Se solitamente sono i casi di cronaca a dare ispirazione a Camilleri per i romanzi di Montalbano, per questo romanzo sulla prima vicerè donna della Sicilia, "galeotto" fu la lettura di due libri di storia: "Dizionario delle figure, delle istituzioni e dei costumi della Sicilia storica" di Francesco Paolo Castiglione e soprattutto "Storia cronologica dei Vicerè" di G.E. Di Blasi. Nel primo, ma soprattutto nel secondo, si parla di donna Eleonora di Mora che, alla morte del marito nel 1677, il vicerè don Angel de Guzman, per 27 giorni, ne prese il posto sul trono di Palermo, prima di essere sostituita dal cardinale Luis Fernando de Portocarrero. Dietro questo romanzo "La rivoluzione della luna", un episodio storico veramente avvenuto: quasi un miracolo, un caso unico, perché mai fino ad allora una donna era salita ad una così alta carica politica e amministrativa. Ciò avvenne perché nel suo testamento, don Angel, aveva indicato come suo successore, sua moglie.
"Il sigritario si susì, annò a pigliare la busta, la considerò con attenzioni e dissi:«Fettivamenti ccà supra c’è scritto “da consegnare e da fare leggere subito al Sacro Regio Consiglio in caso di mia morte improvvisa”. Ci stanno macari il sigillo e la firma di don Angel. Che fazzo, lo rumpo il sigillo?».«Certamenti» dissi il Gran Capitano.Il sigritario ruppi il sigillo, raprì la busta, ne cavò un foglio, lo isò ’n aria ammostrannolo a tutti.«È scritto dalla mano del Viciré» dissi.«Avanti, avanti» fici ’mpazienti il viscovo.Finalmenti il protonotaro si misi a leggiri.Qui esprimo il mio volere ultimo, che rendo a Voi manifesto in pieno e chiaro senno e nell’esercizio dei poteri alla persona mia conferiti per grazia di Dio e di Sua Maestà il Re Carlo III di Spagna. In caso di mia morte improvvisa, la diletta mia sposa donna Eleonora di Mora,marchesa di Castel de Roderigo, dovrà accedere a pieno titolo alla carica di Viceré di Sicilia, con tutti gli onori e gli oneri, i doveri e i diritti a tal carica annessi, in attesa che la Sacra Persona di Sua Maestà Carlo III consenta a questo mio volere o in caso contrario invii altra persona da Lui scelta. Pertanto non vige la norma consueta che in assenza del Viceré sia il Gran Capitano di Giustizia ad assumerne la carica provvisoria. Questo è il mio volere e desidero che sia accolto e rispettato da tutti senza por tempo di mezzo.Firmato: Il Viceré, don Angel de Guzmán, marchese di Castel de Roderigo"
In quei giorni di governo, donna Eleonora, che nel libro Camilleri descrive come una donna bellissima, di fronte a cui tutti gli uomini rimanevano senza parole, cerca veramente di portare avanti una politica rivoluzionaria.
"La picciotta che lo stava a taliare aspittanno che parlasse era nìvura du capilli, avuta, slanciarta, aliganti, vistuta alla spagnola. Il meglio pittori che c'era supa alla facci della terra non avrebbi mai saputo pittarla com'era. E che occhi! Grannissimi, nìvuri come l'inca, assomigliava a 'na notti scurosa e scantosa ma nella quali uno sarebbi statto cchiù che filici di perdirisi per l'eternità"pagina 33
E ancora:
Donna Eleonora traversò il saloni sutta all’occhi affatati dei prisenti, si firmò davanti al trono vacanti del Re, calò la testa, si spostò, acchianò con grazia i tri scaluna, s’assittò supra al troniceddro, s’aggiustò il vistito e po’ a lento si livò il velo nìvuro scummigliannosi la facci.A tutti di colpo ammancò il sciato.Fu come se nella scurìa del saloni fusse comparso tutto ’nzemmula un punto di luci cchiù luminoso del soli che abbagliava accussì forti da fari lacrimiare l’occhi.«Dáteme el signo de vuestra obediencia».E macari stavota nisciun tono di cumanno, era ’na semprici, aducata, gentili richiesta di ’na fìmmina di granni nobirtà.I Consiglieri, stracatafuttennosinni della gerarchia, scattaro tutti e sei addritta, compriso il Gran Capitano macari lui affatato, e correro squasi fusse ’na gara verso il troniceddro ammuttannosi e travaglianno di gomito, s’attrupparo ai pedi dei tri scaluna, s’agginocchiaro, portaro la mano dritta al cori, calaro la testa.’N quel priciso momento a don Cono Giallombardo scappò di murmuriari:«Beddra!».«Beddra!» ficiro l’autri cinco Consiglieri.«Beddra beddra!».«Beddra beddra!» arripitero l’autri.«Fìmmina di Paradiso!» fici don Cono.«Fìmmina di Paradiso!» litaniaro l’autri.Donna Eleonora ’nterruppi l’adorazioni.«Tornate al vuestro posto».S’allontanaro amalincori, con la testa votata verso di lei, come a chi devi lassare ’na fonti d’acqua avenno ancora siti.Donna Eleonora parlò.«Confirmo che no habrá ningun entierro de solemnidad y ninguna visita de condolencias. Il Sacro Regio Consiglio se reunirá pasado mañana a la misma hora de hoy. La sesión ha terminado».pagina 45
Prima di tutto facendo piazza pulita di tutti gli intrallazzi che avvenivano nel regno, per mano dei sei consiglieri che facevano parte del Sacro Regio Consiglio. Composto da Nobili e dal vescovo di Palermo, aveva gestito alle spalle del vicerè, da tempo malato, tutti i loro affaruzzi nell'isola, proteggendosi l'un l'altro e proteggendo i propri amici. Con una abilità politica, seppe metterli all'angolo e a farli dimettere, nominando al lro posto persone integerrime; chiamò a corte il regio Visitatore generale affinché controllasse i conti e le spese da parte di tutti gli amministratori. Ma, in quei giorni, arrivò anche ad approvare alcune leggi "rivoluzionarie" per l'epoca: la "legge sulle maestranze" che prevedeva anche la creazione del magistrato del commercio col compito di rappresentare e dirimere tutte le cause, la legge sui "patri onusti" cioè l’alleggerimento delle tasse per chi aveva una famiglia numerosa, mettere un calmiere al prezzo del pane. Finalmente i dazi e le gabelle entravano nelle casse dello stato (e non in quelle dei nobili e dei ladri di corte) e potevano essere così usati per diminuire le tasse. Tasse che, assieme alla carestia, aveva provocato negli anni passati, violente rivolte. Infine, la viceregina, aveva fatto approvare una serie di tutele nei confronti delle ex prostitute. Ricostituì il “conservatorio delle vergini pericolanti”, per garantire alle ragazze orfane un sussidio e impedire loro di cadere nel baratro della prostituzione, e in seguito quello delle “ripentite” con l’intento di salvaguardare le ex-prostitute che volevano cambiare vita; da ultimo istituì una dote regia per le ragazze povere che desideravano sposarsi. Tutti atti che la portarono a scontrarsi contro una parte della nobiltà che in quegli anni si era arricchita coi suoi soprusi e imbrogli, ma anche contro il vescovo che l'accusò di stregoneria, mettendo anche in scena un finto fantasma per metterle contro i fedeli, salmodiati dalle prediche piene di veleno del vescovo. Ma la sua azione ottenne il favore del popolo: se una mano scrisse su un muro del palazzo
"Un vicirè fimmina non è cosa di rispettuli fimmini sunno bone solo a lettu."
Una seconda vergò queste poche righe:
"Stì Consiglieri, accussì fitusi e scugliunati,bono è si sunno da 'na fimmina cummanati".pagina 50
Costruito su episodi storici reali, "La rivoluzione della luna" si trasforma nel corso delle pagine, in una sfida a due: da una parte la viceregina donna Eleonora coi suoi occhi neri, quasi freddi e la sua determinazione nel voler fare giustizia contro tutti i soprusi, e il vescoso Turro Mendoza (anche lui membro del Gran Consiglio), emblema della corruzione e del vizio (non solo contro le donne ma anche contro fanciulli). Degno erede di papa Borgia. Non a caso il suo collaboratore nel libro si chiama Don Valentino Puglia. La rivoluzione della luna è forse il miglior libro di Camilleri ed è anche un omaggio alle donne. Si chiude con due immagini significative: i poveri di Palermo che che si ritrovano davanti al palazzo Reale con un panino, che si mettono a mangiare silenziosamente. Quel panino che una volta, senza la politica di donna Eleonora, non si potevano permettere. E la partenza dal porto di Palermo, quando viene salutata con questi bellissimi versi a lei dedicati, che voglio riportare:
'Ntornu alla terra tutta a firriarici metti 'a luna vintotto jurnati.Chisto lo sanno i fìmmini e lu mariche cu 'a luna sunnu sempri appattatiGiru di luna fu lu regnu tòma fici di la notti jornu chiaru,la tò liggi abbastò e assupirchiòpi fari lu duluri menu amaru.E ora che hai finuto la fatica,donna Lionora, talia nel nostro cori:dintro ci attrovirai 'na luna nica,iddra sì tu, ca regni di splindori.
La scheda del libro sul sito della Sellerio e la pagina sul sito di Vigata (da cui potete leggere alcuni capitoli del libro). Il link per ordinare il libro su ibs.