Come previsto, pochi minuti dopo la mezzanotte è stato annunciato che «Huffington Post Italia» è online.
.#HuffPostItalia è online! huff.to/hb1vAr
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L'HuffPost (@HuffPostItalia) September 24, 2012
Stesso “family feeling”, stessa impostazione grafica delle altre versioni con lo splash fotografico della notizia principale a tutta pagina e la disposizione su tre colonne idealmente suddivise in informazioni/notizie, curiosità/gossip e blog, sono le caratteristiche del visual del sito anche per la versione in italiano dell’HuffPost.
Strutttura editoriale relativamente snella con una quindicina di giornalisti, oltre alla Direttrice Lucia Annunziata, e 189 blog/blog [anche se al momento della redazione di questo articolo sono attivi 17] “di fama” dall’ ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti a Maurizio Landini, Segretario Generale FIOM, passando per il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Antonio Catricalà e Lele Rizzo del movimento NOTAV e del centro sociale torinese Askatasuna.
Oltre alle considerazioni sull’eticità di intraprendere un’attività a fini di lucro basandosi ampiamente sul lavoro non retribuito, vi sono anche altri aspetti che, in riferimento alla versione italiana ed al panorama informativo del nostro Paese, mi pare opportuno considerare.
La versione Spagnola, l’ultima nata, dopo un mese, a fine luglio di quest’anno, secondo quanto dichiarato dalla Direttrice Montserrat Domínguez, avrebbe raggiunto 1,2 milioni di utenti unici e 10 milioni di pagine viste. Numeri che, in assenza di dati ufficiali [che non sono riuscito a trovare, sorry], vanno presi con le pinze poichè possono variare significativamente in funzione della fonte, che sicuramente beneficiano di visite dall’America Latina così come avviene per «El Pais», «El Mundo» e le altre testate online in castellano.
Anche la versione francese, realizzata in partecipazione con Le Monde e LNEI [Les Nouvelles Editions Indépendantes], anche se si posiziona al di sotto dei principali giornali online della Francia, ha numeri interessanti con quasi 7 milioni di utenti unici nel mese e 18,5 milioni di pagine viste. Ancora una volta una parte del Fiche : Huffingtonpost.fr "> Fiche : Huffingtonpost.fr "> Fiche : Huffingtonpost.fr "> Fiche : Huffingtonpost.fr "> Fiche : Huffingtonpost.fr "> Fiche : Huffingtonpost.fr "> Fiche : Huffingtonpost.fr ">traffico [ circa il 20% da febbraio, dalla nascita, ad agosto] arriva dall’estero, da altre nazioni in cui si parla francese presumibilmente, e non sono mancate le polemiche sui vantaggi ottenuti grazie al fatto di essere sorto sulle ceneri di «LePost» e sulla bassa capacità di attrazione che paiono avere gli articoli prodotti dai blogger d’oltralpe che generano solamente l’8% del totale delle visite mensili.
Secondo Riccardo Luna, «Huffington Post Italia» è un “game changer , ovvero un fatto destinato a cambiare le regole del gioco per quel che riguarda l’editoria”. Già dal titolo che ho dato all’articolo avrete capito che evidentemente non sono d’accordo con la sua visione.
Spiega bene Luca Sofri i motivi di successo del “modello HuffPost”, il problema è che questo modello in Italia già esiste ed è rappresentato dall’edizione online del «Il Fatto Quotidiano» che ha già realizzato, più o meno esattamente, quello che la neonata testata all digital si propone di fare, dall’attenzione ai social network [803mila fans su Facebook e 387mila followers su Twitter al momento] ai numerossimi blog – gratuitamente – ospitati nella sua edizione online.
Modello che, secondo i dati Audiweb di Luglio, genera 251mila utenti unici e 952mila pagine viste. Numeri che, pur nella loro rilevanza nel panorama delle testate online, danno, anche, la dimensione delle differenze di potenzialità in Italia rispetto alle altre nazioni dove è stato applicato “il modello HuffPost” e che al tempo stesso costituiscono barriera per la versione italiana.
Elementi che nel loro insieme evidenziano come la rivoluzione non sia annunciata [o annunziata se si preferisce], anche perchè arruolare folle di blogger che scrivono gratuitamente e/o utilizzare social network e SEO alle porte del 2013 non può davvero considerarsi innovativo o “rivoluzionario”, e che determinano il perchè nel nostro Paese non sarà il successo di altre nazioni finendo probabilmente per minare la già precaria salute economica delle testate all digital italiane. Forse l’unico vero vantaggio sarà per il gruppo Espresso-Repubblica che potrà sperimentare cose che sulla corazzata, nell’edizione online di «Repubblica», non vuole/non può permettersi di fare.
Ciò detto, comunque, per principio, non posso che augurare la migliore sorte ad «Huffington Post Italia».
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