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La ricorrenza del 25 Aprile ed il paradosso della Storia

Creato il 26 aprile 2013 da Coriintempesta


Articolo inviato al blog

di: Luciano Lago

25 aprile
La ricorrenza del 25 Aprile dell’anno in corso, celebrata dai rappresentanti delle istituzioni con il solito fiume di retorica, quale data simbolica che vorrebbe rappresentare una presunta “liberazione” dell’Italia dalla dominazione tedesca e fascista, in realtà coincide in pieno con il massimo apice di una dominazione in Europa di cui si è resa protagonista la stessa Germania, oggi principale potenza economica ed industriale nel vecchio continente che detta la sua linea e le sue regole agli altri paesi europei.  In pochi forse si sono accorti del paradosso della Storia, quasi segnando in ritorno di un ciclo che sembrava superato dagli avvenimenti di 70 anni fa, confermando quasi le teorie di Vico dei cicli storici che si alternano nella evoluzione delle vicende dei popoli e delle Nazioni. La Germania e L’Italia nel 45 erano i due paesi europei sconfitti, l’uno con la caparbietà ed il senso dell’onore (tipicamente tedesco) di aver combattuto fino all’ultimo, l’altro con il voltafaccia nelle alleanze (tipicamente italiano) la repentina richiesta di armistizio dell’8 Settembre ’43 , la vergognosa fuga del Re e di Badoglio ed il successivo cambio di fronte e di regime, la spaccatura del paese e la guerra civile con il suo carico di nefandezze, vicenda questa che non le risparmiò un oneroso trattato di pace e la scarsa considerazione dei vincitori quale paese sconfitto. Questo è un fatto storico assodato nonostante gli sforzi degli storici di regime di accreditare la tesi di un’Italia liberata e “cobelligerante” con gli alleati, grazie anche al fenomeno della “Resistenza” nel nord del paese.

In realtà coloro che firmarono l’armistizio dell’8 Settembre del ’43 sapevano che questo prevedeva una resa senza condizioni e così avvenne, come sperimentarono sulla propria pelle gli italiani della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, queste ultime cedute alla Yugoslavia con il trattato di Parigi. [http://www.controstoria.it/conseguenze-armistizio.html]

Se facciamo un raffronto nell’evoluzione durante gli anni del dopoguerra dei due paesi europei, sconfitti nel ’45, ci accorgiamo che le differenze tra Italia e Germania sono state molto marcate nel corso di quegli anni: ambedue i paesi si sono risollevati dalle rovine della guerra e, nell’arco di alcuni anni, sono ritornate ad essere dei paesi industriali ed economie avanzate, entrambi nella Comunità Europea, l’Italia con il suo boom economico degli anni ’60, la Germania, nonostante fosse divisa ed occupata, con la sua ricostruzione di un possente tessuto industriale ed economico è tornata a primeggiare in Europa quale potenza economica. Le vere differenze si sono evidenziate con la fine della guerra fredda e la caduta del muro di Berlino avvenuta nell’89. La Germania ha potuto intraprendere un processo di riunificazione e di risanamento della sua parte orientale, avvalendosi anche dei contributi europei, l’Italia ha mantenuto il suo status di paese sconfitto a sovranità limitata (sotto “protettorato” USA) che non ha mai superato le sue contraddizioni storiche e le vecchie divisioni ideologiche, l’arretratezza della sua classe politica e l’enorme apparato burocratico e parassitario (legato alla partitocrazia) che paralizza di fatto lo Stato e lo sviluppo dell’economia.

Di conseguenza l’Italia si è avvitata in una doppia crisi economica e politica a causa della quale ha visto, nell’aggancio con l’Unione Europea, la possibilità di un traino e di un supporto alle regole che da solo il paese non riusciva a darsi per le sue tante carenze ed inadeguatezze.

In realtà l’Italia, agganciandosi al carro dell’integrazione europea, con l’adesione all’euro, è caduta nella trappola di un sistema economico e normativo vessatorio, dominato dall’egemonia tedesca e dalla grande finanza che impone i suoi dettami, a proprio vantaggio ed interesse, a tutte le altre nazioni europee ed in particolare a quelle più fragili e prive di una vera guida politica come l’Italia e gli altri paesi mediterranei (Grecia , Spagna e Portogallo). Il paradosso della Storia sta nel fatto che la Germania oggi sta riuscendo ad ottenere in Europa, mediante la sua supremazia economica, quello che non era riuscita ad ottenere con la supremazia militare nel 1945: l’imposizione del proprio dominio e delle proprie regole alle nazioni europee. Il dominio di questi tempi non viene realizzato mediante le “panzer divisionen” . Si tratta di un dominio economico e questo viene reso evidente dai dati economici attuali dall’enorme surplus della bilancia dei pagamenti realizzato dalla Germania a scapito delle altre economie dei paesi dell’Unione europea. Si parla di un surplus accumulato dalla Germania, nei 10 anni dell’euro, di circa 1.500 miliardi, approfittando di una moneta comune l’euro, in mancanza della quale, mantenendo il vecchio marco, la Germania sarebbe stata costretta a rivalutare la sua moneta perdendo il vantaggio competitivo. Tutto questo a scapito delle economie deboli come Italia, Spagna e Portogallo che hanno invece perso competitività e possibilità di sviluppo economico, soprattutto per chi come l’Italia, disponeva della seconda economia manifatturiera, concorrente temibile dell’industria tedesca. [http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-02-17/surplus-tedesco-sotto-accusa-081349.shtml?uuid=Ab9h4CVH]

Questo è un processo che inizia però a destare sospetti e diffidenze proprio nei paesi che, nella loro storia, hanno subito la dominazione tedesca e non vorrebbero tornare a subirla sebbene sotto una dimensione economica. Vedasi la Polonia e gli altri paesi dell’est Europa che oggi si rifiutano di fare il loro ingresso nell’area euro (nonostante accordi e trattati già sottoscritti) ed integrarsi totalmente nel sistema del quale iniziano a percepire gli aspetti di subordinazione agli interessi della grande economia germanica. [http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-04-06/polonia-fronte-azzardo-euro-081535.shtml?uuid=Abzl0lkH http://www.vocidallastrada.com/2012/09/la-bulgaria-dice-no-all-uro.html]

In Italia è più difficile che emergano queste voci dissidenti rispetto all’integrazione europea ed ai trattati europei, almeno a livello politico, piuttosto vengono messi in sordina poiché la classe politica italiana (di sinistra e di centro destra) è totalmente subordinata agli interessi delle centrali finanziarie di Bruxelles e di Francoforte e manca di autonomia di giudizio e di capacità di valutazione degli interessi nazionali. Così assistiamo alla ripetizione delle solite stanche cerimonie di commemorazione da parte di personaggi screditati e irrilevanti sugli scenari politici principali mentre il corso della Storia procede a prescindere da chi vorrebbe fermare gli eventi e mascherare i cambiamenti.


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