La rivincita del bello

Da Marcoscataglini
Ecco una classica ricerca sociologica americana: ad un gruppo di volontari vengono mostrate fotografie che rappresentano eventi e situazioni negative o positive. Ebbene, le persone trascorrono molto più tempo ad osservare e studiare le immagini negative! "Bad is stronger than good", scrivono Chip e Dan Heath nel loro interessante libro "Switch"(edito solo in inglese): molti scrittori devono la loro fama e il loro successo al racconto di problemi di coppia, a disastri familiari, a omicidi e drammi personali, e ce ne sono ben pochi che abbiano fatto i soldi raccontando di famiglie felici, o eventi positivi. Sia che si  parli di lavoro o di sport, di politica o di arte, o anche di vita personale, la gente è molto più interessata agli eventi negativi che a quelli positivi. Si tratta di una conclusione che tutti noi sappiamo essere vera, visto che ne abbiamo la conferma più volte al giorno, ogni giorno. Pensiamo al più noto concorso di fotogiornalismo al mondo, il WPP (World Press Photo): quante immagini di felicità, quante storie liete e direi leggere avete visto nelle mostre finali che raccolgono gli scatti vincitori? Poche, vero? Nella maggior parte dei casi si parla di guerre, disastri naturali, violenze...  Non è una forma di sadismo, è proprio che il lato drammatico della vita ci affascina maggiormente, ci emoziona, è adrenalinico, laddove invece troviamo a volte insopportabilmente noioso l'evento positivo, bello, tranquillizzante, quasi si trattase di un film di Frank Capra, tipo "La vita è una cosa meravigliosa". La vita fa schifo, invece, il mondo fa schifo, l'umanità fa schifo, c'è un mare di merda là fuori, e non possiamo perder tempo con ciò che di bello e piacevole ancora resiste! Per lungo tempo, e debbo dire che mi capita ancora oggi, ho provato repulsione per una buona parte della fotografia contemporanea. Debbo a questo, credo, il mio amore per la fotografia pittorialista, vintage e di paesaggio. Nelle mie foto, infatti, tendo a escludere gli elementi negativi, che pure ci sono, perché sono più interessato al bello che al degrado (forse per questo non sono ancora un fotografo famoso e strapagato!). Sfogliando i libri di grandi fotografi, e non solo dei fotogiornalisti, arrivavo alla fine del volume vagamente spossato, ammirato per la bravura (e il coraggio) di questi colleghi, ma depresso per tutto ciò che avevo visto. Nello stesso tempo, mi rendevo conto che tendevo a rimanere appiccicato a quelle immagini, che infatti mi coinvolgevano, come se la mia energia stesse scaricandosi su quelle foto che rappresentavano magari corpi macilenti, periferie degradate, profughi che scappavano da guerre e pestilenze. Davvero il mondo mi appariva un posto deprimente! E anche in molte immagini di moda, o in quelle esposte in mostre di grandi artisti-fotografi (ne ricordo una molto bella di Matteo Basilé), vedevo come l'occhio del fotografo cercasse di rappresentare la bruttezza della vita e del destino umano attraverso bellissime foto. E perché avviene tutto questo? Perché "Bad is stronger than Good", e i fotografi lo sanno. Prendete una bella immagine, composta in modo classico, realizzata con cura e sensibilità ma di un luogo bello e piacevole, poi prendetene un'altra di un luogo simile, ma distrutto da un evento calamitoso, un incidente nucleare, uno sversamento di liquami tossici, una strage di animali protetti o di esseri umani con i cadaveri sparsi qua e là: quale delle due credete che attirerà davvero l'attenzione? "Bella, certo" si dirà della prima, "però guarda qua... huuu, che rrroba!" si commenterà della seconda. E' un meccanismo psicologico fortissimo: qualche giorno fa il mio amico e collega Giulio Ielardi ha pubblicato sul suo blog la foto della testa di un lupo ucciso da un bracconiere (diciamo, più esattamente, un emerito imbecille, e mi trattengo) e appesa ad un cartello del Parco Nazionale d'Abruzzo. Pochi giorni dopo, ha messo sempre sul suo blog, la ripresa eccezionale fatta da alcuni ricercatori, nello stesso parco, di un branco di 11 lupi in libertà. Quale credete sia rimasta più impressa e si ricorderà di più? Esatto! "Bad is stronger than Good"! Però, lasciatemelo dire, almeno in fotografia, se non il buono e il positivo, è comunque il bello a dover vincere. Anche nel rappresentare i grandi drammi dell'Umanità, o i drammi che questa povera e stupidissima Umanità provoca al nostro meraviglioso pianeta, se si vuol comunicare un'emozione occorre pur sempre scattare una bella foto. Perciò alla fine, potremmo dire che forse "Beauty is stronger than Ugly". Almeno, speriamolo...

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