Tineye è (era?) il motore di ricerca più usato, per localizzare una determinata immagine. Ecco come ci si presenta:
Il suo utilizzo è piuttosto semplice, così come sono piuttosto semplici anche le sue funzioni. Basta caricare una immagine dal nostro computer e lanciare la ricerca: in breve, Tineye ci dirà su quali siti appaia la nostra immagine. Tutto qui. Tineye stesso si presenta come strumento per la tutela del copyright, secondo quanto dicevo sopra, e come sua principale ragione di essere indica proprio quella di cercare tutte le pagine su cui una determinata immagine è stata usata. Il principio di base è analogo a quello di un comune motore di ricerca: invece di cercare le pagine su cui appaiono le parole che abbiamo inserito, cerca le pagine su cui appare l’immagine che abbiamo inserito. Una ricerca per immagini, tuttavia, implica un lavoro più complesso rispetto a una semplice ricerca per parole e richiede determinate tecniche di riconoscimento dell’immagine, che per un occhio umano sono molto banali ma per un computer sono molto complicate. Non è dunque un lavoro così facile, come potrebbe sembrare, e questo spiega i risultati non sempre precisi che otteniamo. A ogni modo, Tineye si limita a cercare copie esatte dell’immagine, per cui il processo di riconoscimento è sì fondamentale, ma non è spinto all’eccesso. Questo, semmai, succede con Google e il suo motore di ricerca per immagini.
Google è entrato nel campo della ricerca tramite immagini con l’obbiettivo di fare molto di più, rispetto ai motori di ricerca visti fino a questo momento. Il che era alquanto prevedibile, da parte del leader mondiale (o almeno occidentale) nella ricerca in Rete. Vediamo dunque cosa ha aggiunto, rispetto a motori come Tineye. Innanzitutto, ecco come ci si presenta:
Abbiamo già parlato di come usarlo, per cui adesso parleremo meglio di come funzioni. Una volta caricata o inserita l’immagine da cercare, Google ci restituirà tutte le pagine su cui detta immagine compare. Fin qui nulla di diverso rispetto a Tineye, anche se il numero di risultati è mediamente maggiore. Ciò che Google ci offre in più è la possibilità di cercare anche immagini simili a quella che abbiamo caricato: simili sia come soggetto, sia come disposizione degli elementi. Tra le immagini che Google ci suggerisce, in fondo a una nostra ricerca, potremo dunque trovare altre foto con la spessa persona (o almeno con quella che Google interpreta come la stessa persona), oppure altre foto con la stessa ambientazione o lo stesso stile. Ed è qui che comincia la difficoltà vera e propria, rispetto alla semplice ricerca di una immagine identica. Le reti neurali sono forse lo strumento più usato nel campo del riconoscimento delle immagini e sono uno strumento piuttosto avanzato, nel campo dell’intelligenza artificiale. Non scenderò qui nei dettagli, perché sarebbe estremamente complicato, ma mi limiterò a sottolineare una caratteristica base delle reti neurali: la capacità di apprendimento. Una rete neurale può essere allenata e può imparare a svolgere sempre meglio un determinato compito. Nel campo del riconoscimento delle immagini, più una rete neurale è allenata e più i suoi margini di errore saranno ridotti: in altri termini, col tempo e con varie prove diventerà sempre più brava a riconoscere una immagine. Tutto questo per dire che la ricerca per immagini di Google, in teoria, dovrebbe migliorare col tempo e dare risultati sempre più vicini all’ottimale. È tutto da dimostrare che ci riesca davvero, ma personalmente l’ho trovata migliorata rispetto all’estate. Vedremo poi come proseguirà. Un’altra opportunità offerta da Google è quella di cercare parole assieme alle immagini: basta che le scriviamo nel solito riquadro di Google, accanto all’immagine, e le due ricerche saranno incrociate, con la speranza di dare risultati più vicini a ciò che desideriamo noi. In caso di scarsi risultati, sarà Google stesso a suggerirci di aggiungere qualche parola, per descrivere meglio la nostra ricerca di immagini.