La ricerca della vita extraterrestre

Creato il 27 gennaio 2016 da Retrò Online Magazine @retr_online

La ricerca di organismi extraterrestri si basa sull’analisi di esopianeti simili alla Terra in grado di ospitare la vita

La potenziale esistenza di “alieni” o, per meglio dire, di forme di vita extraterrestri affascina l’uomo sin dall’inizio della corsa allo spazio. Nonostante ad oggi non si siano ancora ottenuti risultati positivi, agenzie del calibro della NASA (National Aeronautics and Space Administration) e dell’ESA (European Space Agency) continuano la ricerca nella speranza di entrare in contatto con entità più o meno senzienti nel resto dell’Universo. Ma in che modo procede questa ricerca e quali mezzi vengono utilizzati?

Il metodo di osservazione e di riconoscimento

Il principio fondamentale che viene dato per vero è che la vita, per come la intendiamo noi oggi, non può esistere senza la presenza di acqua in forma liquida, ovvero un composto di formula molecolare H2O ad una temperatura compresa fra i 0 °C e i 100 °C alla pressione di 1 atm (atmosfera). Tuttavia ciò non basta, in quanto sono già stati scoperti “pianeti oceano” sui cui la vita molto probabilmente non esiste a causa della totale assenza di terre emerse e di una crosta rocciosa. Altro possibile requisito è, dunque, la necessità di appartenere alla categoria dei pianeti terrestri, cioè quei pianeti che sono prevalentemente composti di rocce e metalli. Stabilito questo, un ulteriore problema sta proprio nel trovare corpi celesti identificabili come esopianeti (pianeti esterni al Sistema Solare), perché non emettendo luce propria e generando radiazioni molto deboli, spesso coperte da quelle della stella intorno alla quale orbitano, risulta molto difficile distinguerli anche per telescopi potentissimi come l’Hubble o il Kepler. Per fare ciò, oltre all’osservazione diretta, raramente applicabile a causa della necessità di una serie di fattori favorevoli molto difficili da ottenere, si sono trovati numerosi metodi alternativi più o meno precisi, fra i quali l’astrometria, il metodo Doppler, il metodo del transito e altri.

Come potrebbe apparire Kepler-62f, uno degli esopianeti con potenziale abitabilità

La ricerca di una nuova Terra

Una volta identificato un esopianeta bisogna riuscire a comprendere se esso sia potenzialmente abitabile o meno. A tale proposito sono stati ideati sette parametri che valutano fattori quali la temperatura superficiale, la densità, la composizione dell’atmosfera e la velocità di fuga e sono: ESI (Indice di similarità terrestre), SPH (Abitabilità primaria normale), HZD (Distanza dalla zona abitabile), HZC (Composizione della zona abitabile), HZA (Atmosfera della zona abitabile), pClass (Classe planetaria) e hClass (Classe d’abitabilità). I risultati ottenuti vengono poi inseriti in una tabella e confrontati con quelli della Terra per tentare di capire il grado di affinità con essa. Questo metodo è, tuttavia, molto approssimativo in quanto ci sono una serie di ulteriori fattori che possono incidere sull’abitabilità di un esopianeta, oltre al fatto che non è detto che la vita sia possibile solo su corpi celesti simili alla Terra.

I candidati odierni

Al momento, l’esopianeta che detiene il parametro di ESI più vicino a 1 (quello della Terra) è Kepler-438b, dove Kepler è il nome del telescopio che l’ha individuato, 438 è il numero della stella intorno alla quale orbita e “b” serve per distinguerlo da altri corpi dello stesso sistema. Scoperto grazie al metodo del transito e confermato dalla NASA il 6 Gennaio 2015, si trova nella costellazione della Lira a circa 475 anni luce da noi. Nonostante le numerose caratteristiche simili, il suo diametro è leggermente maggiore di quello terrestre mentre la stella intorno a cui orbita, una nana rossa, è molto più piccola e fredda del Sole, tanto che un anno su Kepler-438b corrisponde solamente a 35 giorni terrestri. Purtroppo, il 18 Novembre del 2015 i ricercatori dell’Università di Warwick hanno annunciato che questo esopianeta non è abitabile a causa dei fortissimi super-brillamenti (violente eruzioni di materia) generati dalla sua stella ogni 100 giorni circa.

Altri potenziali candidati che rimangono in attesa di conferma sono Kepler-296e, Gliese 667 Cc e KOI-3010.01, tutti in cima alla lista dell’Indice di similarità terrestre, ma ogni anno vengono scoperti centinaia di esopianeti nuovi che potrebbero aggiungersi all’elenco in qualsiasi momento.

Messaggi nello spazio siderale

Dal 1962 ad oggi sono stati inviati numerosi messaggi nello spazio, nella speranza di entrare in contatto con forme di vita extraterrestri. Molti di essi consistono in trasmissioni radio con saluti e presentazioni inviati verso i sistemi più conosciuti o che potrebbero potenzialmente contenere organismi viventi, come Gliese 581. Invece, sulle sonde Pioneer 10 e 11, ora nello spazio interstellare lontane dal nostro Sistema Solare, sono state montate delle placche metalliche contenenti informazioni sulla loro origine e sull’essere umano destinate a eventuali civiltà extraterrestri. Allo stesso modo, sulle sonde Voyager 1 e 2, anch’esse ormai fuori dal Sistema Solare, è presente un disco d’oro per grammofono (Voyager Golden Record) che raccoglie la storia dell’umanità, introdotta da un discorso del presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. Questi ultimi messaggi, inviati dalla NASA, sono più un atto simbolico che altro, in quanto gli scienziati si rendono conto dell’improbabilità del ritrovamento delle sonde da parte di qualcuno nella vastità dell’Universo.

Tags:abitabilità,alieni,Esa,esopianeta,extraterrestri,Nasa,terra Next post

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