La rinuncia al “diritto di voto”: un’altra delle conseguenze dell’attuale crisi globale di Giovanni Acquati

Creato il 11 maggio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da Giovanni Nuscis su maggio 11, 2012

DA  TISCALI   E’ un po’ che non scrivo, più di un mese. Nel frattempo purtroppo nulla è cambiato, si conferma la quotidiana deriva di questo sistema finanziarizzato e insostenibile, costruito sulle tassazioni generalizzate, sull’intoccabilità delle rendite finanziarie e senza progetti di crescita. perseguito con ignobile determinazione dal nostro governo: è inutile continuare a ripeterlo, tutti lo percepiscono ormai sulla propria pelle. E’ dunque più importante lavorare per cercare nuove strade o vie d’uscita. Ma i risultati di queste elezioni con un’ulteriore drastica diminuzione del numero dei votanti, mi fanno nascere spontanea una domanda: perchè nei paesi “così detti” a democrazia avanzata, e non solo in Italia, che fanno del voto popolare uno dei fondamenti del proprio sistema, i cittadini rinunciano a questo diritto? Cosa li spinge a questa scelta? Beh scatenatevi lettori, sicuramente ciascuno ha la sua da dire al riguardo. Io vi dico sinceramente che se avessi dovuto andare a votare questa volta sarei stato in grande difficoltà. Quanto sta avvenendo, come conseguenza alla crisi globale nella quale ancora siamo immersi senza intravedere una qualche via d’uscita, vede completamente impreparati, se non addirittura sottomessi e asserviti a dei diktat esterni, tutti i rappresentanti dei nostri più importanti e popolari partiti politici. Siamo ora in Italia governati da persone non elette e a livello Europeo non esiste un’istanza democratica che possa in qualche modo incidere: il Parlamento Europeo, lo ripeto, non ha poteri! Che fiducia può avere perciò il cittadino quando si accorge che la politica italiana deve eseguire gli ordini che pervengono dalla alla Banca Centrale Europea? Che ruolo può giocare il parlamento quando ogni decisione è già codificata nei trattati Europei – l’ultimo, quello di Lisbona li raggruppa tutti – e deve essere perseguita senza possibilità di intervento, se non marginale, da parte dei parlamenti dei singoli Stati anche se cambiano le condizioni?
Cosa può pensare il cittadino quando si trova modificata la Costituzione per approvare il fiscal compact, che avrà pesantissime conseguenze per la gestione dello Stato in futuro, senza essere stato opportunamente informato, senza che sia stata aperta una discussione pubblica per spiegare le conseguenze di una tale scelta e soprattutto senza che si giunga a un voto nazionale per chiedere di esprimere il proprio assenso o dissenso trattandosi della fondamentale legge costituzionale? Cosa potrebbero fare poi i nostri politici, una volta eletti, se non sono più in grado di sviluppare una politica monetaria e finanziaria autonoma, regolata sui problemi dei propri cittadini che sono profondamente diversi nei vari Stati dell’Unione Europea tanto da rendere pressochè impossibile in passato qualunque tentativo di unità sociale, fiscale, economica e tanto meno culturale? Pensare che si potesse unire l’Europa partendo da una moneta unica è stato, con estrema evidenza, un clamoroso fallimento dal quale bisognerebbe rapidamente affrancarsi, perché ha dato solo linfa e occasioni alla speculazione finanziaria internazionale.
Sta costantemente crescendo il “partito del non voto” – Certo poi ci sono anche scandali e appropriazioni indebite di denaro che accumulano ulteriore sfiducia dei cittadini verso le istituzioni politiche, e l’ultimo caso della Lega Nord lo dimostra ampiamente. Tutti gli elementi finora trattati possono certamente giustificare il perché sta costantemente crescendo il “partito del non voto” che comporta la rinuncia a un’azione fondamentale per la democrazia: ma altri ne potremmo aggiungere. Credo si possa affermare che non andare a votare può essere una forma di denuncia per carenza di democrazia. E’ indubbio che questa finanziarizzazione del mondo, questo predominio delle oligarchie finanziarie e multinazionali, che controllano totalmente anche l’informazione, ha creato una sensazione generalizzata di impotenza. Il cittadino si sente inutile e preso in giro. E vota giustamente per i partiti che portano qualcosa di profondamente nuovo, ma ancora come reazione, credo, non ancora con la consapevolezza e chiarezza di un nuovo percorso possibile.
Ma qualcosa di nuovo comunque sta nascendo ed è qui che dobbiamo giocare le nostre carte, se non vogliamo abdicare al totalitarismo della finanza, ma costruire e difendere invece nuovi spazi di vera democrazia, che si dovranno fondare prima di tutto sul recupero di qualcosa che questo modello di sviluppo del mondo ci aveva fatto dimenticare: le relazioni umane e la solidarietà fra i cittadini. Su questo io sto lavorando. 09 maggio 2012

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