Ma proprio perchè dimenticare è una delle arti più difficili da apprendere, soprattutto se il cuore batte ancora per la persona amata, avere accanto qualcuno che ci prenda la mano e ci indichi la strada per uscirne, con dolcezza e fermezza, potrebbe essere di grande aiuto.
È quanto fa la scrittrice algerina Ahlam Mosteghanemi nel libro – manuale نسيانكم, (Oblio.com) pubblicato nel 2009 in Libano da Dar al-Adaab e tradotto in italiano per Sonzogno da Camilla Albanese con il titolo L’arte di dimenticare. Sottotitolo: “Amalo come sai fare tu, dimenticalo come farebbe lui”.
L’arte di dimenticare è una sorta di manuale di sopravvivenza per i cuori in ambasce delle tantissime donne arabe che negli anni si sono rivolte, in cerca di aiuto, consigli e suggerimenti, ad Ahlam Mosteghanemi. La scrittrice con questo libro si è improvvisata “guru” per le donne lasciate, tradite e maltrattate dai propri ormai ex compagni, una “missione”, che così descrive nel libro:
Ho passato la vita a salvare femmine rintronate da storie d’amore che risucchiano. Cosa che continuo a fare anche qui nel libro.
Nei 7 capitoli che scandiscono il libro, a sua volta suddivisi in innumerevoli sotto-capitoletti, Mosteghanemi riversa, come un fiume in piena di inchiostro, riflessioni e consigli pratici su come sopravvivere dopo una rottura amorosa con un uomo che si é comportato male e che poi é sparito.
La ricetta, dolorosa da mettere in pratica, ma salvifica sul lungo periodo, è quella dell’oblio, ovvero, del dimenticare. Perchè gli uomini ci mettono pochissimo a dimenticare le donne che hanno amato, mentre “la fedeltà delle donne verso il passato è patologica”.
E va quindi curata. Come?
Ritornando a vivere; smettendo di piangere (“Chiediti se hai la certezza che, dall’altra parte, ci sia davvero un uomo pazzamente innamorato che torna da un remoto passato e piange per te restando fedele alla tua assenza. Suvvia, basta con queste stupide follie!”); prendendosi cura di sé; tagliando via i cordoni con il passato e l’amaro bagaglio di ricordi; passando attraverso tutti gli stadi del dolore; imparando dagli errori del passato per non rifarli con il prossimo amore; non ascoltando canzoni tristi (“Se non sei masochista, smettila di fustigarti e di farti andare alle stelle la pressione con la prima canzone d’amore che senti”).
E, soprattutto, imparando a riconoscere le varie tipologie di uomini: perchè al mondo ci sono uomini-uomini, ma anche gli uomini-elefanti, gli uomini-aquile e gli uomini-leone.
Tra consigli concreti e gentili bacchettate a uomini e donne, trovano posto nel libro anche numerosi aforismi, detti e proverbi di intellettuali e personaggi famosi, che spaziano da Ovidio e Nizar Qabbani a Ophrah Winfrey e Emannuelle Béart, che arricchiscono e danno profondità al testo.
Le parole della scrittrice, dolci e materne, sono come un balsamo per il cuore ferito delle lettrici arabe a cui questo libro è dedicato. L’obiettivo di Mostaghanemi è quello di prendersi cura dell’infelicità sentimentale delle arabe: e se questa espressione vi suona familiare, è perchè è tratta dal libro L’infelicità araba, di Samir Kassir, ed è stata ripresa di recente da Shady Hamadi nel suo La felicità araba.
L’accostamento con la politica non sembri qui fuori luogo: in diversi punti la scrittrice paragona la tendenza delle donne arabe ad innamorarsi di uomini-padre, o uomini-leader molto più anziani di loro, alla situazione delle società arabe odierne, afflitte e appesantite dalla presenza di leader anziani e patriarcali:
[...] tali e quali ai nostri popoli, cresciamo con in testa il concetto Leader-Padre e, di conseguenza, abbiamo come modello di virilità i nostri governanti, uomini incanutiti, stretti alle loro poltrone.
Al contrario delle altre donne del mondo, le donne arabe, cresciute in società patriarcali, non vogliono giovanotti o ragazzini ma uomini che escano direttamente dai libri di Storia.
Questo orizzonte panarabo è secondo me uno dei punti di forza del libro: da un lato, l’autrice dice di voler guarire i cuori delle donne arabe, ma dall’altro il libro può essere letto da qualunque tipo di lettrice o lettore a prescindere dalla nazionalità. Mentre leggevo il libro in treno infatti, avevo la sensazione che per la prima volta le persone si interessassero di più al titolo e al contenuto del libro, che al nome arabo del suo autore, a volte guardato con sospetto quando non con disprezzo.
Copertina dell’edizione in arabo
E forse non potrebbe che essere così, se si considera la celebrità della sua autrice, che ad ogni fiera del libro o incontro con il pubblico a cui prenda parte viene assalita da folle oceaniche di lettrici e lettori in visibilio per un suo autografo o una foto insieme. Se date un’occhiata a questo breve video ve ne farete un’dea anche voi.
Lo stile di Mosteghanemi tuttavia piace e non piace: L’arte di dimenticare è stato scritto in tre mesi circa, stando a quanto dice la stessa nel libro. Una certa frettolosità, se non scarsa accuratezza, devo ammettere che si nota: molte parti sono leziose e spesso ridondanti e a circa metà libro mi sono sorpresa a pensare: ma come avrà fatto a tirare avanti per le ultime 150 pagine girando e rigirando in lungo e in largo lo stesso concetto?
Inoltre, ho trovato piatta e stereotipata l’immagine delle donne arabe che emerge dalle pagine: si tratta quasi sempre di donne in perpetua attesa del proprio uomo, anche se questo le ha tradite, lasciate e maltrattate. Le donne arabe appaiono come donne-vittima di uomini-carnefice.
Tuttavia, se l’obiettivo del libro era quello di costringere il lettore a riflettere e a rivisitare il proprio passato, ma con umorismo e leggerezza, è stato perfettamente centrato.
E in più, diciamocelo: in molti punti l’autrice ha proprio ragione. Uomini-lettori, siete dunque avvisati: se sorprendete la vostra compagna immersa nella lettura de L’arte di dimenticare, cominciate a farvi qualche domanda sulla vostra relazione prima che sia troppo tardi e che la lezione dell’oblio venga appresa e…messa in pratica!
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La scrittrice comincia sin da giovane a comporre poesie, ma il suo esordio nella narrativa risale al 1993 con il romanzo ذاكرة الجسد(La memoria del corpo, Jouvence, 1994; trad. di F. Leggio) che le vale, nel 1998, il premio per la letteratura intitolato a Naguib Mahfouz.
La memoria del corpo è il primo romanzo scritto in arabo da una scrittrice algerina e ha venduto ad oggi più di 1 milione di copie. La scrittrice poi ci ha abituati ai grandi numeri: il suo ultimo libro Il nero ti si addice (الاسود يليق بك, Naufal, 2012), nei primi due mesi dalla sua pubblicazione ha venduto più di 100mila copie.
Sul web potete trovare molte informazioni sulla biografia e la bibliografia della scrittrice: il suo sito web, il sito web nato dal libro, pagina Facebook, account Twitter e un’infinità di video su Youtube.