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La risposta di Landini alla Demos di Diamanti: "Non mi candido, faccio un altro mestiere"

Creato il 17 novembre 2014 da Tafanus

Nel nostro post di ieri sui sondaggi Demos che danno Renzi e il suo PD in caduta libera, Ilvo Diamanti dava per scontata la leadership di Maurizio Landini in un ipotetico polo di sinistra. Ma - come avevamo anticipato nel nostro commento alle parole di Diamanti, Landini smentisce nettamente: "mai dato disponibilità a scendere in politica" (Fonte: "Il Fatto")

“Chi ha fatto il segretario generale nella Cgil, nel sindacato non può più avere altri incarichi. Io sono segretario della Fiom, la mia strada non è finita”. Maurizio Landini smentisce le recenti voci che lo vorrebbero candidato principe di un eventuale partito di sinistra alternativo al Pd. Il recente sondaggio Atlante Politico, realizzato da Demos & Pi per Repubblica, lo indica come terzo leader italiano per grado di fiducia degli elettori e prima alternativa a Matteo Renzi tra gli uomini di sinistra, ma il sindacalista non riesce a vedersi dall’altra parte della barricata: “Io non mi chiamo Matteo e non mi candido”, dice intervistato dal quotidiano di Largo Fochetti. “Il mio mestiere è nel sindacato, un sindacato che il governo vorrebbe sminuire e confinare nelle aziende, ma che invece ha un ruolo politico e deve poter dire la sua, sul lavoro e non solo”.
Gli iscritti alla Fiom, quelli che il 14 novembre sono scesi in strada, a Milano, per manifestare in favore dei diritti dei lavoratori e protestare contro le politiche di un governo che, a loro dire, non li tutela, stando ai risultati di un sondaggio di ilfattoquotidiano.it sarebbero disposti a dare il loro voto anche al Landini capo di partito e leader di una nuova formazione di sinistra. Ma il sindacalista che da quasi 10 anni è a capo dei metalmeccanici dice di non avere nessuna intenzione di entrare nei palazzi del potere.
Landini ammette con Repubblica di essere preoccupato, ma non per quello che sarà il suo destino tra qualche anno, bensì per quello che il governo avrà fatto per i lavoratori. Poi conclude: “Siamo in presenza di un governo che” sul Jobs Act “chiede una delega in bianco di dubbia costituzionalità e che di fatto esenta il Parlamento del suo ruolo. Un governo che vuole cambiare il lavoro senza discuterne con le organizzazioni sindacali che rappresentano milioni di lavoratori, e senza tener conto di chi ha scioperato. Un governo che non è stato eletto dal popolo su questo programma, e un partito di maggioranza che non ha ancora capito che chi lo ha votato ora è contro di lui”.

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