Dovremmo dedicare più tempo a saggi che sembrano fatti apposta per sfatare luoghi comuni e aprirci nuovi terreni di riflessioni. Cosa che senz'altro ci permette La solitudine della folla di James Surowiecki (edizioni Fusi Orari), un libro che sembra una provocazione già nel titolo.
Viene da lontano l'idea che la folla sia irrazionale, cieca, pericolosa. Diceva già Henry David Thoreau: La massa non raggiunge mai il livello del suo componente più intelligente ma, al contrario, si degrada al livello del più stupido. Per non dire di Friedrich Nietzsche - La follia è l'eccezione negli individui ma la norma nei gruppi - anche se da lui non mi aspetterei nient'altro che questo.
Viene da lontano, questa idea, ma sembra confacersi soprattutti ai nostri tempi, in cui superesperti e supertecnici sembrano la panacea per ogni male, se di azienda o governo non importa. E con la crisi, che cosa è più facile che salti fuori, se non l'ennesimo salvatore della patria o uomo della Provvidenza?
Per questo è prezioso un libro così. Surowiecki - che, per inciso, non è un filosofo teoretico, ma un giornalista che conosce bene Wall Street e dintorni - ci racconta quella saggezza che c'è anche se a volte facciamo fatica ad accettare.
Partiamo dal presupposto che l'unico modo per risolvere un problema o per prendere la decisione giusta sia trovare l'unica persona che conosce la risposta
Quasi sempre, invece, è prima di tutto un problema di metodo. Purché ci siano gruppi che non si appaghino dell'ombra del capo e delle sicurezze del conformismo:
Le decisioni collettive migliori nascono dal disaccordo e dalla disputa, non dal consenso e dal compromesso.... perché un gruppo si dimostri intelligente la cosa migliore è che ognuno dei suoi componenti pensi e agisca nel modo più indipendente possibile.
Ma questo è già un altro discorso, non meno importante.