Non siamo ancora stati ufficialmente inseriti tra i cosiddetti Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), cioè tra quei paesi classificati dalle agenzie di rating a forte rischio default, benché siano ormai molti i tentativi per farci finire nel trogolo della fase storica. Non siamo maiali, anche se tali vorrebbero farci apparire, ma abbiamo un ottimo rapporto con i porcellini di terracotta dove accumuliamo i risparmi senza vivere al di sopra delle nostre possibilità, contrariamente a come si comporta il resto dell’Europa. Quindi gli italiani sono virtuosi, non spendono, non spandono e non sguazzano nell’abbondanza come porci, non utilizzano la carta di credito come un pozzo di San Patrizio, sono previdenti ed accorti nel far quadrare i conti, investono senza rischiare oltre i loro averi, diffidano delle banche e delle facili speculazioni, rassegnandosi certo ad approfittarne di meno ma vivendo con minori preoccupazioni. I veri morigerati sono da sempre i cittadini che tirano la cinghia anche quando potrebbero permettersi qualcosa in più e non i tecnici figli dell’apparato e delle scrofe di Stato, pagati col denaro dei contribuenti per doppi e tripli stipendi. Meno oculatezza e parsimonia dunque, impiegano i Governi e la burocrazia del Belpaese che, in tutti questi anni, hanno scialacquato e sperperato soldi servendosi direttamente dalle nostre tasche, incrementando le tasse ed inventandosi di tutto pur di accompagnarci sotto ai ponti. Se c’è un debito questo non è stato accumulato dai cittadini ma dalle loro classi dirigenti (dirigenti un bel niente!) che hanno utilizzato la cassa generale per perpetuarsi nei ruoli e nelle funzioni della nomenklatura, vivere come parassiti alle spalle della gente, generare buchi di bilancio dei quali adesso accusano tutto il popolo il quale avrebbe preteso troppa assistenza e previdenza da parte della mano pubblica. Ma se la mano pubblica è mano lesta, la responsabilità sta nella testa e nel braccio dello Stato usurpato da troppi profittatori e svenditori di patrimoni comuni che vorrebbero, grugnando sugli sciupi altrui, far alzare i tacchi allo Stivale per dare miglior pastone a vecchi e nuovi sabotatori pubblici e privati, organismi internazionali affamati o amministrazioni straniere intente a scaricare la crisi economica sui più timorosi. La II Repubblica delle carrube non poteva che favorire la riproduzione di un di esercito strogolanti disposto a farsi buttare il fango in faccia da tutti. Ora, con la Tecnocrazia al potere, nel clima di pretestuosa sobrietà, la rapina ha assunto perfino i connotati della necessità epocale ed ogni riforma degli assetti statali o sociali, celebrata sugli altari dello spread e dei mercati, diventa un’elegante, ma non meno estorsiva, frugata nella borsa nazionale alla ricerca degli ultimi spiccioli di prosperità. Finiremo molto male se non avremo il coraggio di prendere per la coda i cialtroni che si fanno chiamare professori, dietro i quali si nascondono i partiti senza più arte né parte e i portatori banco-industriali dei santi politici oltre-oceanici. L’ultima notizia che dovrebbe far balzare dalla sedia gli italiani e convincerli a far sbalzare dalla cadrega gli Ottimati, è quella sugli stipendi in Europa. Abbiamo le retribuzioni lorde più basse del continente, guadagniamo meno di ciprioti e greci e stiamo meglio del solo Portogallo primo accreditato, nell’acronimo Pigs, della metamorfosi a verro. Nonostante questo il gabinetto Monti ha deciso di intervenire sulla struttura del mercato del lavoro partendo da un punto sbagliato. Da che porco è porco, non si può chiamare riforma la mera cancellazione di garanzie che peraltro riguardano una fetta in restringimento dei settori lavorativi dipendenti. Noi non siamo strenui difensori, al pari di sindacati erranti e dei sindacalisti vagabondi, dell’art.18 ma sappiamo distinguere benissimo tra un colpo basso ed una reale spinta propulsiva. Un paziente debole e malaticcio non si guarisce con i salassi ma con le cure ricostituenti. Potrebbero, prima di fare ulteriori proposte e di sostenere di averle ricevute direttamente dalle mani degli dei della globalizzazione, cominciare col portare gli stipendi allo stesso livello dei partner europei. In tal caso crederemo alla loro buona fede e smetteremo di scambiare i loro versi per grufuolamenti di addomesticamento mercatista e loro unghiate improvvise per tagli di macelleria sociale.