di Simone Provenzano
Politica, società e psicologia.
Non è cosa semplice voltarsi indietro cercando di capire quale strada abbiamo percorso per arrivare fino a qui.
Il qui di cui sto parlando è l’attuale situazione sociale italiana. Ma potremmo considerare tranquillamente anche quella europea e mondiale senza paura di far torto a nessuno dicendo che c’è un certo disagio. Qualcuno un po’ più vecchio di me potrebbe ricordarmi che ogni generazione affronta un certo disagio, più o meno grande.
È vero. Ogni generazione ha avuto le proprie montagne da scalare o le proprie paludi da oltrepassare, ma noi siamo di fronte ad un fatto abbastanza nuovo, un fatto di difficile comprensione.
Il fatto è che non siamo in guerra e nemmeno in uno stato dittatoriale, non c’è stata una carestia universale né una pandemia falcidiante, eppure, rispetto al passato, cresciamo meno.
Qualcuno parlerebbe di fine della crescita in senso capitalistico ed inizio della decrescita. Non io. Non è il mio campo. Io mi occupo di crescita. Parlare di decrescita solo perché ci sono meno mercati da conquistare, meno terreni da cementificare, meno petrolio da usare, proprio non mi piace. Ci sarà, prima o poi, un cambiamento, è necessario, ma non è ancora così vicino come qualcuno grida qua e là.
Torno in me, riattivo le antenne da psicologo e mi chiedo cosa ci abbia condotto qua. La nostra società non sta bene.
La nostra politica, espressione della nostra società, sta proprio male! Ma cosa ci ha condotto a questo degrado?
Per aiutarmi a trovare una risposta sono andato ad interpellare un vecchio saggio, Assaggioli.
Nei suoi scritti ritrovo che per elevarsi, per fare un salto di qualità nel condurre la nostra vita, possiamo sviluppare aspetti di tipo transpersonale. In due parole non si può pensare solo a se stessi se si vuole essere grandi persone. Detto con le parole di Assaggioli:
“scegliere mete coerenti con il benessere degli altri ed il bene comune dell’umanità”.
Ecco!
Questo è mancato alla nostra classe politica.
Questo è mancato ai nostri dirigenti.
Questa è la mancanza che rende stagnante l’aria italiana.
Ma esiste un modo per andare oltre, per risolvere e colmare questa mancanza, e non possiamo chiedere ai nostri politici di migliorarsi.
Possiamo però migliorare noi e diventare i politici di domani, o quelli che li voteranno chiedendo esplicitamente qualcosa di buono. La politica si cambia cambiando la cultura di un paese. Apparecchiate, cucinate e servitevi da soli che altrimenti rimarrete con la fame.
Vediamo come:
il vecchio psichiatra veneziano aveva individuato 3 ostacoli al raggiungimento di questi aspetti transpersonali.
Il primo riguarda l’essere egoisti, il non curarsi degli altri pur di ottenere ciò che si vuole. Vi ricorda qualche politico?
Il secondo è meno infantile e meno evidente, ma altrettanto brutto. Si tratta dell’egocentrismo cognitivo, quello per cui il povero politico si chiude nelle proprie sicurezze cieco ed incapace di uscire dal proprio punto di vista per confrontarsi con l’altro. Vi ricorda nessuno? Se prendete un manuale di psicologia, cercate Piaget e la descrizione di egocentrismo cognitivo, penserete ad una descrizione precisa di un paio di personaggi politici italiani di alto livello.
Il terzo è il più subdolo secondo le parole di Assaggioli ed è l’incomprensione, intesa come incapacità o mancata volontà di calarsi nei panni dell’altro. Una sorta di schermo che impedisce l’empatia. Applicandola ai poveri politici italiani sarebbe come dire che non hanno un’ idea di come stiamo noi, di cosa stiamo passando, di cosa vogliamo veramente.
Molti politici pensano di aver raggiunto un apice, di essere divenuti modelli per il popolo. Un po’ per la visibilità raggiunta, un po’ per il potere che gli concediamo. E purtroppo non ci sono in giro, con la stessa visibilità, modelli migliori.
“Ogni epoca, all’infuori della nostra, ha avuto un proprio modello, un proprio ideale. La nostra cultura li ha scartati tutti: il santo, il profeta, l’eroe, il cavaliere, il mistico… E quasi tutto ciò che ci è rimasto altro non è se non l’uomo bene adattato e privo di problemi, in realtà un surrogato estremamente pallido e dubbio della vera umanità. Saremo forse presto in grado di impiegare, a nostra guida e modello, l’essere umano che pienamente si sviluppa e realizza se stesso, quello nel quale tutte le potenzialità giungono alla totale pienezza, quello la cui natura interiore si esprime liberamente, anziché venire deformata, repressa o negata.”
Queste sono le parole di Maslow, uno abbastanza attento all’autorealizzazione. Che ci grida da lontano parole di una certa speranza.
Parole che io accolgo con favore ricordando a tutti, compreso me stesso, di stare attenti ai tre errori che non ci permettono di vivere bene in comunione con l’altro.
Cerchiamo di non essere egoisti, il possesso delle cose non è tutto. Non siate troppo coerenti, tenetevi vicino un po’ di dubbio, che le vostre idee e visioni possano crescere, non rimanere sempre uguali. Ed infine cercate di sentire chi avete di fronte, ascoltate, toccate e lasciatevi toccare.
Spesso se ne soffre.
Molto spesso se ne gode.
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