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“La resa, la sconfitta e la vittoria” di Gianni Seviroli

Creato il 07 luglio 2014 da Cultura Salentina

“La resa, la sconfitta e la vittoria” di Gianni Seviroli

7 luglio 2014 di Redazione

“La resa, la sconfitta e la vittoria” di Gianni Seviroli

 

La poesia che segue è una composizione di Gianni Seviroli, finalista, non premiata fra le prime tre, ma giunta quarta ex aequo al concorso OTTOTTAVE 2014, bandito dall’Accademia dell’Ottava. Il tema proposto quest’anno era “La resa, la sconfitta e la vittoria”

La resa, la sconfitta e la vittoria…

ed ecco che la mente già si atterra:

conforto cerca e bussa alla memoria,

ma sente un urlo: guerra, guerra, guerra!

E già, nel nome d’una falsa gloria

se n’è gettato sangue sulla Terra…

Chissà perché si versa tanto sangue…

Si scora il core mio e la lingua langue.

Poi vai a veder: la guerra chi la fa?

il porco? la pantera? qualche rana?

la jena? l’orso? il topo? il cincillà?

Oppure il lupo ch’esce dalla tana

Ma no… macché: la bestia è quella umana,

che fa la guerra e predica la pace.

E allora, perché mai? Perché ci piace!

Chissà perché ci piace tanto il sangue?…

Si scora il core mio e la lingua langue.

Ci piace l’uomo forte, vero, audace,

colui che non s’arrende neanche morto,

colui che è più potente, più capace,

che mentre sta morendo è già risorto,

e che se un sol momento siede e tace

vuol dir che in un pensiero fisso è assorto:

Un grande impero immerso dentro al sangue…

Si scora il core mio e la lingua langue.

E mari e monti e fiumi e poi distese

il grande uomo vuole conquistare,

ché nella storia le sue grandi imprese

nessun potrà mai dir “Quel dì s’arrese”,

e la sconfitta manco è da pensare:

ed oltre la vittoria… il nulla, il niente.

Vittoria… è mai vittoria in mezzo al sangue?

Si scora il core mio e la lingua langue.

E se per la vittoria è indifferente

se uccidere un vecchietto od un soldato,

si faccia dunque, e guai a chi venga in mente

di condonar la madre col neonato;

si spari sulla folla, sulla gente,

sul medico, sul prete, sul malato;

e se qualcun s’arrende e vuol perdono,

si spari in mezzo agli occhi come dono.

Quegli occhi senza luce ormai, nel sangue…

Si scora il core mio e la lingua langue.

È giusto inoltre far sentire il suono

dei mitra, delle bombe e degli spari:

è strano ma assai prende quel frastuono,

per cui venga un regista e con dei fari

illumini il massacro ed ogni tuono,

e mostri i morti col sangue alle nari.

E ancor per un momento chiedo udienza:

or vo alla religione per coscienza.

Per religione non si sparge sangue?…

Si scora il core mio e la lingua langue.

Quel Dio d’amor, di bene e d’onniscienza

al quale dona ognun la sua preghiera,

dall’alto della somma sua sapienza

dia fede all’uomo e quella forza vera

che basti a tollerar l’altrui esperienza:

il dio diverso fuor dalla frontiera,

nel segno di qualcosa di speciale:

l’amore, quello vero, universale.

Potrà l’amore mai fermare il sangue?

Si scora il core mio e la lingua langue.

L’amor che ci fa l’unico animale

capace di guardare dritto avanti;

l’amor che della vita è il dolce sale,

che uomini fa diventare santi;

l’amor che ci fa amare chi sta male,

che mette su di un piano tutti quanti;

l’amor che ha nell’amore la sua arma,

che parla al cuor, ci incanta e ci disarma.

 

[N.d.A: Relativamente al concorso Ottottave 2014, come previsto dall’art. 6 del bando, “Sono ammessi anche gli elaborati, che presentano le otto ottave nelle forme sopra descritte, intervallate da brevi strofe, non necessariamente formate da endecasillabi, poste come commento delle ottave precedenti o come introduzione delle ottave successive”. Questa la ragione del distico che ho inserito nella mia poesia fra le varie ottave].

Gianni Seviroli è nato a Maglie da padre siciliano e madre tarantina. Laureato in Lingua e Letteratura Tedesca presso l’Orientale di Napoli nel 1983, ha insegnato tedesco dal 1983 al 2002 nelle scuole medie superiori della provincia di Gorizia, prima di ottenere il trasferimento a Maglie (2003), dove è diventato insegnante di sostegno grazie al diploma biennale polivalente che aveva acquisito a Gorizia nel 1989. Per passione è musicista (chitarra-mandolino-cavaquinho e altri strumenti a corde) e poeta già da quand’era ragazzino, e in genere predilige rimare, anche se spesso scrive in versi sciolti (quasi mai liberi).

Nel 1996 ha pubblicato la raccolta di ricette in versi “Il Poeta Buongustaio” (Ed. della Laguna, Monfalcone), che ha ripubblicato a sue spese (Ed. Panico, Galatina) nel 2012 con l’aggiunta di 20 sonetti “mangerecci”, di una lode del vino e di una breve cronistoria della letteratura gastronomica, dalle origini ai giorni nostri. Alcune sue poesie sono apparse su libri di poesia e riviste di carattere culturale; per es., il rotocalco “Puglia tutto l’anno”, ed. Bhea (Maglie), che ora non è più edito, aveva iniziato la pubblicazione a puntate di “Ubaldo in Puglia”, un suo poema epicomico-cavalleresco in ottava rima, sul quale lavora quando può (“ma la strada è assai lunga”).

In Rete ha pubblicato già alcune poesie in versi sciolti e diversi sonetti, in particolare un nucleo di 35 sonetti dedicati alla povera statale 16 nel tratto Maglie Otranto, dove vive. Nel 2000 ha pubblicato con il trio Napolinaria (all’epoca Napoli Nord) il CD “Tania Lamparelli”: il nome è quello di sua moglie, beneventana, che è la cantante del gruppo, Nel 2010 hanno pubblicato il loro secondo CD, “Passeggiata a Napoli”. Entrambe sono raccolte di canzoni classiche napoletane. Tralasciamo qui altre esperienze musicali, pur significative, con altre formazioni, per sottolineare che col quartetto Napolinaria (interamente costituito dalla sua famiglia) l’autore ha alle spalle, e si spera anche davanti, tanti concerti.


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