Se ci voltiamo e guardiamo il nostro passato, lontano e vicino, ci rendiamo conto che ciò su cui possiamo contare e dobbiamo puntare per il futuro a noi più prossimo è il “montismo”. Forse, che c’è un’altra esperienza di governo, tra quelle del «ventennio bruciato», che è consigliabile traghettare nel prossimo anno? Forse, che con il poeta barese Nichi Vendola si può sforare il Patto di stabilità e con un’interpretazione irresponsabile e spendacciona del famoso heri dicebamus di Einaudi ricominciare le solite politiche che indebitano tutti senza salvare nessuno? L’unica chance che abbiamo è la continuità con il governo Monti e la sua politica del rigore che potrà essere più meno rimodulata e ricalibrata ma in alcun modo si potrà abbandonare.
Vi sono alcune cose che si possono tra loro collegare nel segno della necessità del montismo e la fine definitiva del berlusconismo e del sinistrismo variamente interpretato: il sostegno dei moderati al governo Monti – ieri Casini ha incontrato il premier – l’incontro di Todi 2 e il movimento di Oscar Giannino “Fermare il declino” che, pur con la ferma presa di posizione sulla necessità di ridurre in modo consistente il carico fiscale è senz’altro della partita. Il comune denominatore di questi soggetti si racchiude in due parole: serietà e realtà. Per confidare nel futuro occorre prendere atto di quanto accaduto nel passato che con i suoi fallimenti ci ha condotto, con baldanza e sicurezza, ad un passo dal precipizio. L’idea che finita la legislatura e chiusa l’esperienza del governo di Mario Monti si sia chiusa una parentesi è non solo menzognera, ma, usando una parola desueta, antipatriottica. Durante il lavoro del governo Monti, i partiti avrebbero dovuto fare almeno una cosa: la nuova legge elettorale. Purtroppo, neanche questo lavoro minimo è stato fatto, confermando la regola che la politica decide solo quando è arrivata con l’acqua alla gola. La politica dei partiti chiede di ritornare a fare la propria parte per rimpiazzare la politica dei tecnici. Ma, considerando che la politica dei tecnici è, appunto, politica, salta agli occhi che proprio i partiti sono efficienti quanto altri mai a delegittimare la politica, mentre i tecnici in qualche modo tengono aperta la possibilità di una ricostituzione della vita politica. Segno questo, evidentissimo, che la strada percorsa da Monti e dal suo governo non può essere interrotta, deviata, abbandonata. Si può soltanto continuarla perché è su quella strada che si tiene unito il Paese intorno alle sue istituzioni. Il montismo non solo non si può abbandonare ma segnerà per molto tempo la strada da seguire, come una stella polare. La politica del rigore non è solo quella che tiene i conti in ordine ma è anche quella che riequilibra politica e territorio e crea le condizioni, prima di tutto morali, per una crescita sana delle forze produttive del Paese.
La serietà esige che si mettano da parte contese ideologiche pretestuose che hanno alimentato la politica della Seconda repubblica per coprire il grave deficit di conoscenze e competenze di cui c’è necessariamente bisogno per riformare l’amministrazione statale e ripensare il rapporto tra Stato e autonomie mettendo al centro il sistema nazionale e non la “questione settentrionale” agitata dal leghismo. Il declino si può fermare, come insegna proprio il governo Monti, se si mettono da parte cattive abitudini, pessime idee, carrierismo politico e si punta sulle capacità, sui meriti, sui talenti persino in politica che è il luogo dove sembra che per natura vincano sempre i peggiori.
tratto da Liberalquotidiano.it del 23 ottobre 2012