Frank Miller nel 1981
alla sua sinistra, in bella mostra, una copia di The River di Bruce Springsteen
"Le due priorità che, a mio parere, l'industria del fumetto dovrebbe prefiggersi da subito sono: migliorare la qualità di ciò che stiamo producendo e cercare di reclutare nuovi lettori al di fuori del mercato, così come è attualmente concepito. Parlando con alcune persone che hanno appena cominciato a leggere fumetti, ho scoperto che uno dei loro più grandi problemi è che il materiale che potrebbe catturare la loro attenzione non è generalmente reperibile ad un prezzo che possa essere considerato accessibile da un lettore curioso e occasionale... mi piacerebbe vedere edizioni permanenti di ogni opera che ricopre un significato per il fumetto... credo che nel mondo del fumetto ci sia spazio per aggiungere raccolte in volume o delle riviste."
Una delle cose che più mi piace del leggere, e rileggere, vecchie interviste è la possibilità di rendersi conto di come, con il passare del tempo, son cambiate le cose, le esigenze e le aspettative degli addetti ai lavori (e non solo). Il testo che vi ho proposto nel virgolettato è di Frank Miller che, nell'ormai lontano 1986, stabiliva quelle che secondo lui erano le due priorità che l'industria del fumetto avrebbe dovuto prefiggersi per avere quella maggiore visibilità e credibilità che, raggiunta ormai la maturità per temi e soluzioni narrative, meritava presso un pubblico più vasto di quello (purtroppo limitato) degli appassionati. Per la storia del fumetto americano il 1986 è un anno mitico. Durante quei dodici mesi videro la luce, tanto per citare qualche opera, Daredevil Born Again, Watchmen e The Dark Knight Returns (ma anche molte altre chicche), tutte opere che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del fumetto mondiale e hanno permesso al grande pubblico di scoprire un mezzo di espressione che, fino a quel momento, era sottovalutato e scarsamente considerato. All'epoca i fumetti non erano raccolti in volume, e un appassionato per recuperare degli arretrati doveva rivolgersi al mercato dell'antiquariato, acquistando a prezzi anche proibitivi gli albi chiave dei loro eroi preferiti. L'impatto prodotto da queste opere ha creato la necessità di sviluppare prodotti di qualità sempre migliore (anche arrivando a lasciare ampio spazio alla creatività degli autori in grado di fare spesso ciò che volevano, senza alcuna limitazione, a personaggi più o meno conosciuti di proprietà delle major - in fin dei conti l'Animal Man di Grant Morrison di Morrison e Chas Troug o il Sendman di Neil Gaiman altro non erano che magnifiche reinterpretazioni di vecchi personaggi dimenticati della DC Comics) e alla successiva raccolta in volume delle serie o dei cicli narrativi migliori; raccolta in volume che si prefiggeva di mantenere disponibili sul mercato per sempre quelle che erano le opere più significative e richieste dai lettori.
Venticinque anni dopo, le soluzioni prospettate da Frank Miller sono state abbondantemente acquisite dalle case editrici (la raccolta in volume delle opere serializzate mensilmente è la prassi, così come è una prassi produrre albi che siano sempre dignitosi dal punto di vista della confezione e dell'impatto visivo), eppure, ciò nonostante, i lettori sembrano diminuire e l'industria del fumetto sembra avvitarsi sempre più su se stessa in una serie di rilanci stucchevoli e con sempre meno spazio alle idee degli autori. Miller, naturalmente, non ha nessuna colpa, ma per assurdo le concretizzazione delle sue proposte non ha necessariamente apportato benefici alla qualità delle opere; la sistematica raccolta in volume di tutta la produzione mensile, ad esempio, ha portato gli autori a sviluppare storie concepite per la successiva ristampa, svuotando di contenuti i singoli albetti e, di conseguenza, scatenando la crisi (forse irreversibile) del classico comic book.
Uno stralcio dell'intervista
a Miller