Per rispondere alla prima domanda, occorre fare un passo indietro, in modo da spiegare quello che è stato fatto negli ultimi anni per cercare di individuare le associazioni tra i geni e le malattie. Lo strumento d'indagine per eccellenza è stato il GWAS, una sigla che sta per Genome-Wide Association Study. Da quando è stato sequenziato il genoma umano, sono stati condotti più di 700 GWAS, con lo scopo di studiare le basi genetiche di oltre 80 diverse condizioni. Sarà capitato a tutti di leggere sui quotidiani titoli come "Scoperto il gene dell'infedeltà" o "Identificato il gene della miopia": annunci di questo genere sono frequenti, così frequenti che viene spontaneo chiedersi come mai quando andiamo dal nostro medico di fiducia non ci venga mai chiesto di fare un test genetico. La ragione per cui la medicina personalizzata non è ancora entrata a far parte della vita di tutti i giorni è che le varianti genetiche scoperte hanno in realtà un effetto molto piccolo, talmente piccolo da essere praticamente ininfluente al fine di predire con certezza quali siano i soggetti più a rischio.
Le uniche varianti genetiche finora scoperte con un effetto importante sono pochissime. Ci sono i geni per la fibrosi cistica, per l'anemia falciforme e la malattia di Huntington, tutte patologie che dipendono da un singolo gene. Esistono poi altri geni che non sono così determinanti, ma che alzano di molto la probabilità di ammalarsi quando sono difettosi: il gene APOE per l'Alzheimer, i geni BRCA1 e BRCA2 per cancro a seno e ovaio, e i geni della degenerazione maculare legata all'età. A parte queste eccezioni, tutti gli studi effettuati finora hanno scoperto soltanto varianti che spostano di poco la possibilità di insorgenza delle varie malattie. Quindi hanno ragione i critici che chiedono di abbandonare la ricerca genomica? Forse no.
Nei GWAS tradizionali viene analizzata solo un tipo particolare di variazione, chiamata SNP (Single Nucleotide Polymorphism): si tratta di una variazione puntiforme, dove una singola lettera del codice viene sostituita da un'altra. Inoltre, sono prese in considerazione soltanto le varianti comuni, cioè presenti in almeno il 5% della popolazione. A quanto pare, visti gli scarsi risultati ottenuti finora, la suscettibilità alle malattie non dipende da una singola variante comune, ma da altri tipi di variazione genetica. I ricercatori iniziano ad esempio a studiare le combinazioni di varianti comuni e rare, o addirittura varianti diverse dagli SNP, come le modificazioni epigenetiche. Queste ultime sono modifiche chimiche che avvengono a carico del DNA senza che esso cambi la sua sequenza, e ultimamente stanno diventando sempre più interessanti. Gli oppositori della genomica sono convinti che questi siano "luoghi improbabili", in cui difficilmente troveremo le risposte che stiamo cercando. Tuttavia, dimenticano che proprio quest'anno, un articolo apparso su Nature ha dimostrato che le modifiche epigenetiche nei ratti di laboratorio possono essere ereditate dalla prole e provocare malattie come il diabete. Un'altra grande dimostrazione del potere dell'epigenetica è lo studio pubblicato su PLoS Biology che riguarda le api: due genomi identici, quando subiscono precise modifiche epigenetiche, sono in grado di generare insetti di grandi dimensioni, fertili e longevi (come l'ape regina) oppure piccoli, sterili e dalla vita breve (come le api operaie).
Solo il tempo ci dirà se questi siano davvero "luoghi improbabili" in cui trovare le nostre risposte. Per il momento dobbiamo accontentarci di quello che abbiamo e che, volendo guardare, non è comunque poco. Oltre ai geni importanti riportati sopra, ci sono altre due categorie di geni che già adesso possono aiutarci concretamente a vivere meglio. Al primo gruppo appartengono le varianti genetiche che ci suggeriscono la nostra dose ottimale per alcuni farmaci, come l'anticoagulante Warfarin o il Plavix per prevenire gli infarti. Nel secondo gruppo rientrano invece i geni legati alla nutrizione: io stesso ho scoperto, grazie a un test genetico, di avere due copie molto efficienti di un'enzima che attiva le tossine cancerogene contenute nella carne grigliata.
Insomma, prima di arrivare alla frettolosa conclusione che la ricerca genomica sia stata un fallimento e che il DNA non contenga informazioni utili per la nostra salute, forse sarebbe il caso di aspettare di sapere quali risposte avremo dalle nuove ricerche nel campo dell'epigenetica e delle varianti rare. Dopotutto, finché non le studiamo, non sapremo mai quali segreti nascondono queste variazioni genetiche. Pensare che il nostro DNA sia una specie di sfera di cristallo in cui leggere il nostro futuro è sbagliato, ma altrettanto lo è credere che i geni non contino nulla e che i nostri problemi di salute siano da imputare esclusivamente al nostro stile di vita. La verità, come sempre, sta nel mezzo.
Moreno Colaiacovo
Per maggiori informazioni: myGenomix
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