Per rendere più comprensibile e giustificabile questa prospettiva, si propone un confronto con un fantascientifico “replicatore di cibo”, ovvero un replicatore di materia capace di agire in modo indipendente dalla materia stessa. Ecco: nel settore agricolo, ad esempio, ad essere colpiti sarebbero gli allevamenti e la produzione dei prodotti della terra. Non ci sarà più bisogno di patate “originali”, dal momento che sarà sufficiente un campione unico da scansionare e replicare. I vecchi produttori tenteranno ogni strategia di marketing possibile per continuare a vendere il proprio prodotto: proveranno con la confezione; proveranno a dimostrare che le patate originali hanno tutte un altro sapore. Nell’immediato riusciranno ad arginare le conseguenze più devastanti, per poi non riuscire più a tenedere a bada nulla. La crisi del settore agricolo si estenderà fino ai settori ad esso collegati, mentre i vecchi produttori inizieranno ad accusare i replicatori di vera e propria pirateria.
“La fine dell’industria alimentare, tuttavia, non corrisponde alla fine del consumo alimentare. Solo perché gli agricoltori non sono più in grado di vendere i loro prodotti, non significa che le necessità e il desiderio di cibo scompaiano allo stesso modo nelle persone. Tutti abbiamo mangiato e tutti abbiamo bisogno di mangiare.” Anzi: ad aumentare sarà probabilmente lo stesso consumo di cibo, così facilmente riproducibile e raggiungibile. Dalla produzione dei “cibi domanda” del primo periodo, l’attenzione si sposterà finalmente sulla qualità, sui gusti delle persone, sulla personalizzazione del prodotto: nasceranno dei “servizi social” di ristorazione che si affineranno servendosi di avanzati algoritmi, e il vecchio mercato non potrà che morire. “Come avrete capito, questo articolo non parla di cibo. Si tratta di ciò che sta accadendo oggi nel mondo dei media. Internet è il replicatore. È qui. Esiste già. I giornali tradizionali sono le aziende agricole. Loro non creano notizie, ma le producono in quantità infinite nel modo più economico possibile”. E inoltre: “La transizione è solo al 5%. Il restante 95% deve ancora arrivare, ma arriverà presto. Il nuovo mondo dei media è sorprendente. È più grande, migliore e molto più redditizio”.
Due sono i temi del dibattito, dunque: qualità e sovrabbondanza; la sovrabbondanza verrà ancora meglio gestita con la qualità del prodotto e dello strumento per la fruizione, con la personalizzazione del gusto, con una nuova educazione.
Giuseppe Granieri ha raccontato a Wired.it: “Io non credo che la quantità di informazioni disponibili sia un fattore da considerare senza considerare anche l’evoluzione degli strumenti che abbiamo per filtrarla e gestirla. Certo, ci vuole una nuova educazione, un’alfabetizzazione di tipo diverso”.
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