Non so se Michele Santeramo avesse una rivincita da prendersi. Ma i personaggi del suo primo romanzo – La rivincita – decisamente sì!
Vincenzo non ha chiamato suo figlio Vaffanculo, come si era detto più volte. In realtà non sappiamo come abbia chiamato questa creatura che gli ha causato – o ha subito, inconsciamente – tutte le sfighe che gli son capitate. E in fondo, non è importante. Nelle Murge pare non conti molto conoscere i nomi di chi si incontra.
Dopo mesi finalmente ho portato a termine un romanzo, in breve, tra l’altro. Non ce l’ho fatta a sottrarmi dal vortice negativo – e ironico – degli eventi che hanno travolto Vincenzo, Marta, Sabino e Angela, ma anche Vito e la Murgia.
Si vede che La rivincita è scritta da un attore e regista. Non ci sono i tradizionali segni di punteggiatura per i dialoghi, ma battute dirette, brevi, dritte; la storia, poi, si divide in due parti, quasi fossero due atti teatrali. I personaggi – alcuni caratterizzati come se dovessimo ritrovarceli davanti! – sono intrisi di quel paesaggio arido e sassoso che offre la Murgia. Come i terreni murgiani, anche loro sono pieni di tutto, specialmente di disperazione e miseria. La porca miseria. Quella che porta a non far crescere più nulla nelle campagne, ad andare in giro d’inverno su una bici malridotta (per usare un eufemismo), a dover respirare veleni e curarsi per avere un figlio, che quando arriva fa danni, a giocarsi i soldi per la spesa in gratta e vinci, a indebitarsi con gli strozzini, a farsi bucare il braccio per tirare sangue (e tirare a campare alla meno peggio), ad avere un menù fisso: frittata (particolare che tanto mi ha ricordato il sig. Pereira di Tabucchi).
Ma c’è molto altro che non posso svelarvi. Verrà da dire: possibile che capitano tutte a loro? Sì, se vivi al Sud è anche possibile. Perché la porca miseria ti abbraccia e ti porta con sé a scendere gradini sempre più bassi. Sempre più giù, verso la dimensione meno umana possibile e pensabile.
Ma al Sud non ci si rassegna, non per sempre almeno. E così, se ci si sta privando di tutto, almeno una cosa la si tiene stretta: la risata. Ma non basta. Arriva, allora, quando stai per accedere all’ultimo step della disperazione, la voglia di rivincita. Sì, te la prendi una rivincita. E quando arriva è sferzante, forse anche troppo; è sorprendente – e insomma, vi dico la verità: da Vincenzo e Sabino non mi aspettavo quella reazione, ma diamine… sono sicura che non l’hanno rifatto, perché non è quello il loro stile di vita.
Michele Santeramo, con quest’esordio letterario, è stato in grado di raccontare l’Oggi e il Sud, quello più chiuso, con amara ironia, con scorrevolezza, con attenzione ai dettagli, con quel misto di superstizioni e visioni oniriche che, sembrerà strano, ma è ancora parte delle vite meridionali.
Susanna Maria de Candia
Michele Santeramo, La rivincita, Baldini&Castoldi, Milano 2014, pp. 286, 16 euro.
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