Sì, perché a onor del vero, la sala del teatro non era piena, ma questo lo si poteva immaginare. Eppure credo che qualche passante si sia posto qualche domanda prima o dopo lo spettacolo, a vedere un bel numero di giovani.

Quando in sala si spengono le luci, il silenzio è d’obbligo. Pierpaolo entra in scena e davanti al leggio comincia il viaggio. Dalla Ballata delle madri, attraverso La religione del mio tempo, si approda a Una luce. Il percorso, per chi non ha presente a memoria i brani in questione, non è così lineare, ma stordisce per l’impatto dei contenuti. Gli obiettivi della contestazione letteraria (e non solo) di Pasolini sono i nemici stessi dell’umanità: l’indifferenza, l’avvento del neo-capitalismo, il conformismo borghese. Sono questi i mali che hanno spazzato via la Resistenza e i suoi ideali, relegati nella dimenticanza e nell’oblio. E quanto più incalza la rabbia, tanto più Pierpaolo Capovilla alza la voce, grida, accelera. Sarà dal dolce bisogno del Bene e del Male quotidiano che si giunge alla consapevolezza che mille facce ha la storia. Pasolini reclama una realtà diversa, eppure non torna nulla, neppure il paradosso esistenziale, fino ad affermare che io mi ricuso ormai a vivere. Non c’è niente di questo mondo umano che io ami ancora.

La musica sorregge, riempie, accompagna e dà vigore alle parole, amplifica i sentimenti che racchiudono. È come voce metallica, graffiante, straziante e impetuosa al tempo giusto. Quasi eco. A volte è  quasi eco o marea, con una risacca di tragico, solenne. Che, in fondo, non c’è mai disperazione senza un po’ di speranza. Stop.

Capovilla ringrazia per l’attenzione, l’amorevolezza e il religioso silenzio, sostenendo che è stata una splendida serata. Sì, non posso dire di esser andata via con la leggerezza nel cuore, ma con la tachicardia idealista.

Alla voce: Pierpaolo Capovilla.
Al pianoforte e “diavolerie elettroniche”: Kole Laca
Musiche di: Steve Reich, Scott Walker, Kole Laca

Susanna Maria de Candia


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