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- Scritto da Lorenzo Bianchi
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 09 Febbraio 2016
Con un ritardo di 14 anni arriva finalmente nelle sale nostrane La ricompensa del gatto, di Hiroyuki Morita e prodotto da Hayao Miyazaki, un film d’animazione Ghibli sicuramente non al massimo delle sue potenzialità, ma che non trascura la sua poetica, regalando, seppur a sprazzi, un saggio dell’enorme qualità visiva che da sempre contraddistingue lo studio.
Protagonista dell’opera è la giovane studentessa Haru, timida e impacciata, che una mattina salva la vita ad un gatto, rischiando a sua volta d’essere investita da un camion. Non sa che il gatto in questione altri non è che il principe dei Gatti e il re, per sdebitarsi, vorrebbe che i due si sposassero. Le ricompense che arrivano alla ragazza si fanno sempre più inquietanti e fastidiose, e servirà l’intervento del gatto Baron e del micione Muta per risolvere la situazione.
Torna il gatto Baron, l’affascinante e nobile felino già ammirato in (quello sì, un ottimo film) I sospiri del mio cuore (Yoshifumi Kondo, 1995) e lo fa in grande stile, maggiormente caratterizzato e sfaccettato, risolutore in questa favola di formazione, dove, come da tradizione Ghibli, la protagonista è una ragazza. Haru, per la precisione, che da introversa, pigra e pasticciona, dall’avventura nel regno dei Gatti tornerà più forte, più consapevole, cresciuta e responsabile, ora pronta per cominciare il cammino che dall’infanzia conduce alla vita da adulta.
Un tema caro allo studio – che vede in Kiki, Chihiro e Sophie gli esempi più eclatanti – che questa volta viene declinato con semplicità, regalando di quando in quando alcune sequenze stranianti e riuscendo ancora una volta a trasportare lo spettatore in una realtà altra, sospesa, quasi magica. Un medio etraggio fantasy che in soli 75 minuti di durata riesce a far sognare i piccini e a intrattenere gli adulti in maniera gradevole e non eccessivamente didascalica, senza comunque arrivare allo spessore dei grandi capolavori dello Studio. Visivamente indiscutibile, per lunghi tratti rimane un prodotto nella media, che nulla fa per elevarsi se non con sporadiche sequenze, salvo poi arrivare ad alcuni picchi visivi nel finale, dove si concentrano la magia e la poesia estetica. Un film che parla di crescita, lealtà, amicizia ed emancipazione, con il gatto Baron ad erigersi a affascinante personaggio chiave. Resterà nei cuori di chi ama un’animazione arrivata tardivamente in Italia ma che pian piano si sta ritagliando lo spazio che merita, grazie a chi sta (ri)portando nelle sale queste opere, ultime delle quali erano state La tomba delle lucciole di Isao Takahata e Il mio vicino Totoro del maestro Hayao Miyazaki.
Voto: 2,5/4