Sinora si è andati avanti in 2 modi: o facendo debiti o aumentando le tasse.
Oggi logica vuole che è impossibile procedere in queste 2 strade tradizionali. Fare debiti non ce lo permette più l’Europa. Aumentare le tasse significherebbe dare il colpo di ngrazia al paese.
Resta una sola soluzione: la crescita. Ripianare i conti attraverso la crescita e lo sviluppo economico. Il punto è: come si rimette in moto il paese? Come si esce dalla recessione pur restando obbligati alle dure leggi che l’Europa ci imporrà (vedi Fiscal compact)?
Lasciando agli economisti ed agli studiosi le analisi più approfondite di macroeconomia, io posso solo fare i conti della serva, e questi, puntano alla parola efficienza. Efficienza e riduzione dei costi. Quello che il professor Monti, da grande e lungimirante tecnico qual’è, ha totalmente ignorato.
Già. Lui ha badato a fare cassa attraverso una politica scriteriata di tassazione generalizzata, una politica senza futuro, affossando la già debole economia del paese. Il suo è stato un bieco e miope piano per continuare ad essere l’uomo asservito ai poteri forti europei. Qui poteri forti che sostanzialmente lo hanno imposto al governo del nostro paese. L’Europa aveva bisogno che le banche italiane si ricomprassero i propri debiti. Ci ricompriamo il nostro debito pubblico da Francia e Germania e possiamo andare a quel paese.
E così si spiega il perchè Monti, parla di catastrofe incombente, tassa tutto il tassabile, ma trova i soldi per finanziare MPS, ad esempio.
Monti è stato l’uomo che ha definitivamente avallato la centralità delle banche a dispetto, invece, della centralità di imprese e lavoro. Un suicidio. ma lui lo sa bene, solo che fa il suo mestiere di becchino.
Un tecnico vero, avrebbe visionato i conti ed i problemi dell’Italia, ed avrebbe immediatamente attuato una politica, anche rigorosissima, volta a snellire la P.A. e renderla più efficace. Ad inziare dal Parlamento, che ha un modo di legiferare che non è più al passo con i tempi e le esigenze di oggi. Iniziare una politica improntata ad investire sull’economia reale non sull’economia degli spread.