La rivoluzione delle tasse di Bruno Tinti

Creato il 13 maggio 2012 da Funicelli

No taxation without representation” gridavano i coloni americani nel 1755, contro il governo inglese che imponeva loro il pagamento delle tasse, senza dare loro una rappresentazione alla camera di Londra.
Questo diede il via alla rivoluzione americana e alla genesi della prima Democrazia dell'evo moderno.

Inizia con la citazione di questo episodio questo saggio dell'ex magistrato Bruno Tinti che invoca una nuova rivoluzione, a partire sempre dalle tasse. Una rivoluzione in nome dell'articolo 53 della Costituzione “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”
Dunque di tasse e di evasione si parla: l'autore infatti, nella sua carriera si è spesso occupato di reati finanziarti ed è stato esponente della commissione che ha poi portato nel 2000 alla legge sui reati fiscali (in realtà poi il Parlamento annacquo molto le sue proposte). Ne “La rivoluzione delle tasse”, Bruno Tinti ci illustra come funziona il sistema Tributario italiano (o come non funziona, si dovrebbe dire), nella seconda parte parla della sua riforma abortita dai partiti nel 2000 per arrivare infine, nella terza parte, a dire cosa bisognerebbe fare adesso per contrastare l'evasione e dare piena applicazione a questo articolo della Costituzione (il 53), oggi non pienamente applicato.
Prima parte: il patto scellerato tra Stato ed evasori. Ovvero come mai abbiamo un sistema “ è costruito per non funzionare”: tra condoni, studi di settori, controlli che colpiscono solo una percentuale ridicola dei professionisti, oggi il peso delle tasse ricade soprattutto sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.
"L'evasione arriva dal 'popolo dell'Iva'. Non che lavoratori dipendenti e pensionati non vogliano evadere. Lo vorrebbero, solo che non possono; come fanno? Le imposte gliele prendono subito, prima ancora di dare loro la paga, il salario, lo stipendio."
Evasione che ha un peso stimato tra 120-160 miliardi di euro: "L'evasione fiscale si frega più o meno la stessa somma che lo Stato percepisce dai cittadini a titolo di imposta (146 miliardi). Se non ci fosse evasione, saremmo ricchi il doppio." E non avremmo bisogno di manovre lacrime e sangue, di aumenti delle tariffe, della benzina, dell'Iva, dei tagli allo stato sociale.
Ci spiega Tinti che è come se ci fosse un patto tra stato ed evasori: "Le leggi tributarie sono progettate per essere violate impunemente. Si tratta di pura e semplice complicità tra Stato ed evasore fiscale". Complicità dovuta anche al fatto che è proprio con i soldi evasi al fisco che avviene poi la corruzione, per gli appalti pubblici, per i controlli dello Stato, per i concorsi ..
Per capire le ragioni di questa complicità, l'autore racconta nella seconda parte la proposta di legge penale, che aveva ideato per contrastare chi non paga le tasse.
Seconda parte: La sordità dei politici. Storia di una riforma abolita. Diciamo le cose come stanno: lo stato (ovvero il legislatore, il Parlamento, i governi in carica) hanno protetto sempre gli evasori. Sia " non controllandoli [la media oggi è un controllo fiscale ogni 10 aziende, con buona probabilità che finisca tutto in prescrizione], sia con iniziative 'ad hoc', come i condoni (uno ogni quattro anni), oppure con leggi specifiche (ad esempio, l'abolizione del falso in bilancio)". 
I condoni sono una cosa assolutamente vergognosa: la storia ha dimostrato he lo Stato ci guadagna pure di meno, da queste operazioni che servono solo a racimolare qualche soldo “maledetto e subito”, e magari a favorire qualche amico.

La sua proposta di legge, che aveva presentato in Parlamento, fu affossata dal "partito trasversale degli evasori": partito che conta tra i propri elettori pure una buona parte di evasori
"Cinque milioni e mezzo di voti (gli elettori appartenenti al popolo dell'Iva) significano la differenza tra vincere le elezioni o perderle. E sai che gliene importa dell'evasione fiscale a chi conta sul voto di questa gente!".
Questo spiega ad esempio, come mai contro l'ultimo scudo fiscale non ci fu vera opposizione in aula e al momento del voto.
Terza parte: adesso. I governi politici hanno dimostrato un'incapacità nell'affrontare il problema dell'evasione. Ma ora abbiamo un governo tecnico: nell'intervista su Micromega, Tinti in proposito dice
L'attuale governo soffre un paio di paradossi: intanto è tecnico, quindi ha un margine di manovra che un governo politico non avrebbe. Non essendo espressione degli elettori, non ne richiede il consenso, e ha assicurata una possibilità di manovra sconosciuta all'esecutivo politico. Può compiere scelte impopolari, come quella di far pagare le imposte. Il primo paradosso è dunque che, per riuscire a combattere l'evasione fiscale, un Paese come il nostro, a scarsissima civiltà politica, ha bisogno di un governo che non sia politico, perché il governo politico ha dimostrato la sua complicità con gli evasori. Si tratta di un vero e proprio voto di scambio: non vi faccio pagare le imposte e vi garantisco l'impunità, ma voi eleggetemi. Chi era al potere stipulava questo tipo di contratto, trasversale ai partiti, con gli elettori. Il secondo paradosso, invece, è che per far pagare le imposte alle persone occorre adottare delle scelte di cui prime vittime sono proprio le persone che già pagano le tasse. Dopo l'estate scorsa, mentre il Paese era sull'orlo della bancarotta, non si sapeva se lo Stato sarebbe stato in grado di pagare pensioni e stipendi. Ciò significa che c’era bisogno di soldi e che si dovevano adottare misure draconiane. Chi ha maggiori risorse ha contemporaneamente maggiori possibilità di sottrarsi alle misure draconiane. Il capitale, per definizione, può essere spostato, a Hong Kong, a Lugano. Monti lo disse chiaramente che la patrimoniale sui grandi capitali è cosa complicata. I capitali possono sparire, non sono un salario, una paga. E' ovvio che, ferma restando la grande necessità di soldi, purtroppo in prima battuta questi soldi vengono forniti con grande sacrificio proprio dai più poveri, ma non è una scelta di Monti o, come è stato detto, una scelta "di destra". E' una scelta obbligata dalle cose: prendo i soldi dove li trovo. Il governo ha poi cercato di ovviare a questa situazione con la tasse sulla casa, cioè l'Imu. Patrimoniali sugli yacht o sulle auto di alta cilindrata come il superbollo sono cose che gravano sui ricchi, ma non danno un grande gettito. L'Imu è un’imposta equa, perché la pagano ricchi e poveri, ma in misura diversa. La riforma in base ai metri quadri, e non più in base ai vani, renderà questa imposta ancor più equa. Si tratta di provvedimenti destinati a fare cassa. 

E, a proposito del fallimento dei partiti:
L'evasione fiscale è il simbolo di una politica a cortissimo raggio: ci si garantisce il consenso pagando con i soldi degli altri, mettendo le mani nelle tasche dello Stato. Ma lo Stato così va in rovina. Perché abbiamo duemila miliardi di debito pubblico? Intanto a causa di una politica di spesa dissennata, fondata sulla necessità del consenso, una spesa insomma affrontata non per soddisfare le reali esigenze del Paese, ma per ragioni clientelari. In secondo luogo, noi non ricaviamo dalla capacità contributiva dei cittadini quanto occorre per sostenere le spese pubbliche e, dunque, dobbiamo continuare a indebitarci per mantenere i vari servizi dello Stato. Con 160 miliardi all’anno, che mancano all'appello, si fa presto a trovarsi carichi di debiti.

Che fare allora? Due le proposte di riforma che l'autore propone: rendere non conveniente più l'evasione per il singolo cittadini, permettendogli di scalare le proprie spese (quelle connesse alla propria vita familiare, con un tetto ben fissato) dalle tasse:
"Come si cambia la mentalità di persone per cui i modelli da imitare sono commercianti privi di scrupoli, banchieri dediti all'usura, imprenditori arricchitisi con lo sfruttamento dei lavoratori?... Mettendo un cittadino contro l'altro. Facendo diventare il vantaggio fiscale dell'uno lo svantaggio dell'altro."

E, come ha anche proposto Report in una recente puntata, limitare al massimo l'uso del contante, disincentivandolo con tasse per il prelievo coi bancomat, e facilitando l'uso di carte di credito e Bancomat anche per piccoli importi. Import che verrebbero tracciati dal sistema tributario.

Questa sarebbe la vera rivoluzione: venire tassati non semplicemente sul reddito, che si può evadere, ma sul reddito sottratto dalle spese per la famiglia, per i figli, per poter vivere una vita dignitosa.
Spese tracciate e già a conoscenza dell'Agenzia delle entrate, visto che parliamo di pagamento elettronici.
Quando paghiamo con carta di credito abbiamo già due flussi d'informazione: uno che va alla mia banca, l'altro che va alla banca dell'idraulico. Dobbiamo aggiungerne un terzo che è ipotizzabile vada all'Anagrafe tributaria. Questo sempre se riusciamo a trovarlo un idraulico.
A cosa serve dunque il contante? A nascondere all'occhio del Grande Fratello i nostri consumi? Ma se questa privacy ha come rovescio della medaglia questo livello di evasione che portano poi allo smantellamento dello stato sociale, allora è meglio la trasparenza. E chi lancia l'allarme dello stato di polizia tributaria, forse ha pure qualcosa da nascondere. Fare pagare a tutti le tasse secondo le proprie capacità: questa la vera rivoluzione.


Altri articoli:
- Cado in piedi “Quando guadagnano gli italiani”
- Wall Street Italia “L'elenco dei redditi medi”
- Unoenessuno: Chi paga le tasse oggi in Italia (il peso della contribuzione tra lavoratori dipendenti e pensionati e autonomi).
- Report - contanti saluti al nero
- Radio 24: blitz della finanza contro gli evasori.
- Intervista dell'autore su Micromega
La presentazione del libro da parte di Bruno Tinti:

Il link per ordinare il libro su ibs.
La scheda del libro sul sito dell'editore Chiarelettere. Technorati: Bruno Tinti.

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