La Repubblica di Weimar. Seconda parte: dal 1924 all’avvento di Hitler

Creato il 02 luglio 2013 da Diego Gavini

LEGGI LA PRIMA PARTE

La fragile stabilizzazione: la distensione in Europa e le difficoltà politiche interne

Gli sforzi messi in campo per superare la crisi della Ruhr non sarebbero stati sufficienti a rilanciare l’economia tedesca senza un clima internazionale più favorevole per la Germania.
A guidare la repubblica di Weimar in questo processo fu nuovamente Stresemann: la sua permanenza costante nel ruolo di ministro degli Esteri gli permise di avviare una politica internazionale coerente. Stresemann comprese la necessità per Weimar di reinserirsi nel consesso internazionale: nel farlo fu in grado di sfruttare un nuovo clima di distensione che sembrava cacciare via i fantasmi della Prima Guerra Mondiale.
Le tappe più importanti di questo percorso furono:

  • Il piano Dawes del 1924, elaborato dal finanziere statunitense G. Dawes, con cui l’entità delle rate delle riparazioni venivano dilatate nel tempo e con cui venivano attivati una serie di prestiti internazionali, soprattutto americani, a favore della Germania. Lo scopo del piano era alleggerire la pressione delle riparazioni belliche e allo stesso tempo aumentare la liquidità tedesca per rilanciare la produzione economica. L’avvio del piano permise anche di ritornare alla normalità monetaria e porre fine all’esperienza del Rentenmark.
  • Gli accordi di Locarno del 1925 con cui Germania, Francia e Belgio riconoscevano le frontiere comuni così come disegnate dai trattati di Versailles e con cui, in pratica, la repubblica di Weimar riconosceva il nuovo assetto europeo post-bellico, il che gli permetteva di rientrare a pieno titolo nel gioco diplomatico internazionale.
  • L’entrata nella Società delle Nazioni nel 1926, conseguenza diretta degli accordi di Locarno.
  • Il piano Young del 1929, sorta di rafforzamento del piano Dawes, anch’esso elaborato da un finanziere americano (Owen Young): l’entità delle riparazioni veniva diminuita e il pagamento ulteriormente dilazionato nel tempo.

Questo percorso velocemente riassunto, permise alla Germania di rilanciare la sua economia e la sua produzione sotto l’ombrello di una nuova pacificazione internazionale. I punti di debolezza del sistema di Weimar però rimanevano sullo sfondo, pronti ad esplodere. Cosa che sarebbe successo con l’arrivo dell’onda della crisi americana del ’29. In particolare continuavano a gravare nella vita interna tedesca alcuni nodi critici:

  • Una forte instabilità politica che si traduceva in un constante ricorso alle urne e in una incapacità di dare vita a governi di lunga durata;
  • Causa principale dell’instabilità politica era l’instabilità economica ereditata dalla guerra che non permetteva ancora, nonostante quanto visto prima, un ritorno alla normalità del sistema. I dissesti si traducevano in particolare in un persistere di un alto tasso di disoccupazione e in una dipendenza dell’economia e della produzione tedesca al sistema finanziario internazionale e, in particolare, ai prestiti americani. 
  • Altra conseguenza immediata delle difficoltà economiche, nonché della durezza del clima post-bellico, era il persistere di una estrema vitalità degli estremismi politici. Oltre ad essere questa poi anche una delle cause dell’instabilità politica, la forza delle “ali estreme” era anche conseguenza di un altro fattore di lungo periodo, ovvero di una scarsa attitudine alla democrazia, elemento ancora estraneo in un Paese dal passato come quello tedesco. Un esempio della forza delle classi dirigenti tradizionali, legate al passato imperiale, fu nel 1925 l’elezione di Paul von Hindenburg, già Capo di stato maggiore dell’esercito tedesco durante la Grande Guerra.

La crisi del ’29 e le ripercussioni sul sistema tedesco

La crisi del ’29 ebbe in Germania delle ripercussioni devastanti. Il rilancio della produzione tedesca nascondeva infatti, come abbiamo visto, una serie di fragilità di fondo, in particolare una totale dipendenza dall’andamento dell’economia statunitense.
Già dal 1928 era in realtà iniziato un ritiro dei fondi statunitensi dal mercato europeo, dal momento che diversi capitali erano stati dirottati fuori dall’Europa a favore di una serie di manovre speculative a Wall Street. Questo venir meno dei soldi americani aveva già prodotto una serie di ripercussioni economiche, ma fu comunque il collasso della borsa di New York a produrre un ritiro pressoché totale dei fondi e quindi un’interruzione di quei prestiti che davano linfa a tutto il sistema europeo.

Per quel legame che abbiamo già citato, la Germania fu non solo la prima a risentire dalla crisi proveniente dagli Stati Uniti, ma vide in un attimo i suoi indici economici interni precipitare. La produzione si ridusse drasticamente nel giro di pochi mesi, l’inflazione e la disoccupazione tornarono a correre in maniera assolutamente preoccupante. Il governo di grande coalizione uscito dalle elezioni del 1928 fu la prima vittima della crisi, non essendo in grado di trovare una strada condivisa sulle misure da prendere.
Nel marzo del 1930 divenne così cancelliere Heinrich Bruning, esponente del Centro Cattolico e alla guida di un governo di minoranza, che prese immediatamente una serie di drastiche misure per frenare l’inflazione e portare sotto controllo la spesa pubblica. Se da un lato questa politica ebbe l’effetto positivo di dimostrare agli altri attori internazionali l’insopportabilità, per la Germania, del pagamento delle riparazioni (nel 1932 furono sospese per tre anni e ampiamente ridotte), dall’altro provocò una frattura interna ai partiti dell’arco costituzionale. Frattura che impedì una presa di posizione unitaria quando la democrazia tedesca sarebbe arrivata sull’orlo del baratro.

Il collasso economico verso cui correva la Germania ripropose infatti ed esasperò tutte quelle problematiche di fondo della vita sociale e politica di Weimar che abbiamo visto prima. Le nuove difficoltà riaccesero la tensione, riportarono il Paese in un clima di violenza e portarono al punto di rottura la fragile stabilità della politica interna. Frutto di questo collasso furono l’emergere di un partito e di un leader tenuti fino a quel momento ai margini della vita politica: il Partito Nazionalsociasta di Hitler.

Sul viale del tramonto: gli anni di Bruning

Per cercare una maggioranza parlamentare che sostenesse la sua politica, Bruning, in accordo con Hindenburg, sciolse le Camere e ricorse a nuove elezioni. Queste si svolsero nel settembre del 1930 e segnarono uno spartiacque nella storia tedesca. Il partito nazista (Nsdap), fino a quel momento forza minuscola nello scacchiere politico, si affermò come seconda formazione tedesca raccogliendo il 18% dei consensi, che gli valsero 107 seggi. In particolare, i nazisti seppero far presa sui ceti medio-bassi, i più colpiti ed esasperati dalla crisi economica, erodendo soprattutto i voti dei partiti tradizionali della destra.
L’ascesa nazista va letta comunque in un contesto più generale di crescita delle “ali estreme” (gli stessi comunisti salivano da 54 a 77 seggi) e di difficoltà delle forze “costituzionali” (di cui l’Spd rimaneva il partito principale con i suoi 143 seggi). Bruning veniva così confermato quale cancelliere, ma nei due successivi anni che rimase in carica non poté mai contare su una maggioranza stabile e si dovette più volte appoggiare all’Spd e, ancor di più, ad Hindeburg, il quale più volte si avvalse dei poteri straordinari che gli garantiva la costituzione.

Tutto ciò non valse a frenare gli effetti dirompenti della crisi, la quale anzi continuava a mordere con maggiore voracità. Il Paese ripiombò in una spirale di violenze che le istituzioni repubblicane non riusciva ad arginare. Basti pensare che gli scontri di piazza e gli agguati dell’estate del ’32, ovvero il momento più caldo della crisi economica, provocarono più di 150 morti.

Hitler
Hindenburg

Burning of the Reichstag 1933. Germany / Mono Print

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L’incendio del Reichstag


L’ascesa di Hitler e la fine di Weimar

Nel marzo ’32, con le elezioni alla Presidenza della Repubblica, iniziò un lungo, agitato e violento anno politico che portò all’affermazione definitiva dei nazisti e al collasso delle istituzioni democratiche. Le diverse tornate elettorali che si succedettero a stretto giro furono accompagnate da un’ulteriore esplosione della violenza che contrappose in piazza in particolare nazisti e comunisti, segnando la vittoria dei primi, in grado più volte di portare anche a segno nuovi “omicidi eccellenti”.
Ripercorriamo le tappe:

  • Marzo ’32, elezioni presidenziali: pur di arginare Hitler, candidatosi alla presidenza, i partiti dell’arco costituzionale, Spd compreso, appoggiarono la rielezione di Hindenburg. Hitler ottenne comunque il 37% dei voti.
  • Caduta di Bruning: il cancelliere aveva ormai perso l’appoggio dei vertici industriali e militari della destra tedesca. La sua testa fu chiesta a Hindenburg, appena rieletto. Il presidente cedette alla pressione e accettò di nominare nuovo cancelliere Von Papen, esponente sempre dei Cattolici, ma vicino agli ambienti della destra. Von Papen, il cui obiettivo era quello di emarginare le forze della sinistra e allo stesso tempo “costituzionalizzare” i nazisti, accolse una serie di richieste di Hitler, che in questo nuovo quadro era indispensabile per governare. Fra le richieste vi erano la convocazione di nuove elezioni e una sorta di tacito assenso nei confronti delle violenze portate avanti dalle SA, le squadre paramilitari del partito nazista.
  • Elezioni del luglio ’32: i nazisti compiono un ulteriore e clamoroso salto in avanti, raggiungendo il 37% dei voti (230 seggi) e diventando il primo partito (l’Spd si fermava a 143 seggi, anche per la crescita dei comunisti a 89). Questo non bastò comunque a Hitler a trovare una coalizione in grado di sostenerlo alla carica di cancelliere: si tornò così immediatamente alle urne.
  • Elezioni del novembre ’32: inaspettatamente la tornata elettorale rappresentò per l’Nsdap una battuta d’arresto. Il partito di Hitler si fermava infatti al 33%. Eppure, quasi paradossalmente, questa volta Hitler riuscì a ottenere il cancellierato. Dalla sinistra non poteva infatti venire un’alternativa, dal momento che i comunisti, cresciuti ora a 100 seggi, non avevano intenzione di percorrere strade parlamentari per arrestare la crescita nazista. Dall’altra parte, le forze moderate e conservatrici giunsero ormai a ritenere Hitler quale la migliore soluzione.
  • 30 gennaio 1933: sostenuto questa volta dai vertici del potere tradizionale tedesco (militari, industriali e latifondisti), Hitler ottenne da Hindenburg la nomina a cancelliere, alla guida di un governo basato sull’alleanza con cattolici ed esponenti della destra tradizionale.

Il gioco a cui puntavano i grandi poteri tedeschi sembrava riuscito: il movimento nazista “costituzionalizzato” e Hitler usato come tampone alla crisi. Ma da lì a poco l’inconsistenza di questa speranza venne alla luce: sfruttando l’incendio  del Parlamento (27 febbraio 1933) Hitler ne approfittava per dare un giro di vite e una stretta repressiva: a farne le spese in particolare i comunisti e libertà quali quelle di stampa e riunione.
In questo clima si arrivava alle nuove elezioni del 5 marzo che segnavano la netta affermazione dei nazisti, con il 44%. Nell’arco di un brevissimo tempo, sfruttando la nuova posizione di forza, Hitler avrebbe instaurato la sua feroce dittatura. La Repubblica di Weimar era finita.


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