Questo novello re buffone, in campagna elettorale, ha proclamato a gran voce la necessità di un’assiduo e imprescindibile referendum, non puramente consultivo, ma con potere decisionale, per ridurre il gap tra rappresentati e rappresentanti.
All’indomani del responso elettorale abbiamo, invece, sinora visto un’idea di democrazia diretta particolarmente timorosa davanti all’eventualità di appellarsi alla volontà popolare, sia dell’ancora non chiara base (di un’organizzazione pur sempre piramidale), sia del corpo elettorale che ha dimostrato consenso e fiducia.
In poche parole: la democrazia è diretta, da Grillo e da un ristretto conclave di A$$ociati. Ovvero è democrazia in diretta via streaming, a circuito chiuso e impermeabile.
Il nuovo fenomeno padronale, col suo brand in chiave politica, si è così trasfigurato da populista (nel senso migliore del termine, tanto caro a Dario Fo) a demagogo, capace di attrarre quella nebulosa ora illusa d’essere parte d’una rivoluzione epocale, dopo aver ossequiato le sacre sponde di diversa provenienza.
Come mai il Grillo (s)parlante di democrazia diretta, proprio in questa delicatissima fase, in occasione d’una scelta fondamentale sul futuro del suo movimento divenuto rappresentanza istituzionale, non ha il coraggio di assoggettarsi alla volontà di chi lo ha scelto, in attesa di soluzioni partecipate e condivise?
Perchè lasciarsi sfuggire l’opportunità di dimostrare che i proclami e le teorie pre-elettorali corrispondono in pieno alla prassi adottata in questa fase post-elettorale? (Laddove il post non è quello quasi quotidiano che campeggia, a mo’ d’editto, sulla sede home-page del movimento).
Perchè correre il rischio di “shiftare” dal movimento al mo’ vi mento?
Non ho possibili risposte da dare al posto di chi è chiamato a spiegare questo scostamento e quest’evidente contraddizione tra teoria e prassi della tanto invocata democrazia diretta.
So soltanto che le aspettative di alcuni amici, che hanno votato M5S, provenienti dal fronte d’una sinistra che non riconosce più alcun diritto di rappresentanza a chi è oramai valutato come troppo compromesso e compromissorio, nutrono – nel profondo d’un cuore collocato ancora nell’area d’origine – una certa delusione.
Quest’invito alla riflessione collettiva, non deve, non può e non vuole costituire nessuna forzatura o indebita ingerenza su scelte e decisioni che spettano e competono, in via esclusiva, al Movimento 5 stelle.
Si tratta d’un semplice, banalissimo richiamo alla coerenza, semprechè si abbia intenzione di dimostrarla.
C’è un tempo per la giusta e ragionevole contestazione e ce n’è un altro nel quale occorre individuare possibili interlocutori.
C’è un tempo in cui si è chiamati a giocare a carte scoperte, lontani da una gestione pseudo massonica d’un movimento chiamato ad interpretare e tradurre, nel miglior modo possibile, questo rilevante flusso di consenso, aspettative e fiducia,
Altrimenti potrebbe esserci un futuribile rischio di un epilogo, che trasformerà lo tsunami in una marea nera, malgrado tutte le buone intenzioni. E tutto questo potrà essere annoverato come opera di un ottimo avanguardista, precursore di – neanche tanto – inaspettate derive, riposte in mani, ritenute più capaci, di menti più subdole, ora in trepidante attesa d’un auspicato e definitivo fallimento.
Non c’è terza via: il caos può essere generativo del nuovo o degenerativo del vecchio.
Ovviamente il coraggio di chi si dimostrerà disposto a condividere qualsiasi decisione attraverso la consultazione allargata, meriterà tutto il nostro rispetto, anche se l’esito potrà non trovare possibile condivisione.
Non ci si può sottrarre alle proprie responsabilità. Davanti al proprio elettorato e all’intero paese.
Fateci capire cosa volete fare, cosa avete da dire e da proporre ora che siete diventati grandetti ma, evidentemente, non ancora adulti.
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